Il Leoncavallo accetta un dibattito su Israele e il sionismo
entro l'estate un confronto con la comunità ebraica di Milano e con un rappresentante di Israele
Testata:
Data: 23/05/2005
Pagina: 18
Autore: Paolo Foschini - Alessandro Trocino - Alessia Galione
Titolo: Leoncavallo e israeliani
Il CORRIERE DELLA SERA di lunedì 23 maggio 2005 pubblica a pagina 18 un articolo di Paolo Foschini e Alessandro Trocino sul previsto confronto tra il Centro sociale Leoncavallo, il portavoce della Comunità ebraica milanese Yasha Reibman e un rappresentante di Israele.

Ecco il testo:

« Non vedo lo scandalo né la sorpresa » dice lo storico portavoce del Leoncavallo Daniele Farina. Non sarà uno scandalo, ma certo quella che a giugno ( o al più tardi a settembre) si vedrà nel capannone di via Watteau sarà senz'altro un'immagine insolita: un « sionista » convinto sostenitore di Sharon o persino un rappresentante ufficiale dello Stato di Israele, farà il suo ingresso, ufficialmente inv i t a t o , nel quartier generale della sinistra già tempio delle kefiah e della resistenza palestinese.
L'idea dell'incontro è venuta a Yasha Reibman, portavoce della comunità ebraica di Milano, che da tempo chiedeva di aprire un dialogo sull'antisemitismo e i rapporti della sinistra con lo Stato di Israele. Farina, che è anche consigliere comunale di Rifondazione comunista, accetta l'invito: « Il Leonka è già frequentato da cittadini di tutte le razze e le religioni e alcuni ebrei sono inseriti nelle strutture del centro sociale. Qui lavoriamo fianco a fianco e non c'è certo spazio per l'antisemitismo. Ma se si ha bisogno di un segnale più forte, benissimo: purché nessuno pensi di strumentalizzarlo » .
Reibman si dice « contento » del sì di Farina, anche perché, spiega, è una questione diventata ormai urgente: « Ci stiamo incamminando su un piano inclinato che rischia di diventare pericolosissimo se non ci si ferma. Si comincia bruciando una bandiera o parlando, come Asor Rosa, di " razza che da vittima diventa carnefice". La distanza che porta all'antisemitismo è brevissima » . Per questo, aggiunge, è necessario aprire un dialogo, soprattutto con i giovani dei centri sociali: « Sono due anni che sostengo questa idea, finalmente ora avremo la possibilità di un confronto democratico. Non c'è la pretesa di convincere nessuno, chiediamo solo ai r a g a z z i d i ascoltare anche c h i ha un'idea diversa, nel rispetto dei punti di vista » .
Che rimangono molto distanti, anche perché è difficile sciogliere il nodo primario che rende sottile e ambigua la linea del dialogo: la sovrapposizione e la confusione dei piani, tra ebreo e israeliano, Stato di Israele e governo di Tel Aviv, realtà e simbolismo, critiche a Sharon e antisemiti smo. Farina, come molti a sinistra, rivendica « il diritto di criticare la politica di Israele senza sentirsi accusati di antisemitismo » . « Il problema — ribatte Reibman — è che molti che credono di criticare solo Sharon, spesso si trascinano dietro per sone che contestano tutto il Paese » .
Fino a qualche anno fa si usava lanciare l'accusa di « sionismo » , che nascondeva a volte germi di antisemitismo. « Ma è un problema superato » dice Farina , che si è laureato con la Collotti Pischel con una tesi sui rapporti tra sinistra extraparlamentare e Palestina. « Da quando Arafat ha riconosciuto lo Stato di Israele, questa problematica ha cessato di essere attuale » . Farina non nega un certo antisemitismo « nella sinistra del passato e attuale » , ma sottolinea una disparità di accenti nelle critiche: « Si tende a sopravvalutare questo fenomeno e si fa finta di nulla sull'antisemitismo strutturale di certa destra » .
