Continua la campagna del quotidiano contro l'antisemitismo nelle università
con un'intervista al rabbino capo di Roma e il racconto dell'imbroglio che ha dato origine al boicottaggio britannico contro l'Università di Haifa
Testata: L'Opinione
Data: 18/05/2005
Pagina: 5
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: "L’antisionismo è un alibi per l'antisemitismo
L'OPINIONE di martedì 17 maggio 2005 pubblica a pagina 5 un'intervista di Dimitri Buffa a Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma.

Ecco l'articolo:

"Basta episodi di intolleranza contro diplomatici israeliani e professori che li hanno invitati a tenere conferenze". E’ stato il presidente del Senato Marcello Pera, durante il ricevimento tenutosi giovedì 12 maggio all’Excelsior per celebrare i 57 anni dalla fondazione dello stato d’Israele, a fare un appello a tutti i rettori di tutte le università italiane perché si prendano le proprie responsabilità. "L’opinione" parlato con Riccardo Di Segni, rabbino capo della comunità romana.
Rabbino capo, basterà l’appello di Pera?
Mi pare un giusto richiamo ai doveri istituzionali dei singoli, non faccio però previsioni per il futuro.
Si può dire che fino a oggi sono state proprio le istituzioni a non fare abbastanza per prevenire simili situazioni?
Direi che non bisogna né esagerare né minimizzare. Ci sono stati alcuni episodi isolati con reazioni da parte delle istituzioni: alcune positive e altre discutibili.
Quali sarebbero quelle discutibili?
Il fatto che qualcuno abbia detto che esiste la libertà di espressione, confondendola con gli atti di violenza intimidatoria.
Non fare parlare un diplomatico solo perché israeliano dentro un ateneo, appartiene senz’altro a questa seconda categoria?
Si appunto. Come il fare circolare in una università delle pubblicazioni che contengono espressioni provocatorie non può essere fatto passare come libertà di espressione.
A cosa si riferisce più precisamente?
Mi riferisco a un noto episodio avvenuto nell’Università di Cagliari, cioè la pubblicazione da parte di un professore di un saggio con espressioni discutibili sempre sul noto argomento e alla reazione di altre
autorità accademiche locali che dicevano che quella di quel professore rientrava nel diritto di espressione. Mentre invece va dato atto al rettore di avere reagito con il giusto sdegno alle proteste della gente . Peraltro quel libro ancora circola nell’università di Cagliari.
Si riferisce a una sorta di pubblicazione antisemita di cui parlarono molto
le newsletter on line alcuni mesi orsono?
Io non voglio parlare di anti semitismo perché è termine da usare con cautela. Sia ben chiaro che io non ho utilizzato quell’espressione.
Perché tanta prudenza nell’usare la parola antisemitismo?
Ci sono stati dei casi in cui la magistratura ha condannato per diffamazione chi ha proferito
quel termine e allora bisogna tutelarsi. Oramai bisogna stare attenti. L’unico a cui si può dare dell’antisemita è Adolf Hitler.
Il nostro giornale vorrebbe lanciare una campagna per fare togliere i fondi a quegli atenei dove viene incoraggiata o tollerata, comunque non repressa né prevenuta, questa forma di prepotenza. Lei ritiene che
potrebbe funzionare?
Io dico che non bisogna esagerare, ma ragionare. Le responsabilità e i ruoli sono diversi e non vanno messi in un unico calderone. C’è un proliferare di gruppetti violenti e intolleranti e questo è un fenomeno che va ovviamente arginato. Denunciandone lo spirito anti democratico. Altro discorso è il fatto che l’autorità accademica in taluni casi tolleri o faccia quasi finta di niente.
E in quest’ultimo caso che bisognerebbe fare?
Dove e qualora si registrasse da parte dell’autorità accademica questa mancanza di sensibilità, allora va denunciata e discussa in maniera civile.
Però esistono già delle leggi che subordinano i criteri per l’assegnazione dei fondi agli atenei a
dei parametri minimi di civile convivenza. Basterebbe applicare le leggi che esistono già. O lei crede che basterà l’appello di Pera per ridimensionare il fenomeno?
Che ne sappiamo. Oggi come oggi sembra un fenomeno molto marginale, bisognerà vigilare perché non si espanda. Quando si fa una gazzarra politica formalmente anti israeliana diventa difficile applicare anche le leggi che già ci sono.
Perché difficile?
Perché loro ti verranno a dire che non ce l’hanno con gli ebrei ma con la politica del governo di Sharon.
In realtà le cose non stanno affatto così, ma la forma usata per la difesa d’ufficio è quella.
Insomma si è trovato un antidoto per non farsi dare più dell’anti semita?
Non è una novità. Esiste da sempre per molte persone la possibilità di ripararsi dietro l’opposizione alla politica del governo israeliano per mascherare forme di ostilità molto più radicali.
Fare distinzioni è sempre difficile, non parliamo dal lato giudiziario. In ogni caso chi fa una gazzarra violenta impedendo alla gente di parlare, già di per sé,a prescindere dal tema del discorso, compie un atto illecito e anti democratico, che la legge potrebbe reprimere.
A pagina 4 Dimitri Buffa, riprendendo un articolo del Washington Post, racconta la genesi del boicottaggio dei docenti universitari inglesi contro l'Università di Haifa.

