La visita di Putin in Israele
rassegna di quotidiani
Testata:
Data: 28/04/2005
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: La visita di Putin in Israele
Il CORRIERE DELLA SERA di giovedì 28 aprile 2005 pubblica a pagina 12 una corretta cronaca di Davide Frattini sulla visita di Vladimir Putin in Israele.

Ecco l'articolo, "Putin da Sharon, vertice senza intesa":

I giudici hanno rinviato il verdetto a Mosca, ma il caso Khodorkovskij insegue Vladimir Putin a Gerusalemme. Leonid Nevzlin, uno dei soci dell'oligarca in carcere, ha pubblicato inserzioni a tutta pagina nei giornali locali per denunciare che « il processo ha solo motivazioni politiche » .
Nevzlin è uno dei tre uomini di affari legati alla Yukos che sono fuggiti in Israele per evitare l'arresto con l'accusa di frode ed evasione fiscale. E rappresenta uno dei punti ( non pochi) di dissidio tra lo Stato ebraico e la Russia.
Gli israeliani considerano la visita importante per il fatto che stia avvenendo. E' la prima di un presidente russo o so vietico e i giornali la definiscono « storica » . Per il resto hanno già annunciato che a Putin, arrivato ieri sera dall'Egitto, verranno fatti pochi sconti dalla lista dei disaccordi tra i due Paesi, negli incontri di oggi con il presidente Moshe Katsav e soprattutto con il premier Ariel Sharon.
Che in un'intervista la settimana scorsa ha chiuso la porta a qualunque richiesta di estradizione per i milionari russi ( « fin da quando ero giovane mi sono opposto all'idea di riconsegnare degli ebrei » ) e ha lasciato poco meno di uno spiraglio per la proposta fatta da Putin al Cairo: una conferenza di pace a Mosca in autunno, dove riunire il Quartetto ( Russia, Stati Uni ti, Unione Europea, Onu) con israeliani e palestinesi. « Abbiamo accettato la road map — hanno commentato dal governo — e la seconda fase prevede una conferenza di pace. Quindi non abbiamo problemi con un vertice, ma la seconda fase non è ancora stata raggiunta » . Anche la risposta della Casa Bianca è stata fredda: « Crediamo che ci sarà un momento opportuno per l'organizzazione d'una conferenza internazionale. Non siamo a quello stadio e non ci aspettiamo di arrivarci da qui all'autunno » . Solo i palestinesi per ora hanno dato il loro soste gno: « Abbiamo bisogno di definire i prossimi passi e un vertice servirebbe a far riprendere i negoziati » .
Le relazioni diplomatiche tra Mosca e Gerusalemme si erano rotte nel 1967 con la guerra dei Sei giorni e non erano mai state completamente ristabilite fino al 1991. Il crollo dell'Urss ha dato il via alle ondate di immigrazione ebraica e oggi in Israele vivono oltre un milione di russi. Con i loro giornali, le loro televisioni, i loro negozi e un crescente peso politico.
Sharon e Putin hanno un buon rapporto personale, ma questo non eviterà il confronto al pranzo di oggi. Il primo ministro affronterà la vendita di missili anti aerei alla Siria ( « così i jet israeliani la smetteranno di sorvolare la casa di Assad » , ha commentato con una battuta Putin) e la posizione russa sul nucleare iraniano ( « non credo che fare pressioni su Teheran sia la strada giusta » ha detto il presidente russo). E' improbabile che Sharon ottenga da Putin che si unisca al fronte internazio nale per fermare la corsa all'atomica iraniana.
Sui missili SA 18, Mosca ha già precisato che da dove saranno posizionati non possono rappresentare una minaccia per Israele e che rimarranno sotto supervisione russa. Lo Stato ebraico è invece preoccupato che possano finire nelle mani degli Hezbollah.
Con Mahmoud Abbas — lo vede domani a Ramallah prima di ripartire — Putin potrà anche ricordare gli anni dell'università a Mosca, che il presidente palestinese ha frequentato quando l'Unione Sovietica aveva scelto di sostenere i palestinesi come strategia anti americana: 15 mila hanno studiato nell'Urss e 25 mila oggi parlano il russo.
Corretta anche la cronaca di Aldo Baquis su LA STAMPA, a pagina 10, a dispetto di un titolo, "Putin: "Senza il ritiro dall'Iraq non c'è pace in Medio Oriente", che enfatizza e in parte distorce alcune dichiarazioni del leader russo che ha parlato di "soluzione della questione irachena", non solo di ritiro.

