Israele oggi: cultura,scienza e tecnica
un convegno a Bologna, nella cronaca di Giorgia Greco
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Data: 28/05/2005
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Autore: Giorgia Greco
Titolo: ISRAELE OGGI: CULTURA SCIENZA E TECNICA
ISRAELE OGGI: CULTURA SCIENZA E TECNICA
Israele oggi rappresenta l’unica democrazia liberale del Medio-Oriente. E' la nazione che assorbe il maggior numero di immigranti in proporzione alla sua popolazione, ed è anche il paese con la più elevata percentuale di popolazione laureata nel mondo. E’ al primo posto in fatto di scienziati e di tecnici a livello mondiale, ha il maggior numero di musei pro-capite, è seconda al mondo per numero di libri pubblicati pro-capite e al primo posto per la pubblicazione di riviste scientifiche pro-capite.
Con l’Italia in particolare negli ultimi anni, si è registrato un incremento di progetti di cooperazione e di accordi in diversi ambiti, tra cui l’economia, l’industria, la tecnologia, le telecomunicazioni, la sanità e la cultura.
Non stupisce dunque che si sia sentito l’esigenza di organizzare un convegno internazionale di carattere divulgativo "Israele oggi: cultura scienza tecnica" che si è tenuto a Bologna il 26 maggio e che ha portato un notevole contributo di conoscenze su aspetti culturali, scientifici e tecnologici che sfuggono alla maggior parte del pubblico, grazie alle personalità di spicco che sono intervenute.
Fra esse un notevole apporto alla conoscenza della ricerca scientifica in Israele è venuto dal professor EHUD KEINAN, Preside della Facoltà di Chimica e Professore Ordinario di Biotecnologia presso il Technion-Israel Insititut of Technology di Haifa.
Il Techion è stato creato nel 1924 ed oggi conta più di 13.000 studenti e 68.250 laureati dalla sua nascita. Il 70% degli ingegneri del paese proviene da questo Istituto e partecipa attivamente all’economia del paese.
Non è un caso che nel 2004 il Premio Nobel per la Chimica sia stato assegnato agli israeliani Aaron Ciechanover e Avram Hershko, entrambi del Technion per la scoperta della ubiquitina, la proteina che controlla il processo di degradazione delle proteine.
Per quanto riguarda gli aspetti più propriamente culturali, fin dalla nascita di Israele le belle arti sono state caratterizzate da un orientamento creativo dovuto sia all’incontro fra Oriente ed Occidente, sia al carattere delle città e alle tendenze stilistiche degli artisti provenienti da varie parti del mondo. Nella pittura come nella scultura, nella fotografia come in altre forme dell’arte, dapprima il protagonista è il multiforme paesaggio israeliano poi emerge l’espressionismo tedesco introdotto grazie al sopraggiungere di immigranti in fuga dal nazismo in ascesa.
Un importante riconoscimento è giunto nel campo dell’architettura e del design: Tel Aviv nel 2004 è stata dichiarata città patrimonio dell’Unesco per il suo tesoro di architettura Bauhaus.
Gli ultimi 30 anni della storia di Israele sono stati testimoni di una intensa attività letteraria che ha visto aumentare il numero di volumi pubblicati in misura consistente: ne è prova la biennale Fiera Internazionale del Libro di Gerusalemme che quest’anno ha visto la partecipazione di 500 editori, e che ha ottenuto riconoscimenti da tutto il mondo dell’editoria, essendo considerata una delle principali fiere internazionali del libro.
Del cinema israeliano ci parla SHMULIK DUVDEVANI, lettore di cinema israeliano all’università di Tel Aviv e docente alla Beit Berl College Film School.
Il cinema israeliano sta lentamente allontanandosi dalle tematiche esistenziali dello stato, quali la guerra, l’ideologia, il kibbutz. Negli ultimi anni i registi israeliani hanno rivolto la loro attenzione a storie umane di amore, perdita e relazione, nonché a temi sociali quali la povertà, il femminismo, l’assimilazione etnica, arrivando alla ribalta dei festival internazionali.
Tre film israeliani, selezionati fra 500 film di tutto il mondo, saranno proiettati al Festival del Cinema di Tribeca nel’edizione 2005, mentre i registi Shlomi e Ronit Elkabetz con il film Prender moglie si sono aggiudicati due premi al Festival Internazionale di Venezia: il Gan Award of the Public e l’Isvema Award.
A Venezia, La terra promessa di Amos Gitai si è aggiudicato l’Emblem of Peace Award.
Fra i partecipanti italiani al convegno spiccano VITTORIO DAN SEGRE, docente presso l’Istituto di Studi Mediterranei, Università della Svizzera Italiana a Lugano, per il quale uno degli elementi fondamentali di Israele è stata la capacità di far rinascere una lingua; oggi dice fra ebrei e non ebrei possono conversare in ebraico ben 8 milioni di persone il che significa più del doppio delle persone che parlavano inglese ai tempi di Shakespeare.
