Tagliare il 10% dei fondi alle università che tollerano l'intolleranza violenta
la proposta del quotidiano ai parlamentari di maggioranza e di opposizione
Testata: L'Opinione
Data: 23/05/2005
Pagina: 1
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: Università e antisemitismo: chi sbaglia non viene pagato
L'OPINIONE pubblica un articolo di Dimtri Buffa sulla proposta di tagliare i fondi delle università che non garantiscono i diritti di tutti e tollerano l'antisemitismo.

Ecco il testo:

I soldi alle università vanno assegnati secondo meritocrazia. Tra i canoni di quest’ultima dovrebbe esserci anche la sensibilità democratica e la tolleranza per tutte le opinioni. Comprese quelle dei rappresentanti dello stato di Israele che non possono essere zittiti , cacciati o minacciati da un gruppo di estremisti facinorosi che poi spesso rappresenta solo sé stesso. E le università di tutta Italia hanno il dovere oltre che il diritto di essere aperte a tutti. La proposta di legge che il nostro giornale vuole sponsorizzare con questa campagna di stampa è molto semplice: un 10% dei fondi che vengono assegnati annualmente a tutti gli atenei secondo criteri di iscritti, di efficienza della ricerca e di conseguimento di risultati occupazionali positivi per gli iscritti, dovrebbe essere erogato ( o non erogato) a seconda del grado di democrazia interna e di tutela dei diritti delle minoranze garantiti.
Una legge semplice semplice che qualunque gruppo politico in parlamento, di maggioranza o di opposizione, potrebbe presentare raccogliendo il testimone de "L’opinione".
Basterebbero un paio di articoletti che più o meno potrebbero recitare quanto segue: "il 10% dei contributi che il Ministero della Ricerca assegna ogni anno ai singoli atenei viene attribuita secondo il criterio delle garanzie di pluralismo effettivo per le minoranze, religiose, politiche, etniche e quello della lotta alle discirminazioni di ogni genere". Poi un altro articolo potrebbe meglio specificare che "della quota nazionale di quel fondo partecipano alla ripartizione esclusivamente quelle università che abbiano eliminato gli ostacoli al pluralismo e denunciato gli episodi di intolleranza di ogni genere (ove accadute), in particolare modo relative alla discriminazione politica, religiosa e razziale".
Una legge quadro, senza bisogno di alcuna regolamentazione ulteriore, che potrebbe tagliare fuori dai fondi tutti quegli atenei in cui non tanto e non solo simili episodi siano avvenuti, ma, soprattutto, che li abbiano eventualmente taciuti, sottaciuti, messi a tacere o sottovalutati . Per non parlare del caso in cui non siano stati promossi provvedimenti disciplinari e denunzie alle forze dell’ordine contro chi sia reso responsabile di tali infami condotte. Il senso di una siffatta legge dovrebbe essere proprio quello di mettere una sorta di spada di Damocle sopra la testa di chi crede di potersi semplicemente girare dall’altra parte o di chi se ne volesse lavare le mani per evitare fastidi con studenti o insegnanti.
In particolare, e questo non è solo un caso ipotetico visto che a Cagliari tutto ciò è realmente accaduto, le università dovrebbero togliere le cattedre a quei professori, meglio definirli "cattivi maestri", che incitino a condotte discriminatorie contro determinati gruppi etnici o religiosi. A Cagliari ancora circola un libello antisemita fatto da un professore con il quasi plauso del corpo accademico anche se con la netta presa di distanza del rettore. Un episodio vergognoso che con una sorta di legge Mancino per le università non potrebbe più accadere: infatti non solo le autorità accademiche sarebbero obbligate a prendere provvedimenti disciplinari nei conforonti dell’autore ma nessuno potrebbe mettere bastoni tra le ruote invocando il noto relativismo etico dietro cui si sono nascosti per anni coloro che erano mossi da ben altri fini. Anche lanciare campagne accademiche di boicottaggio dei prodotti ebraici e israeliani dovrebbe rientrare nel novero delle iniziative da proibire nelle università e questo per evitare che anche qui prenda piede una moda ignobile che già ha fatto così male parlare di sé in Inghilterra e in America.
L’appello che L’opinione fa a tutti i parlamentari italiani è quindi trasversale quanto chiarissimo, senza inutili distinguo "politically correct": non importa se l’intollerante è di destra o di sinistra, se milita nei no global vicini a Rifondazione o in quei centri sociali che fanno riferimento ad An o a Forza Nuova, la politica in ateneo non si può fare impedendo agli altri di esprimersi, come è successo a Pisa, Firenze e Torino e in tanti altri posti dove le autorità accademiche hanno vilmente ritenuto di non fare trapelare la notizia. Chi sbaglia paga. Anzi non viene pagato.
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