Di temi di discussione ce ne saranno molti. A cominciare da Sharon, su cui Farina sospende il giudizio: « Un parere su di lui è prematuro. Certo, quello che ha fatto finora non ci piace per niente » . Anche certi giudizi sugli hezbollah, i guerriglieri del « Partito di Dio » , non piaceranno di sicuro: « Attenzione a giudicarli: non è un gruppo dedito solo a terrorismo o lotta armata, ma anche un pezzo di società libanese, come ha dimostrato con il milione di persone scese in piazza. Credo che l'Europa dovrebbe trattare anche con loro, benché non siano certo i migliori interlocutori possibili » .
Qualche contestazione il rappresentante di Israele invitato — non si sa ancora quale — probabilmente la riceverà. « Le contestazioni sono legittime — mette le mani avanti Farina — purché non impediscano il diritto di parola » . Milano, 25 settembre 2004 Una manifestazione dei centri sociali a sostegno dell'Iraq lo scorso settembre a Milano. Sullo striscione si legge: « Contro l'imperialismo e il sionismo, con l'intifada e la resistenza irachena »
Sulla cronaca di Milano della REPUBBLICA di venerdì 20 maggio 2005 , Alessia Gallione riporta un dialogo tra Reibman e il portavoce del Leoncavallo Daniele Farina.

Ecco il testo:

Sono due mondi diversi. Che ora provano a incontrarsi e a parlarsi. L´appello era stato lanciato dal segretario dell´associazione Amici di Israele, Davide Romano, dopo gli episodi avvenuti nelle università con collettivi autonomi e estremisti di sinistra che hanno impedito a rappresentanti di Israele di parlare: «La sinistra radicale accolga il dialogo». Un invito ribadito da Yasha Reibman, portavoce della comunità ebraica di Milano, psichiatra: «I centri sociali accettino di ascoltare le nostre ragioni». E accolta da Daniele Farina del Leoncavallo, consigliere comunale di Rc. Insieme, Reibman e Farina. Per affrontare il tema dell´antisionismo, dell´antisemitismo, il pericolo di un ritorno della violenza a Milano. Insieme per portarlo avanti, questo dialogo: anche al Leoncavallo.
Reibman, perché chiedete un confronto con i centri sociali?
R: «Già due anni fa individuammo il problema di un ritorno dell´antisemitismo nella sinistra estrema. Oggi la situazione è più grave. Parte di questa sinistra ha bruciato le bandiere di Israele e aggredito chi le portava. Ci sono ragazzi che impediscono in modo violento, e quindi fascista, ai rappresentanti israeliani di parlare e hanno i centri sociali come punto di riferimento. Deve essere chiaro che noi non siamo il nemico e che voi condannate questi atti. Il rischio sono le sinagoghe bruciate in Francia. Tu non sei responsabile direttamente, ma c´è una responsabilità morale. Dài un segno».
Un rischio che sente anche lei, Farina?
F: «Quei ragazzi non si riconoscono in noi. Il centro per la ricerca sull´antisemitismo di Vienna dice che, in Europa, le profanazioni alle tombe e gli attentati
alle sinagoghe hanno una matrice di estrema destra. Anche il quotidiano israeliano Haaretz rilevò che le curve italiane sono tra le più antisemite d´Europa e
non stiamo parlando dei tifosi del Livorno. Ma invece si preferisce cogliere ogni più flebile riflesso antisemita nella sinistra. C´è chi ama fare una distinzione grossolana tra sinistra antagonista, dove si alimenterebbe l´antisemitismo, una zona del movimento che mantiene ambiguità con la critica al governo Sharon e i partiti di sinistra che, sino alla svolta di Fini, sono stati le sentinelle della democrazia».
Chi critica la politica di Israele è antisemita?
F: «Chi lo dice non coglie le vie di mezzo, chiude gli occhi per non vedere che l´ostilità verso Israele non sta negli elementi religiosi o razzisti ma nelle politiche verso la Palestina».
R: «È legittimo criticare. Avviene anche in Israele proprio perché è l´unica democrazia del Medio Oriente».
Che cosa è oggi l´antisemitismo?
F: «Chiamarmi antisemita è come darmi del fascista o del nazista. Non si può insultarmi in modo grave e poi chiedere: "Ospitami"».
