Un convegno di strani pacifisti, nasconde le vere notizie dal Medio Oriente
ovvero il perdurare del terrorismo, le mancanze dell'Anp nel combatterlo
Testata:
Data: 09/05/2005
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: M.O.: a che punto è la Palestina del dopo - Arafat
Riportiamo una notizia AGI ( data in ben tre lanci consecutivi, che abbiamo riunito):
M.O.: A CHE PUNTO E' LA PALESTINA DEL DOPO-ARAFAT
(AGI) - Firenze, 9 mag. - A sei mesi dalla morte di Yasser
Arafat, sul conflitto israelo-palestinese la stampa e le
cancellerie internazionali segnalano una clima di rinnovata
speranza per la possibilita' che si riapra il processo di pace.
Meno ottimisti sembrano pero' i settori "pacifisti" di entrambe
le parti, a giudicare dal seminario promosso da "Action for
Peace" che si e' svolto sabato e domenica nella sede di Pax
Christi a Tavernuzze, alla priferia di Firenze. L'ordinato
svolgimento, la settimana scorsa, della seconda tornata delle
elezioni amministrative nei Territori e' stato considerato come
un segnale di consolidamente dell'Autorita' Nazionale
Palestinese (ANP) del post-Arafat. Dopo l'elezione alla
presidenza di Abu Mazen, cui Israele e la comunita'
internazionale hanno concesso quell'ampio credito di cui Arafat
non godeva piu', e in vista delle elezioni politiche generali
del prossimo luglio, i palestinesi hanno apparentemente
recuperato lo statuto di "interlocutori", inducendo la speranza
di poter aprire una nuova fase di negoziato che porti alla
risoluzione del conflitto e, prima o poi, alla creazione di uno
stato palestinese. Zvi Schuldiner, direttore del Dipartimento
di Pubblica Amministrazione al College universitario Sapir, nei
pressi di Sderot - la citta' israeliana vicina al confine con
la Striscia di Gaza, piu' volte bersagliata dai razzi Kassam di
Hamas - ha fatto un quadro della situazione molto meno
ottimista. Ospite del seminario "Palestina/Israele: e' ancora
possibile una pace giusta?, Schuldiner, in dialogo con Ali
Rashid (primo segretario della delegazine palestinese in
Italia), ha afffermato che "in realta' non stiamo andando verso
una soluzione, penso che siamo piu' vicini ad una nuova
esplosione". (AGI) Il docente israeliano, che e' anche
esponente dell'organizzazione "Commitment for Peace and
Justice", sottolinea piu' gli elementi di continuita' che
quelli di discontinuita' nell'attuale situazione dei Territori:
a suo avviso, non esiste una realta' del dopo-Arafat se non
"nella finzione che l'ANP sia un embrione di stato". Anche le
elezioni, ricorda, si sono svolte sotto occupazione, una
condizione che in termini concreti si traduce
nell'impossibilita' per l'ANP di decidere e fare alcunche'
senza l'autorizzazione di Israele, compreso ricevere dignitari
stranieri. Per non parlare degli effetti devastanti che
l'occupazione ha avuto e continua ad avere sulla popolazione
palestinese e la sua liberta' di movimento, aggravata in modo
esponenziale dalla costruzione del "Muro di sicurezza" a
Gerusalemme e lungo il confine tra Israele e la Cisgiordania.
Rispetto al giudizio positivo espresso dalla comunita'
internazionale all'annuncio del ritiro unilaterale dalla
Striscia di Gaza, Schuldiner sostiene che si tratta di una
scelta che, pur essendo di per se' positiva, tuttavia rientra
in una doppia strategia del governo di Ariel Sharon: da un
lato, come decisione unilaterale, conferma la politica di non
riconscimento dell'interlocutore con cui, appunto, negoziare.
Dall'altro, lasciare la Striscia di Gaza serve, secondo
Schuldiner, soprattutto ad allentare la pressione
internazionale su Israele, accreditando l'idea che il suo
governo stia facendo "dolorose concessioni" e che per il Paese
sara' "un grande trauma". L'opposizione al ritiro da parte
dell'estrema destra e del movimento dei coloni, spiega
Schuldiner, vine gia' utilizzata per agitare lo spettro della
"guerra civile" tra israeliani, e questo, a suo avviso,
servira' a giustificare il rinvio "sine die" del ritiro dalla
Cisgiordania, vera posta in gioco del conflitto. (AGI)
Crs (Segue)
(AGI) - Firenze, 9 mag. - Su questo punto il discorso di
Schuldiner coincide con le argomentazioni di Ali Rashid,
secondo il quale "tutto si gioca in Cisgiordania". L'esponente
palestinese parla di una situazione bloccata. La comunita'
internazionale, dice, non si rende conto della realta' - e il
riferimento e' in primo luogo all'Europa - accreditando la tesi
di Washington seondo la quale dopo la morte di Arafat si sta
andando verso una soluzione del conflitto. Come ha piu' volte
detto lo stesso Sharon, ricorda Rashid, nessuno si opporra' se
l'ANP decidesse di dichiarare il proprio Stato a Gaza, ma di
fatto il ritiro dalla Striscia servira' a consolidare la
strategia israeliana di mantenere e allargare grossi blocchi di
insediamenti ebraici in Cisgiordania, rendendo impossibile il
ritiro. Secondo Rashid, a questo punto i palestinesi si trovano
in un cul de sac: non ci sono alternative alla road map se non
una resa incondizionata. Ma soprattutto, sottolinea l'esponente
palestinese, non c'e' piu' una sponda in Israele per i
palestinesi, dato che il Partito Laburista e' profondamente
diviso al suo interno e ha scelto di rientrare in un governo di
unita' nazionale guidato da Sharon accettando l'interpretazione
del ritiro da Gaza come "primo passo". Quindi, conclude Rashid,
siamo contrari alla soluzione "militare" del conflitto, ma
anche alla ratifica di soluzione decise unilaterlmanete da
Israele. Ma la consapevolezza che al momento non ci sia altra
soluzione provoca nei settori laici e democratici della
societa' palestinese un senso di impotenza che favorisce la
crescita dei consensi ad organizzazioni islamiche come Hamas.
Una possibile, e molto probabile, buona affermazione di Hamas
alle legislative di luglio cambiera' profondamente i rapporti
interni alla societa' palestinese, pronostica Rashid, anche se
l'informazione internazionale sara' tutta schierata dall'altra
parte. (AGI)
Notiamo il grande spazio concesso alla cronaca di un convegno (chissà se si sarebbe fatto altrettanto per un convegno che promuovesse tesi più vicine alle posizioni di Israele...) , il fatto che Zvi Shuldiner, israeliano di estrema sinistra e corrispondente del MANIFESTO viene definito un "pacifista" al pari di Ali Rashid che è invece un diplomatico dell'Autorità Nazionale Palestinese Di cui è noto il "pacifismo".

Ovviamente al problema del terrorismo e della mancanza di capacità o volontà dell'Anp nel combatterlo i due interlocutori non fanno cenno, almeno stando al dettagliato resoconto di AGI .
D'altro canto, alle notizie sui continui atti di violenza da parte dei gruppi terroristici palestinesi è dedicato di norma dai media italiani molto meno spazio di quello di cui ha potuto godere questo convegno di "pacifisti".


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