Gli israeliani hanno creato molte difficoltà al presidente russo Vladimir Putin, definito, dimenticando il sostegno sovietico alle dittature arabe e all'Olp "il primo, negli ultimi cinquant'anni, ad entrare in gioco sullo scacchiere mediorientale": Putin, riferisce la cronaca di Barbara Uglietti su AVVENIRE di venerdì 29 aprile 2005, "ancora prima di arrivare in Israele aveva già intascato il due di picche del governo Sharon alla sua proposta di un Conferenza internazionale sul Medio Oriente da tenersi a Mosca in autunno". Le ragioni della contrarietà israeliana alla proposta, che saltava la prima fase della Road Map, cioè la lotta al terrorismo, non vengono però ricordate.
Putin ha poi "rintuzzato punto per punto" le critiche israeliane circa i rapporti della Russia con Siria e Iran: la scelta dei termini indica chiaramente che le argomentazioni di Putin convincono a pieno la Uglietti.
Il fatto che la Siria abbia già rifornito di armi Hezbollah, per citarne soltanto uno, è ignorato dalla cronista.
Ecco il testo:Ancora prima di arrivare in Israele aveva già intascato il due di picche del governo Sharon alla sua proposta di un Conferenza internazionale sul Medio Oriente da tenersi a Mosca in autunno. A Gerusalemme è stato accolto da titoli in prima sui quotidiani non proprio incoraggianti: visita «storica», sì, ma di un «doppiogiochista». Sostanza: non è stato esattamente una passeggiata il viaggio di Vladimir Putin in Israele, primo presidente russo a mettere piede nello Stato ebraico dal 1948; il primo, negli ultimi cinquant'anni, ad entrare in gioco sullo scacchiere mediorientale. Ha incontrato il presidente israeliano Moshe Katzav, poi il premier Ariel Sharon e ha speso gran parte del tempo spiegando e precisando e rassicurando i suoi due interlocutori sulle reali intenzioni della Russia, Paese che fa parte del Quartetto per il Medio Oriente (insieme a Stati Uniti, Onu e Ue) e che sta cercando di guadagnare credito e fiducia nell'area come mediatore. Compito difficile perché i rapporti di Mosca con Damasco e con Teheran non convincono Israele. E la cosa è emersa con chiarezza nei colloqui di ieri. Relegata la cortesia diplomatica al picchetto d'onore con cui Putin è stato ricevuto a Gerusalemme, gli incontri sono andati subito al sodo. Questione Siria, innanzitutto. Katzav ha detto chiaro e tondo che Israele non considera sufficienti le rassicurazioni russe sulla vendita di missili a Damasco: «Su questa cosa non siamo d'accordo», ha dichiarato, aggiungendoci che «la Siria, nei giorni scorsi, ha consegnato missili alla milizia Hezbollah». Putin ha rintuzzato punto per punto: innanzitutto i missili venduti a Damasco sono a corto raggio, ha detto, «quindi non minacciano la sicurezza di Israele». Inoltre, ha precisato, si tratta di sistemi montati su autocarri, «che non possono essere smontati per essere trasferiti ad organizzazioni terroristiche e che, senza piattaforma di lancio, non sono operativi». Altro nodo: l'Iran. La Russia «collabora con Teheran solo nello sfruttamento dell'energia nucleare a fini pacifici», ha ribadito Putin. Che sulla questione ha però fatto un passo indietro, lanciando un segnale di irrigidimento alla Repubblica islamica: «È possibile che le misure precauzionali non siano sufficienti», ha detto. Unico punto su cui pare tutti si siano trovati d'accordo: la necessità di «rafforzare la cooperazione nella lotta al terrorismo». Così Israele e Russia, hanno annunciato Sharon e Putin, avranno un sistema anti-terrorismo connesso attraverso il quale saranno scambiate informazioni in tempo reale. Nel pomeriggio, Putin ha dedicato due ore alla visita del nuovo Museo dell'Olocausto Yad va-Shem, soffermandosi sulle immagini della liberazione dei lager di Auschwitz-Birkenau da parte dei militari dell'Armata Rossa. «Voglio che lei sappia che qui è tra amici», ha detto Sharon a Putin. Una necessità, ancor prima che un gesto di cordialità. Oggi il presidente russo sarà a Ramallah, per incontrare il presidente dell'Anp Abu Mazen e il premier Abu Ala. Si tornerà forse a parlare della Conferenza in Russia (proposta che, diversamente da Israele, Usa e Ue, era stata ben accolta dai palestinesi), ma in una formula ristretta, «a livello di esperti», come si è ipotizzato in serata a Mosca.
IL MANIFESTO pubblica sulla visita di Putin in Israele un articolo di Michele Giorgio, dal surreale titolo: "Su Siria e Iran Putin non cede ai diktat di Sharon".
Sharon e Israele, per il MANIFESTO, hanno sempre la parte dell'arrogante che impone diktat. Persino quando si deve assegnare la parte del debole che li subisce, o che, coraggiosamente, si ribella, a una grande potenza come la Russia.
Su un punto, ci informa Giorgio nell'articolo, la Russia è comunque stata "costretta a fare marcia indietro": la proposta di una conferenza internazionale di pace.