Ecco il testo:

La Russia vuole tornare protagonista di primo piano in Medio Oriente. Lo ha implicitamente confermato ieri Vladimir Putin che, in una conferenza stampa al Cairo con Hosni Mubarak, ha chiesto che sia fissato un calendario per il ritiro dall’Iraq delle forze multinazionali e ha proposto di indire in autunno a Mosca una conferenza internazionale per rilanciare i negoziati di pace israelo-palestinesi. «Occorre un accordo sui tempi e sulle condizioni del ritiro dall’Iraq», ha stimato Putin. «Sono persuaso», ha aggiunto, «persuaso che il recupero del Medio Oriente debba includere la soluzione della questione irachena. Occorrono il rafforzamento della pace nazionale, dell’esercito e delle strutture di potere e anche una decisione sui termini che permettano il celere ritiro delle truppe straniere» ha precisato il presidente russo.
Mosca ha inoltre deciso di prendere l’iniziativa nello spinoso conflitto israelo-palestinese, ha chiarito Putin nel corso della prima visita in 40 anni di un capo del Cremlino in Egitto. «Proponiamo una conferenza internazionale di pace con la partecipazione del Quartetto (Russia, Ue, Usa, Onu) e di tutte le parti coinvolte», ha spiegato. Restano da stabilirsi il livello dei partecipanti e l’esatto calendario della riunione, ha aggiunto il presidente russo promettendo di parlarne «al più presto» con Ariel Sharon e Abu Mazen. A Gerusalemme la proposta di una conferenza internazionale a Mosca è stata accolta con grande prudenza. In linea di massima Israele respinge qualsiasi ingerenza straniera nei negoziati con i palestinesi, fatta eccezione per quella degli Stati Uniti.
Ma i toni delle prime reazioni sono rimasti sfumati data la eccezionalità storica della visita di Putin. Mai prima d’ora un leader russo aveva visitato Israele. Putin ci era stato due volte, ma prima di diventare presidente. «Putin ha un rapporto molto profondo con lo Stato d’Israele e con il popolo ebraico. Gli stava molto a cuore di restare nella storia come il primo capo del Cremlino in visita a Gerusalemme», ha detto ieri Yaakov Kedmi, un uomo d’affari israeliano molto introdotto nei vertici di potere in Russia. Ragioni sentimentali a parte, nella nuova politica russa verso il Vicino Oriente Israele è una tappa importante per numerosi motivi. Innanzi tutto la presenza in Israele di un milione di immigrati russi che anche a distanza di anni mantengono un rapporto stretto con il Paese di origine. «Putin si rende conto che le relazioni con Israele si sono raffreddate, e questa massa di israeliani può essere mobilitata per invertire la tendenza», ha aggiunto Kedmi.
Al tempo stesso, viene fatto notare, Putin è credente e le visite in due chiese di Gerusalemme non sono solo protocollari. Vanno viste invece, secondo alcuni osservatori, come una conferma dei forti sentimenti religiosi che spirano in Russia fin dall’epoca zarista nei confronti della Terrasanta in generale e verso Gerusalemme in particolare.
A Ramallah, poi, Putin può contare sulla persona di Abu Mazen: un dirigente palestinese considerato molto attento ad ascoltare le posizioni di Mosca. Con queste carte in mano, il capo del Cremlino si accinge ad incontrare il premier Ariel Sharon e il presidente Moshe Katsav, ben sapendo che oltre i brindisi e i discorsi di circostanza restano sul tavolo problemi scottanti. Come la vendita di razzi Sa-18 alla Siria, che desta apprensione in Israele, e anche la collaborazione ai progetti nucleari dell’Iran.
Il presidente russo, che ha in programma anche una visita al nuovo Museo dell’Olocausto Yad va-Shem di Gerusalemme, non potrà poi evitare la questione dell’antisemitismo nel suo Paese. Per il Museo Putin aveva anche pensato ad un regalo: una grande scultura che mostra quattro uomini e una donna, tutti nudi, accanto a un reticolato. Yad va-Shem lo ha trovato però inopportuno. Per non fare uno sgarbo all’ospite, l’insolita scultura è stata «dirottata» verso la residenza di Katzav.
Ieri sera, all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, Putin è atterrato con una delegazione talmente copiosa che per trasportarla sono stati necessari tre aerei. Tra i suoi 200 membri figurano uomini di Stato, personalità economiche e probabilmente anche funzionari dei servizi segreti incaricati di fare il punto della lotta al terrorismo islamico con gli esperti israeliani. Per motivi di sicurezza, la superstrada Tel Aviv-Gerusalemme è stata chiusa al traffico. E nella capitale israeliana Putin ha trovato un eccezionale spiegamento di polizia, dopo che in città si erano diffuse informazioni sulla possibile presenza di un kamikaze palestinese pronto ad entrare in azione.
Corretta anche, su AVVENIRE a pagina 14, la cronaca di Graziano Motta, che si segnala per le esaurienti spiegazioni del perchè Israele e Stati Uniti siano scettici circa la proposta russa di convocare una conferenza internazionale di pace sul conflitto israelo-palestinese.