L’ebraismo, non solo una religione ma anche un modo di vita, legato ad un modello rivoluzionario non ammette deroghe ad una moralità sacra nel tempo e nello spazio, ad una moralità che si difende contro l’idolatria e contro l’etica pagana.
Per questo l’ebraismo si trova al centro delle ansie politiche e investe le relazioni degli esseri umani.
Un altro fatto su cui riflette Dan Segre è il rapporto dell’individuo con lo Stato, un rapporto sempre basato sul pluralismo depersonalizzato, fondato sull’uguaglianza giuridica dei diritti, un rapporto basato sul multiculturalismo e sulla coesistenza di vari gruppi etnici.
Esistono due soli paesi al mondo in cui la coesistenza culturale ha favorito e non impedito lo sviluppo sociale ed economico, senza peraltro violare i principi della democrazia: Israele e la Svizzera.
SERGIO MINERBI, già ambasciatore di Israele a Bruxelles, richiama l’attenzione sul fatto che varie istituzioni governative in Israele e prima fra tutte l’ufficio del Chief Scientist al Ministero dell’Industria, hanno facilitato lo sviluppo della ricerca scientifica applicata all’Industria. Israele eccelle anche nell’informatica e nella biologia.
I risultati più importanti si sono ottenuti nello studio dei Manoscritti del Mar Morto, nell’astrofisica, nella scienza dei materiali e nelle biotecnologie.
Cronologicamente, la ricerca scientifica nell’agricoltura è stata una delle prime e ha creato, fra l’altro, l’irrigazione goccia a goccia, gli insetticidi biologici e i fiori da esportazione.
Lo Stato di Israele come laboratorio sociale e culturale ci viene spigato in modo mirabile dal professor MARCO PAGANONI, docente di Storia e Istituzioni dello Stato di Israele all’Università di Trieste.
Israele è un paese relativamente piccolo, dotato di una insospettabile varietà di habitat climatici e umani, lungamente segnato dalla indefinitezza politica dei suoi confini, con un tasso di ostilità circostante quasi senza eguali, arricchito da istituzioni e consuetudini profondamente democratiche e da un vivace dibattito interno sia culturale che politico.
Fin da prima della sua nascita come stato sovrano indipendente, le caratteristiche socio-demografiche di Israele hanno concorso a forgiare un vero e proprio laboratorio umano e sociale concentrato all’interno di un contenitore particolarmente condensato, in termini di spazio e di tempo, e quindi molto significativo.
Sotto l’impatto di una massiccia immigrazione ebraica, la popolazione di Israele è cresciuta di otto volte dal giorno dell’indipendenza. La corrente di immigrati, ampia ed eterogenea, proveniente da decine di paesi diversi, si è tradotta nella presenza di tutta una gamma di gradi di modernizzazione culturale, di modelli demografici e di sviluppo economico e di affracamento politico.
L’assorbimento degli immigrati ha influito profondamente sul carattere e sulle strutture della società israeliana e delle sue istituzioni. Le trasformazioni demografiche, economiche e culturali che si registrano nella popolazione ebraica del paese riflettono sia il passaggio dalla condizione di minoranze in Diaspora a quelle di maggioranza in uno stato sovrano, sia il processo di parziale adattamento ad un contesto mediorientale già di per sé impregnato di conflitti e diversità.
La rapida crescita e trasformazione demografica d’Israele si è accompagnata ad un processo costante di sviluppo della società che ha impresso una vertiginosa spinta verso l’alto di Israele lungo la piramide delle nazioni.
Intorno all’anno 2000 Israele figurava fra le prime 25 nazioni su 190 in termini di PIL pro capite e di una serie di altri indicatori di sviluppo sociale ed economico, ed esibiva performance di altissimo livello in molti settori di punta dell’economia, della ricerca e dello sviluppo. Dati sostanzialmente confermati ai giorni nostri nonostante la dura recessione degli anni 2001-2003 causati dallo scoppio dell’intifada Al-Aqsa, dagli attentati dell’11 settembre, dal calo del turismo e degli investimenti.
Ciò nondimeno la società israeliana è ancora caratterizzata da trend di sviluppo assai diversificati e ineguali al suo interno, significativamente correlati con le differenze fra i maggiori gruppi etnici e culturali in essa presenti.
Dall’esame del quadro nel suo complesso, la società israeliana emerge come un tessuto composto da fattori ideologici e da variabili socio-economiche abbastanza unici rispetto ad altri paesi sviluppati o in via di sviluppo, e nel contempo come un laboratorio dove problemi e tendenze del mondo contemporaneo vengono in una certa misura precorsi e anticipati, confermando il ruolo di "cartina di tornasole" storicamente assolto per secoli dalla minoranza ebraica.
Tutto questo fa della società israeliana un’esperienza particolarmente preziosa per chiunque abbia a cuore le sorti della società umana e delle future generazioni.
GIORGIA GRECO