R: «Non ho mai dato dell´antisemita a nessuno se non a coloro che si dichiarano tali. Non do etichette, ma riconosco i comportamenti che fomentano antisemitismo:
non si può spacciare per critica al governo Sharon-Peres paragoni con il nazismo, l´apartheid, il razzismo, lo sterminio. Le falsità manichee generano odio».
C´è antisemitismo oggi nella sinistra?
F: «Nel 2002, un´indagine ha rilevato la percezione europea dell´antisemitismo. Un elemento di pregiudizio c´è, ma riguarda l´intera popolazione, non solo la
sinistra».
R: «Tutti i rapporti segnalano che c´è antisemitismo sia a destra che a sinistra. Ci siamo finiti noi nei campi di sterminio, mio nonno ha contribuito alla Liberazione con la Brigata ebraica. Ma quando gli episodi arrivano da destra, la reazione è unanime. L´Italia insorge, tutti si schierano al nostro fianco. Quando invece accade a sinistra.»
Le reazioni agli attacchi all´università ci sono stati però?
R: «Fassino su Repubblica e alcuni esponenti della Margherita. Diliberto, però, ha difeso i violenti».
Ma da dove arrivano gli insulti e le contestazioni nelle facoltà?
F: «Sono visioni politiche distorte e sbagliate. Prima c´è una scelta di campo indispensabile da fare: contro l´antisemitismo. Il diritto a esistere di Israele non
è più in discussione, almeno da quando l´Olp lo ha riconosciuto. Mi sembra, invece, che sia in pericolo la possibilità dei palestinesi di godere dei loro
diritti».
R: «In Italia è in discussione se ci sia il diritto o no di spiegare le ragioni di Israele nelle università e nei centri sociali. Non si è mai vista una contestazione simile per un russo. Ci sono due pesi e due misure. Qui c´è antisemitismo: trasformare lo stato degli ebrei nel male assoluto».
Potrebbe accadere anche a Milano?
F: «La nostra situazione è diversa, anche se la contestazione di minoranza su questi temi è sempre possibile. Se dovesse accadere, spero che non si creino fraintendimenti sul fatto che si tratta di una critica politica all´operato di un governo e non di un attacco antisemita. La parola non si nega a nessuno».
R: «E allora datela a noi, al Leoncavallo».
F: «La diamo già. C´è un dialogo aperto con intere parti di società israeliana, con coloro che rifiutano il servizio militare, ad esempio».
Ma cosa chiedete, Reibman? Un incontro al Leoncavallo?
R: «Sì e non è ideologia. Qua ci sono i fatti, gli attacchi nelle università. Chi va in giro con le bandiere israeliane viene picchiato».
F: «Ma non in quanto ebreo. E quando all´anniversario di Israele parlano, in modo istituzionalmente ineccepibile, Prosperini o De Corato che hanno un
chiaro atteggiamento nei confronti di rom, immigrati o omosessuali, che furono deportati con gli ebrei, mi aspetto che ci sia memoria».
R: «Tutti erano invitati, il problema non è chi viene, ma chi non viene. La difesa di tutte le minoranze da parte nostra è fuori discussione: ad esempio gli
omosessuali arabi trovano asilo in Israele. Le scelte di quel paese vanno spiegate anche al Leoncavallo che, per prendere una netta distanza dalla violenza, deve
dare loro legittimità di parola».
F: «Perché non accetti che i nostri interlocutori siano coloro che rifiutano le politiche di Sharon? C´è un muro da abbattere, una terza via, più realista: un
unico stato per israeliani e palestinesi».
R: «Quello sarebbe il modo democratico per negarci il diritto a esistere. Luther King diceva: "Se voi volete uno stato per tutti i popoli tranne che per gli ebrei,
siete antisemiti". Devi dimostrare che non la pensi come noi, ma che ci farai parlare».
F: «Sì. E tu sei disposto a sentire anche le ragioni di altri pezzi di società israeliana e palestinese che non la pensano come Sharon?
R: «Certo, nel parlamento israeliano parlano tutti i giorni».
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