Ecco il testo dell'articolo, "Putin, a Mosca il tavolo di pace per il Medio Oriente" :

Una visita molto importante, questa di Vladimir Putin in Israele: perché senza precedenti - mai un presidente russo o sovietico si era mosso dal Cremlino per venire nello Stato ebraico -, e anche per la valenza politica che ha assunto. L'ultimo sviluppo è sopraggiunto al Cairo, dove Putin ha fatto sosta prima di raggiungere nel pomeriggio Gerusalemme e dove ha lanciato, in un incontro con il presidente Mubarak, la proposta di una Conferenza internazionale in autunno sulla crisi israelo-palestinese da svolgersi a Mosca con gli altri rappresentanti del Quartetto (di cui la Russia fa parte insieme a Stati Uniti, Unione Europea e Nazioni Unite). L'intento è evidentemente quello di assumere un ruolo sempre più incisivo nelle vicende della regione, quasi in concorrenza con quello assunto dal presidente americano George W. Bush. La proposta di Putin è stata accolta negativamente in Israele, dove stretti collaboratori del primo ministro Ariel Sharon hanno precisato che nella Road map è ben specificato che non è prevedibile una Conferenza internazionale prima della seconda tappa del piano di pace. Tappa dalla quale «siamo ancora lontani». Un'altra fonte politica ha aggiunto che questa Conferenza non ha altro scopo che quello di aggirare la Road Map o di modificarla, cosa che non è accettabile per Israele. Ben diversa la posizione dell'Autorità nazionale palestinese che «sostiene totalmente» la proposta di Putin, come ha detto il primo ministro Abu Ala, che domani incontrerà il presidente russo a Ramallah insieme con il presidente Abu Mazen. Il negoziatore Saeb Erekat ha sottolineato che la Conferenza si svolgerebbe dopo il ritiro israeliano da Gaza e che pertanto darebbe una spinta al raggiungimento di un accordo finale perché consentirebbe di precisare le prossime tappe del dialogo bilaterale. «Forti dubbi» sull'iniziativa di Putin sono stati espressi anche dalla Casa Bianca: «Ci sarà un momento opportuno per l'organizzazione di una Conferenza internazionale - ha detto il portavoce Scott McClellan - e non mi aspetto che ci arriveremo entro l'autunno». Putin ha tenuto a precisare che i ministri degli Esteri del Quartetto si riuniranno a Mosca il 10 maggio per discutere del processo di pace ma non ha precisato il livello di rappresentanza che auspica per la Conferenza internazionale di Mosca. Comunque l'argomento sarà affrontato nei colloqui con Sharon. E non sarà il solo, perché il premier israeliano intende parlare del temuto programma di riarmo nucleare dell'Iran (sul quale Putin, in un'intervista rilasciata alla TV israeliana, si è mostrato arrendevole, sostenendo che sarebbe inutile cercare di contenerlo) e la recente vendita di missili terra-aria russi Sa-18 alla Siria (Sharon considera per nulla tranquillizzanti le assicurazioni di Putin sul controllo che verrebbe esercitato sull'impiego di tali missili o sul loro trasferimento ai guerriglieri fondamentalisti libanesi Hezbollah, impegnati nella lotta a oltranza a Israele). Altro argomento che si prevede sarà affrontato nei colloqui tra Sharon e Putin lo sviluppo delle relazioni bilaterali, rafforzato dalla presenza di quasi un milione di ebrei emigrati dall'ex Unione Sovietica ma complicato dalle pendenze giudiziarie di alcuni di essi. Si presume che il presidente possa chiedere l'estradizione di Mikhail Khodorowski, ex capo del consorzio petrolifero Yukos accusato di frode fiscale; nonché di altri personaggi una volta suoi vicini collaboratori che hanno assunto la cittadinanza israeliana; e si sa che il primo ministro non intende esaudire la richiesta. Nonostante certe divergenze, c'è la volontà di sviluppare anche le relazioni economiche e la collaborazione nella lotta al terrorismo. Putin è venuto in Israele su invito del capo dello Stato Moshe Katsav; oltre a recarsi al memoriale Yad Vashem che ricorda le vittime dell'Olocausto, si incontrerà con veterani dell'Armata rossa che hanno combattuto il nazismo nella seconda guerra mondiale e che sono emigrati in Israele.
Scorretto il titolo della cronaca di Vladimir Sapozhnikov sulla visita di Putin in Israele: "Putin parla di pace, Bush lo gela", sottotitolo: "Prudente anche Sharon, che oggi incontrerà il capo del Cremlino".
Bush e Sharon non hanno rifiutato la "pace", ma una precisa proposta politica giudicata inadeguata, tra l'altro perchè salta la prima fase della Road map, che prevede il disarmo dei gruppi terroristici palestinesi.

