LA REPUBBLICA di mercoledì 13 febbraio 2005 pubblica un articolo di Arturo Zampaglione sulle reazioni in Israele al vertice tra Bush e Sharon.
La tesi di Zampaglione è che il vertice abbia rivelato profonde divergenze tra Stati Uniti e Israele, che ora il governo Sharon cerca di minimizzare.
La sua presentazione dei risultati del vertice non è però chiara: non scrive infatti che Sharon ha nuovamante garantito il suo impegno a seguire la Road Map smantellando gli insediamenti illegali e che ha precisato che l'espansione di Maale Adumin non sarà effettuata che fra anni, per cui Stati Uniti e Israele avranno tutto il tempo di discuterne.
Il sottotitolo dell'articolo recita: "Il governo minimizza i dissidi, ma la stampa attacca".
Tre riquadri riasssumono i commenti di Haaretz, Jerusalem Post e Jerusalem NewsWare.
La posizione del Jerusalem Post ("Bush non si è accorto che Sharon ha salvato la Road Map" secondo il riassunto di REPUBBLICA) , definito "quotidiano della destra", mentre ad Haaretz non è attribuita nessuna connotazione politica, sembra però essere più una critica alla posizione statinitense che un attaco al governo. "Bush non si è accorto che Sharon ha salvato la Road Map".
Ecco il testo:NEW YORK - I collaboratori di Ariel Sharon hanno cercato ieri di dare una interpretazione più "soft" delle divergenze tra Gerusalemme e Washington. Nell´incontro di lunedì con il premier israeliano nel ranch di Crawford, nel Texas, Bush era sembrato molto duro con il suo ospite: «Gli ho chiesto di non intraprendere alcuna iniziativa in violazione della Road Map o pericolosa per l´esito dei negoziati». Il presidente americano si riferiva soprattutto all´allargamento dell´insediamento di Maale Adumim, vicino a Gerusalemme, voluto dal governo israeliano e osteggiato dai palestinesi perché si trova in Cisgiordania e bloccherebbe l´accesso a Gerusalemme Est. Ma Sharon aveva respinto l´invito di Bush, facendo capire che le posizioni tra i due alleati si erano irrigidite.
Ieri il governo israeliano ha minimizzato la portata dello scontro. «Gli Stati Uniti non sono mai stati d´accordo sui nostri insediamenti in Cisgiordania e nella striscia di Gaza», ha ricordato sul canale radiofonico delle forze armate il consigliere di Sharon, Dov Weisglass. «Le posizioni rimangono le stesse e non c´è alcun nuovo dissidio», ha aggiunto, mentre l´ex-sindaco di Gerusalemme Ehud Olmert ha osservato che «Bush è contrario all´espansione degli insediamenti, non al fatto che quanto già esiste rimarrà parte di Israele».
In Israele continuano le proteste: ieri i coloni hanno bloccato gli accessi a 167 scuole legandosi con manette e lucchetti ai cancelli e impendendo l´ingresso a studenti e professori. Per gli israeliani è difficile capire e accettare i cambiamenti in atto nella politica mediorientale della Casa Bianca. Bush era sempre stato intransigente con Arafat, considerandolo un ostacolo per la pace, rifiutandosi di stringergli la mano e, in attesa della sua morte, dando un sostegno quasi incondizionato a Sharon. Ma la morte di Arafat e l´elezione di Abu Mazen hanno cambiato lo scenario e imposto alla casa Bianca un cambiamento tattico. Adesso Bush punta a un contributo costruttivo da parte di Abu Mazen e deve quindi assumere una posizione più equidistante tra palestinesi e israeliani.
Ieri, ad esempio, il segretario di stato Condoleezza Rice ha telefonato ad Abu Mazen per informarlo subito dei colloqui tra Bush e Sharon. Secondo un comunicato dell´autorità palestinese, la Rice ha riferito che Bush aveva chiesto a Sharon «di bloccare gli insediamenti e di coordinarsi con i palestinesi per il ritiro da Gaza».
L´avvertimento pubblico di Bush e la telefonata simbolica della Rice accentuano così la confusione nell´opinione pubblica israeliana. Non è un momento facile per il paese, come ha ricordato lo stesso Sharon parlando di «clima da guerra civile» e riferendo delle minacce di morte ricevute. Il ritiro da Gaza è osteggiato dalla destra, la diffidenza nei confronti del nuovo corso palestinese è generalizzata e l´allentamento dei rapporti con Washington è destinato ad avere contraccolpi psicologici oltre che politici.
D´altra parte, anche per Abu Mazen non sono giorni facili. A dispetto dell´imminente visita rompighiaccio negli Stati Uniti, dove sarà ricevuto da Bush, il successore di Arafat deve ancora fare i conti con Hamas e le frange estremiste. Sharon lo incalza: «I palestinesi - ha detto ancora ieri - devono fermare il terrorismo». E le parole di lunedì di Bush sull´inevitabile annessione di alcune colonie israeliane nei territori occupati, hanno suscitato grande irritazione tra i palestinesi.
IL MANIFESTO pubblica in prima pagina un editoriale di Zvui Shuldiner "Il ranch delle menzogne".
