L'UNITA' di venerdì 13 maggio 2005 pubblica a pagina 4 un articolo di Umberto De Giovannangeli sul dibattito apertosi nella sinistra italiana a proposito dell'antisemitismo e della necessità di guardare in modo più equilibrato al conflitto israelo-palestinese.
Tutto l'articolo è una cronaca assolutamente oggetiva del dibattito interno alla sinistra, dalla quale l'opinione del giornalista non trapela mai.
Si tratta di un "corsivo", e in genere gli articoli stampati con questo carattere esprimono prorio le opinioni, anche quelle più personali.
Ci ricordiamo però che, quando u.d.g. scrive una cronaca, è solito infarcirla di opinioni. Nessuno stupore allora, se quando scrive un corsivo diventa un campione del giornalismo anglosassone. Soprattutto se l'argomento è un' auspicata (dal segretario dei DS) svolta nell'atteggiamento della sinistra verso il conflitto israelo-palestinese.
Una svolta che richiede, ci pare, anche un cambiamento dell'informazione, o per meglio dire della disinformazione, che fin qui i media di sinistra hanno propagandato sul tema.
Ecco l'articolo:«...È un antisemitismo che oggi, in particolare, si alimenta della delegittimazione morale dello Stato d’Israele e nella negazione agli ebrei del diritto ad affermare la loro identità di nazione. E, dunque, per combattere quelle forme di antisemitismo diventa essenziale guardare a Israele e al conflitto israelo-palestinese con animo libero da manicheismi e pregiudizi....». È il passaggio chiave per Gerusalemme. Quello politicamente più significativo per lo Stato ebraico: la conferma che in Italia, dice a l’Unità un alto funzionario del ministero degli Esteri israeliano, «esiste una sinistra con cui è possibile sviluppare un proficuo dialogo e rafforzare la cooperazione anche in previsione di un possibile cambio di governo in Italia dopo le elezioni del 2006».
Israele plaude alla dura presa di posizione del segretario dei Ds Piero Fassino, contro recenti episodi di antisemitismo che dagli spalti (e campi) di calcio sono tracimati in aule universitarie con la contestazione violenta di rappresentanti diplomatici israeliani. A Gerusalemme si guarda con grande attenzione al dibattito apertosi nella sinistra italiana sul rapporto tra il risorgente antisemitismo, con il suo vecchio, squallido armamentario di pregiudizi razziali e di stereotipi mutuati dal ventennio fascista, e un filone «sinistrorso-estremista» che tende, in nome della «causa palestinese» a demonizzare il sionismo e criminalizzare lo Stato d’Israele «per quello che è e non per quello che fa».
Il confronto su Israele tra le varie anime della sinistra italiana ruota oggi attorno alla figura di Ariel Sharon. L’anziano premier israeliano spacca la sinistra italiana e al tempo stesso ridefinisce al suo interno alleanze «trasversali». A dividere e, in alcuni casi, a spiazzare è la svolta «pragmatica» di Sharon con il suo piano di ritiro da Gaza e dal nord della Cisgiordania. Guardare al conflitto israelo-palestinese «senza manicheismi e pregiudizi» significa, per esempio, non sottovalutare la rottura ideologica, oltre che politica, impressa da Sharon ad una destra israeliana che tra i suoi fondamenti identitari aveva il disegno del «Grande Israele» e l’intangibilità di «Eretz Israel». A riconoscere il cambiamento di Sharon è anche il segretario di Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti. Di avviso diverso è invece il leader del Pdci Oliviero Diliberto solidale con il gruppo di manifestanti che nei giorni scorsi avevano contestato Fassino, Veltroni e Prodi, «colpevoli» di aver inserito nelle loro prossime visite in Israele e nei Territori anche l’incontro con il premier israeliano; un politico che, nella visione degli «irriducibili dell’Intifada», è ancora e sempre identificato con «il generale bulldozer» o peggio ancora con «il complice dei massacratori di Sabra e Chatila». Quel «sono d’accordo voi» esternato dal segretario dei Comunisti italiani al gruppo dei contestatori viene stigmatizzato anche da «Europa», il quotidiano della Margherita, che in un editoriale di prima pagina chiede «parole chiare dalla sinistra e dal centrosinistra sul tema "diritto all’esistenza dello Stato d’Israele"».
Al di là del giudizio sulla portata della svolta sharoniana - una «finestra di opportunità» da non perdere per il leader della Quercia - a dividere era e resta la lettura del conflitto israelo-palestinese, la sua natura, la sua soluzione. La considerazione del segretario diessino mutua la lettura di una (insanguinata) tragedia operata da Amos Oz, tra i più autorevoli e impegnati scrittori israeliani contemporanei: in quella terra martoriata «non sono in conflitto un torto (Israele) e una ragione (i palestinesi). In quella terra martoriata sono in conflitto "due ragioni": il diritto sacrosanto di Israele a vivere nella certezza del suo futuro e senza paura dei suoi vicini; il diritto, altrettanto sacrosanto, dei palestinesi ad avere una patria e uno Stato indipendente. Solo riconoscendo la piena legittimità di questa doppia aspirazione si avrà pace in Medio Oriente».
Una pace come incontro a metà strada tra aspirazioni e ragioni delle due parti; una pace «non partigiana», ma giusta, duratura. Una pace tra pari e dunque sottratta a forzature unilaterali imposte sul campo. Una pace che passa per il sostegno attivo della comunità internazionale al piano di ritiro da Gaza del governo Sharon-Peres, e agli sforzi riformatori di Abu Mazen.
Il «Nuovo Inizio» nei rapporti tra Israele e la leadership dell’Anp «post-arafattiana» coinvolge e responsabilizza la sinistra europea che, il 23 e 24 prossimi, riunirà tutti i suoi leader a Tel Aviv e Ramallah. E una forma attiva di responsabilizzazione è contrastare duramente, senza se e senza ma, vecchie e nuove forme di antisemitismo che, strumentalizzando e stravolgendo le ragioni del popolo palestinese, tendono a delegittimare l’esistenza dello Stato d’Israele. Contro l’«antisemitismo» da stadio o da aule universitarie hanno preso posizione aperta il ministro dell’istruzione Letizia Moratti e il segretario dei Ds Piero Fassino. Una scesa in campo che ha ricevuto il plauso del presidente del Congresso Ebraico Europeo, Cobi Benatoff.
«Di fronte ai vergognosi comportamenti antisemiti di frange estremiste, sia in ambito di tifo calcistico sia nelle università, il ministro Moratti e Fassino - rileva tra l’altro Benatoff - hano voluto dimostrare che nella cultura democratica delle nostre istituzioni repubblicane non possono più trovare spazio comportamenti discriminatori e razzisti che ricordano i momenti più bui della recente storia del nostro Paese».
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