Analoga la scorrettezza del titolo del MANIFESTO "Conferenza di pace, "niet" da Bush e Sharon".
In questo caso è scorretto anche l'articolo di Michelangelo Cocco, che, coerentemente con il titolo dipinge Israele come intransigente nel suo rifiuto di concessioni all'Anp (il problema del terrorismo palestinese non è toccato) e gli Stati Uniti come irremovibili sostenitori dello "sharonismo", insesistente "ismo" coniato da Cocco probabilmente in analogia con nefaste dittature personali come l'"hitlerismo", lo "stalinismo", il "maoismo", il "leninsmo" e il "castrismo" .

Ecco l'articolo:

È arrivato in serata a Tel Aviv portandosi dietro il fardello d'una proposta lanciata poche ore prima al Cairo, dove ne aveva discusso con il presidente egiziano, Hosni Mubarak. Mentre gli Stati uniti alle prese con il pantano iracheno continuano ad appoggiare acriticamente lo sharonismo, il capo dello stato russo, Vladimir Putin, ieri pomeriggio ha preso l'iniziativa sullo scacchiere mediorientale promuovendo ufficialmente una conferenza di pace da tenersi a Mosca nel prossimo autunno. Bush e Sharon gli hanno immediatamente opposto un doppio no: per il portavoce della Casa Bianca, Scott McClellan «è troppo presto e ora bisogna continuare a concentrare i nostri sforzi sul piano di ritiro da Gaza»; secondo lo speaker del ministero degli esteri israeliano, Mark Regev, «non c'è alcun problema rispetto a una conferenza di pace, ma non abbiamo ancora raggiunto il secondo stadio della road map». La «strada per la pace» è il piano (elaborato dal «Quartetto», Usa-Russia-Ue-Onu) che prevede una serie di misure, tra cui il cessate il fuoco e l'immediata cessazione dell'attività di colonizzazione israeliana dei Territori palestinesi occupati, prima di arrivare a una conferenza di pace che prenda in esame i grandi temi del conflitto che va avanti dal 1948: le frontiere dello stato palestinese, la questione dei profughi e quella di Gerusalemme, tra le altre, da affrontare in linea con quanto deliberato nel corso degli anni dalle Nazioni unite. L'iniziativa del primo leader del Cremlino a mettere piede nello Stato ebraico dalla sua fondazione nel 1948 è stata invece accolta con entusiasmo dall'Autorità nazionale palestinese, per la quale va bene qualsiasi cosa sia in grado di sbloccare, anche solo simbolicamente, la situazione creatasi dopo il cessate il fuoco proclamato dalla resistenza palestinese a Sharm el Sheik. Dal 9 febbraio scorso le armi tacciono quasi del tutto, ma i palestinesi accusano il governo israeliano Sharon-Peres di non essere venuto incontro alle loro richieste: liberazione dei prigionieri, allentamento della pressione militare nei Territori occupati, cessazione della costruzione del muro all'interno della Cisgiordania. «Ci impegneremo perché la conferenza possa svolgersi», ha dichiarato alla Reuters il presidente palestinese Abu Mazen. Più entusiasta il caponegoziatore Saeb Erekat, secondo il quale «è arrivato il momento di un summit internazionale a cui partecipino tutte le parti interessate». Putin, che ha dichiarato che la pace in Medio Oriente «dovrebbe fondarsi sulle risoluzioni delle Nazioni unite e la road map» ha affermato anche che, nonostante il rifiuto israelo-americano, lui inizierà a discutere dell'agenda del vertice a partire dal prossimo 8 maggio, quando a Mosca ci sarà una riunione del Quartetto. Ma ne parlerà anche stasera con il premier israeliano, che dovrebbe incontrare a cena, e dal quale non è difficile immaginare che tipo di risposta otterrà. Anche perché Sharon aveva preparato per il suo ospite un menu a base di nucleare iraniano e missili siriani. Tra Russia e Israele i rapporti sono ottimi (nello stato ebraico sono emigrati, dall'implosione dell'Unione sovietica, oltre un milione di ebrei russi, che rappresentano il 20% della popolazione d'Israele) ma la decisione del Cremlino di vendere missili SA-18 a Damasco (non in grado, secondo la Russia, di raggiungere Israele dal punto in cui verranno installati) e la linea trattativista di Putin nei confronti del programma atomico di Tehran hanno fatto arrabbiare Sharon, che intendeva discuterne con il suo collega nel faccia a faccia di stasera. Prima che Putin cambiasse le carte in tavola.
IL MATTINO di mercoledì 27 aprile pubblica due articoli sulla visita di Putin in Israele. Propagandistica la foto del "Muro" che li accompagna, dal momento che gli articoli vertono su argomenti completamenti diversi. Ad uno sguardo attento, inoltre, risalta subito che la barriera di cemento che si vede nella foto non può essere il "Muro" (con la maiuscola, come scrive Il Mattino): un uomo la scavalca agevolmente. Altrettanto scorretta è la didascalia che fa riferimento alla foto: parla di "Muro costruito in Palestina".