Ma è stata costretta a far marcia indietro, in realtà, dal fatto che tale proposta violava il percorso della Road Map, e che era giudicata dannosa e pericolosa da una delle parti in causa.
Non certo da un "diktat".
Ecco il testo:La prima visita di un leader del Cremlino in Israele ha evidenziato le differenze più che i punti d'intesa tra Mosca e Tel Aviv. Vladimir Putin, che pure vanta un'amicizia personale con Ariel Sharon, dopo le strette di mano, il desiderio espresso di cooperare «contro il terrorismo», l'affermazione di interessi economici comuni, ha confermato che il suo paese venderà, come previsto, i missili terra-aria alla Siria, nonostante le proteste del governo israeliano. «Il sistema che forniremo alla Siria è di corta gittata e non minaccia in alcun modo il territorio israeliano», ha dichiarato il presidente russo. Secondo Tel Aviv, le batterie di difesa antiaerea Sa-18, versione aggiornata del sovietico Igla, rappresentano «un serio pericolo» e potrebbe finire nelle mani dei guerriglieri libanesi di Hezbollah che combattono per liberare le Fattorie di Shebaa, al confine tra i due paesi. Un altro tema scottante al centro della visita è stata la cooperazione nucleare fra Mosca e Teheran - motivo di polemiche accese da parte di Israele che pure possiede ordigni atomici e non ha mai firmato il Trattato di non-proliferazione nucleare. Putin ha spiegato che questa collaborazione si limita all'impiego dell'atomo a scopo civile. «Lavoriamo con l'Iran per l'utilizzo dell'atomo con fini pacifici e siamo contrari a ogni programma destinato a dotare l'Iran di una bomba atomica» ha assicurato, insistendo tuttavia sul dovere di Teheran di aprire i suoi impianti alle ispezioni internazionali. Ha inoltre ammesso che l'assenso dell'Iran a restituire alla Russia il combustibile nucleare usato - che altrimenti potrebbe essere usato per scopi militari - «non sembra sufficiente». Putin non ha detto se la Russia accetterà di trasferire la questione al Consiglio di sicurezza dell'Onu, ma ha spiegato che molto dipenderà sia dal comportamento dell'Iran - al quale ha chiesto di «rinunciare a ogni tecnologia per creare un ciclo nucleare completo» - sia da quella che sarà la posizione internazionale. La Russia ieri è stata costretta a fare marcia indietro sulla proposta di un summit internazionale di pace fatta mercoledì da Putin durante la sua tappa al Cairo e immediatamente respinta al mittente da Israele e dal portavoce della Casa Bianca Scott McClellan. Ieri il ministro degli esteri di Mosca, Sergei Lavrov, ha detto che le parole di Putin erano state mal interpretate, dal momento che il leader del Cremlino intendeva parlare di un incontro di esperti, da tenersi nella capitale russa a ottobre, e non di una vera e propria conferenza di pace. Quello che è certo è che Washington boicotta apertamente le velleità di Mosca di tornare a giocare un ruolo di primo piano nelle vicende mediorientali e, di fatto, afferma che rimarrà l'unica parte internazionale a «mediare» tra israeliani e palestinesi. D'altronde la stessa Unione europea aveva subito messo le mani avanti. Il responsabile della politica estera e di sicurezza, Javier Solana, aveva dichiarato che tutte le parti in causa sono favorevoli all'idea di una conferenza, ma che l'applicazione della prima fase della road map deve essere una precondizione necessaria ad un vertice. Putin - che ripartirà oggi dopo aver incontrato Abu Mazen - ha infine paragonato la sua «lotta» contro i separatisti ceceni a quella israeliana contro le fazioni armate palestinesi, sostenendo di voler cooperare maggiormente nella «lotta al terrorismo».
In un trafiletto, IL MANIFESTO ci informa poi che i palestinesi di Hebron sarebbero "vittime della brutalità dei settler e dei soldati che li difendono" e che nella ciittà "400 coloni tra i più fanatici della Terrasanta tengono in ostaggio 120.000 palestinesi".
Una visione demonizzante e unilaterale, sul quale si fonda la condanna più decisa dell'ipotesi di proteggere i settler, che sono incontestabilmente un obiettivo del terrorismo palestinese, con una barriera di sicurezza.
Ecco il testo dell'articolo:Per ora è solo una proposta dell'esercito israeliano, di cui ieri ha dato notizia Maariv. Ma se venisse approvata scatenerebbe la rabbia dei palestinesi. Secondo il quotidiano israeliano i militari vorrebbero costruire un muro all'interno della città di Hebron «per evitare scontri tra i coloni e i palestinesi». In città - nel sud della Cisgiordania - 400 coloni tra i più fanatici della Terrasanta tengono in ostaggio 120.000 palestinesi, prigionieri di un asfissiante sistema di controlli e restrizioni alla possibilità di movimento e vittime della brutalità dei settler e dei soldati che li difendono. Arif al Jabari, governatore di Hebron, ha dichiarato alla Reuters: «Ci appelliamo agli Stati uniti, alla comunità internazionale e alle associazioni di difesa dei diritti umani affinché fermino l'aggressione contro i palestinesi di Hebron».
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