La protesta dell'insediamento di Kerem Atzmona nel Giorno dell'Indipendenza di Israele
contro il ritiro da Gaza
Testata:
Data: 13/05/2005
Pagina: 7
Autore: un giornalista
Titolo: Israele compie 57 anni Ma non tutti fanno festa
IL RIFORMISTA di venerdì 13 maggio 2005 pubblica a pagina 7 una cronaca del Giorno dell'Indipendenza di Israele che mette in rilievo le divisioni politiche del paese circa il piano di disimpegno da Gaza.
Ecco il testo:Ieri lo stato d’Israele ha compiuto 57 anni, secondo il calendario lunare che regola le più importanti ricorrenze del paese. Come ogni anno, si è celebrato in pompa magna Yom ha-Atzmaut, il giorno dell’indipendenza: «porterò tutta la nazione verso la strada del futuro e del rinnovamento», ha promesso il premier Ariel Sharon durante la cerimonia ufficiale, insieme al presidente Moshe Katzav e al capo di stato maggiore Moshe Yaalon, davanti a un gruppo di soldati. Yom ha-Atzmaut è una delle feste più importanti della nazione ebraica, e, generalmente, anche gli israeliani meno patriottici o politicizzati la festeggiano. A Gerusalemme, per esempio, è tradizione organizzare un barbecue con la famiglia estesa in uno dei parchi intorno alla città; a Tel Aviv i giovani affollano la spiaggia, e gli anziani la promenade. Chi ha un figlio nell’esercito lo va a trovare per l’occasione: quasi tutte le basi militari sono "aperte al pubblico" per Yom ha-Atzmaut.
A differenza dei passati 56 anni, però, questa volta non tutti gli israeliani si sono uniti ai festeggiamenti. Come i residenti di Kerem Atzmona, piccola colonia ebraica nel sud della striscia di Gaza, circa una ventina di prefabbricati, a pochi chilometri dal confine egiziano. Il portavoce dell’insediamento ha dichiarato qualche giorno fa in un’intervista a un quotidiano di Gerusalemme che la sua comunità non ha alcun motivo di festeggiare la nascita dello stato d’Israele, perché proprio quello stato d’Israele li avrebbe «traditi». Kerem Atzomana, a dire il vero, potrebbe dirsi «tradita» due volte dallo stato ebraico: fino alla pace con l’Egitto era un insediamento nel nord del Sinai; quando Begin restituì la penisola al Cairo, gli abitanti si spostarono di poche miglia a nord, nella Striscia di Gaza. In altre parole, è l’unica colonia che, durante il disengagement previsto per agosto, sarà smantellata per la seconda volta. Fatto sta che la destra radicale e il movimento dei coloni ha colto l’occasione di Yom ha-Atzmaut per contestare Sharon, «traditore della patria». Il presidente della Knesset Rivlin (uomo-forte della destra laica), nel suo discorso così ha risposto a quello del premier: «porterà il paese non al rinnovamento, bensì alla guerra civile. L’unica cosa che possiamo fare per evitare questa catastrofe è mostrare la nostra solidarietà ai coloni». Al tradizionale barbecue nel parco, alcune famiglie hanno preferito una gita di solidarietà negli insediamenti di Gaza. Un gruppo di coloni ha organizzato una marcia provocatoria nel mezzo di due villaggi palestinesi: in ventidue sono stati arrestati dall’esercito. Ci sono state contestazioni anche durante l’evento meno politicizzato della ricorrenza: come ogni anni si è svolto il concorso di "Bibbia per ragazzi," un evento televisivo rivolto agli studenti delle medie che assomiglia a uno dei "quiz per genietti" nostrani, condito in salsa religiosa. Mentre i piccoli concorrenti cercavano di concentrarsi, un gruppo di simpatizzanti ai coloni ha fatto irruzione negli studio urlando «un vero ebreo non espelle altri ebrei!». Nello Yom ha-Atzmaut di quest’anno, invece, la sinistra vede un’occasione per emulare degnamente il primo giorno dell’Indipendenza, quello del 1948. Un editoriale di Haaretz ricorda che allora, allo scadere del mandato britannico, le Nazioni Unite decisero per la partizione della Palestina: uno stato per gli ebrei, e uno per gli arabi. Ritrovare il significato della dichiarazione d’indipendenza significa ritirarsi da Gaza, più in là dalla West Bank, e un successivo riconoscimento di uno stato palestinese.
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