Da segnalare, nel sottotitolo, "Missione in Israele, la prima volta di Putin" la pervicacia con cui IL MATTINO continua a negare ad Israele il diritto di scegliersi la propria capitale: si legge, infatti, di Tel Aviv e non di Gerusalemme.

IL MATTINO di giovedì 28 aprile 2005 pubblica un articolo, intitlato "La sfida di Putin sul Medio Oriente" che in modo decisamente implausibile, presenta Putin come maestro di democrazia e di pace, Bush e Sharon come pessimi scolari.

Ecco l'articolo:

I ministri degli Esteri ed i rappresentanti dei Paesi e delle organizzazioni del cosiddetto «Quartetto» (Onu, Ue, Usa e Russia) si stanno già preparando per andare a Mosca l'8 maggio dove metteranno a punto una nuova conferenza internazionale per la pace in Medio Oriente, da realizzare con tutte le parti interessate in autunno nella stessa capitale russa. È l'annuncio fatto ieri al Cairo da Vladimir Putin, il primo capo del Cremlino a ritornare in Egitto e nell'area dopo 41 anni, cioè dal 1964, quando Kruscev inaugurò la prima fase di costruzione della diga di Aswan ed i rapporti tra Mosca ed il Cairo erano molto più stretti. I primi commenti da Israele, dove Putin è arrivato in serata, non sono incoraggianti. Fonti vicine al primo ministro israeliano Ariel Sharon, che oggi incontrerà il leader russo, hanno negativamente commentato la proposta di una conferenza internazionale. Gli ambienti governativi sottolineano che «la posizione di principio di Israele è contro un coinvolgimento internazionale nel conflitto israelo-palestinese». «Siamo solo disposti ad accettare - è stato ancora precisato - l'esclusivo coinvolgimento degli Stati Uniti ma non di altri attori». Putin intende rivitalizzare il proprio ruolo di padrino del processo di pace mediorientale, da tempo oscurato per altri fattori interni ed esterni alla Russia, ma trova anche che sia giunto il momento per lanciare più di una sfida a George Bush. La più importante riguarda l'Iraq. «Fino a quando non saranno risolti alcuni problemi critici non si potrà vedere la fine delle violenze» sottolinea il leadser del Cremlino chiedendo che Washington indichi «un calendario per il ritiro delle truppe». Un'altra sfida altrettanto significativa riguarda la «esportazione della democrazia». Putin, totalmente d'accordo con Mubarak, sostiene che la democrazia non può essere esportata da un Paese ad un altro ma può essere realizzata solo attraverso gli sviluppi interni e naturali di un Paese. «È evidente - ha affermato - che la democrazia è diversa in America ed in Gran Bretagna, come è diversa in Germania, in Francia o in Italia». Ma mentre si discute di pace in Medio Oriente e in Iraq e la polizia manganella e ferma alcune decine di manifestanti che poi rilascia, al Cairo, uno dei collaboratori di Putin annuncia che in Egitto si è anche arrivati alla conclusione di negoziati per la vendita di sistemi russi di difesa missilistica. Ed in altre capitali come Damasco e Teheran continuano i contatti per la cessione di altri sistemi d'arma o di tecnologie e materiali nucleari, «dichiaratamente a scopo pacifico», che impensieriscono fortemente Israele.
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