Ecco l'articolo:

Il titolo scelto dal Washington Post per raccontare l'ennesima campagna anti
israeliana dell'Unione degli insegnanti britannici è un gioco di parole
molto eloquente: "Academentia". Demenzia accademica, in pratica. L'articolo,
pubblicato lo scorso 8 maggio ma passato assai colpevolmente sotto silenzio
da tutta la stampa italiana, raccoglie in pratica lo sfogo di un professore
israeliano dell'università di Haifa, Fania Oz Salzberger, che spiega a chi
vuole saperlo, come è nata l'ennesima vergognosa campagna di boicottaggio
contro professori, facoltà e studenti israeliani da parte della British
association of university teachers. Una campagna che ha escluso da ogni
rapporto accademico con i professori inglesi due delle otto università
israeliane, quella di Haifa e quella di Bar Ilan. Le parole della
professoressa Salzberger sono insieme disperate e piene di rabbia:
"L'Università di Haifa è la mia, un modello di istituzione arabo israeliana,
difficilmente candidata a un boicottaggio ma nonostante questo dichiarata
intoccabile dalla Aut (Association university teachers) per avere conculcato
la libertà accademica di uno studente che cercava di discutere una tesi
sulla storia della fondazione dello stato di Israele".
Che cosa era in realtà successo? "Che il 15 maggio 2002 - come si legge nel
documento dell¹Aut che incita al boicottaggio ­ il dottor Ilan Pappe,
lettore anziano di Scienze Politiche a Haifa, ricevette una lettera che lo
avvertiva che avrebbe dovuto affrontare un processo davanti al senato
accademico e forse rassegnare le dimissioni in relazione ai propri sforzi di
difendere la tesi di laurea di un suo studente, Teddy Katz, finita sua volta
sotto accusa da parte di un'organizzazione di veterani dell'esercito
israeliano a causa di alcuni passaggi che parlavano di una strage di 200
civili palestinesi nella cittadina di Tantura da parte dell'Haganah,
l'esercito ebraico che esisteva prima della fondazione dello stato
israeliano."
Peccato che l¹episodio della strage fosse palesemente falso e la stessa tesi
dello studente manipolata e forzata con le annotazioni del professore in
questione. Cosa pacificamente riconosciuta in una causa per diffamazione da
un tribunale israeliano. Fra l'altro venne fuori che la tesi si basava solo
sulle parole registrate di alcuni vecchi contadini palestinesi piuttosto
vaghe e imprecise e forzate nei toni da parte prima dello studente e poi del
professore.
Il professor Pappe quando si vide recapitare la lettera che poteva preludere
al suo licenziamento pensò bene di buttarla in caciara con il politically
correct e si rivolse all'associazione degli insegnanti britannici che già si
era distinta negli scorsi anni per assurde campagne di odio e di
boicottaggio contro istituzioni accademiche israeliane. Paradosso nel
paradosso è non solo e non tanto che tutti i protagonisti di questa vicenda
siano israeliani che si fanno la guerra tra di loro strumentalizzando
un'associazione di insegnanti inglesi che sembra non chiedere di meglio,
quanto piuttosto che si faccia passare per università razziste due come
quella di Haifa e quella di Bar Ilan dove invece la rappresentanza araba è
quasi pari a quella ebraica e dove studenti e professori vanno d'amore e
d'accordo. E dove sono state discusse moltissime tesi di laurea fortemente
critiche alla politica dello stato israeliano. Solo molto più documentate di
quella che un professore furbetto e un allievo un po' paraculo vogliono fare
credere al mondo che sia stata oggetto di censura da parte degli accademici
israeliani.
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