Il corrispondente del quotidiano comunista vuole ripetere e gridare "finche anche i sordi e gli stupidi lo capiscano" che i territori dell'Autonomia palestinese sono ancora sotto occupazione israeliana.
E' per questo, ci assicura, che Abu Mazen, e di prima lui Arafat non sono riusciti a combattere efficacemente il terrorismo.
E' per questo che i terroristi segnalati da Israele non vengono arrestati, che l'incitamento alla violenza non viene sospeso mentre... i "collaborazionisti" vengono arrestati e condannati a morte e eni territori agiscono 17 servizi di sicurezza armati.
Sull'incitamento, per altro Shuldiner spende parole pittusto rare sul giornale sul quale scrive. "E' vero", ammette, "si pubblicano cose anti-israeliane e anti-semite sui giornali e nella televisione palestinese", per ricordare però subito dopo "Ma anche in Israele non si contano le pubblicazioni di tipo fascista, razzista, fondamentalista, contro Sharon e i «traditori», contro gli arabi e i musulmani in generale". Trascurando le esagerazioni (per Shuldiner tutti i coloni indistintamante sono criminali, come appare chiaro nel passo dell'articolo relativo all'avvelenamento di alcuni campi palestinesi) è strano che Shuldiner non colga una differenza: nell' Anp gli antisemiti parlano nella televisione di Stato, in Israele il primo nemico degli estremisti è il governo.
Una cosa è la libertà di espressione (democrazia ha detto Natan Sharansky, citato con scherno da Shuldiner, significa poter esprimer le prorie idee senza essere puniti ) garantita anche alle frange estreme, un'altra la propaganda di stato.
Ecco l'articolo:Lunedì il presidente Bush ha ricevuto cordialmente nel suo ranch del Texas un altro ranchero (israeliano) che qualche volta ha chiamato uomo di pace. Bush, il gladiatore vittorioso e quasi indiscusso, comincia a sentirsi sul collo il fiato di un Medio Oriente che non ha risposto come sperava alla sua crociata democratizzatrice. Il premier israeliano Sharon, dopo alcune vittorie parlamentari molto problematiche, è arrivato a Crawford per avere l'abbraccio americano prima di lanciarsi nel ritiro unilaterale da Gaza. Il nuovo Medio Oriente che sembrava fare capolino dopo la morte di Arafat, suscita oggi più dubbi che speranze. Sharon è arrivato mentre si sente ancora l'eco della raffica di bombe lanciate da gruppi palestinesi di Gaza contro gli insediamenti israeliani nella striscia.
Da Gerusalemme e perfino da dentro l'aereo di Sharon sono risuonate voci chiare e stridenti: quelle bombe e quei missili sono la prova evidente della debolezza di Abu Mazen, che non combatte davvero contro il terrorismo. L'Anp non ha distrutto tutti i focolai e il cuore del terrorismo e potrebbe collassare facilmente.
E questo vorrebbe dire che collasserebbe anche il fragile cessate il fuoco in vigore da tre mesi. Non tutti fruiscono di quel cessate il fuoco, per la verità. Prima dell'inizio del bombardamento sulle colonie a Gaza, tre ragazzi palestinesi di 13 e 15 anni sono stati ammazzati dall'esercito israeliano in circostanze sempre più oscure. Sono già 15 le vittime palestinesi della «lotta contro il terrorismo» condotta dalle forze israeliane. Per loro il bilancio della tregua degli ultimi mesi non è per nulla positivo.
In Europa e negli Stati uniti, e anche in Israele, la debolezza di Abu Mazen è un tema ricorrente. Come se si trattasse davvero di un'entità nazionale indipendente, con un suo esercito e una reale autonomia d'azione. E invece bisogna ripeterlo. Bisogna gridarlo finché anche i sordi o gli stupidi lo capiscano.
Capiscano che l'Autorità nazionale palestinese, con Arafat o con Abu Mazen, o domani con chiunque altro, si ritrova sotto il controllo assoluto delle forze d'occupazione israeliane. E l'unico partner sovrano e onnipotente nei territori occupati è il governo di Israele.
E' vero, Abu Mazen non ha distrutto l'infrastruttura del terrorismo. E' quella stessa infrastruttura che neanche le truppe israeliane sono riuscite a distruggere negli ultimi quattro anni. E' vero, si pubblicano cose anti-israeliane e anti-semite sui giornali e nella televisione palestinese. Ma anche in Israele non si contano le pubblicazioni di tipo fascista, razzista, fondamentalista, contro Sharon e i «traditori», contro gli arabi e i musulmani in generale. Alcuni rabbini scrivono verdetti e testi che dovrebbero riempire d'orgoglio e con cui dovrebbero identificarsi pienamente non pochi neo-nazisti. Loro sono del tutto estranei alla famosa democrazia israeliana di cui si vanta Nathan Sharanski.
Violazione degli accordi? Propongo una breve lettura del testo che segue. Sono estratti di un ordine pubblicato e diffuso in arabo ed ebreo, e la traduzione è mia. L'ordine, lanciato per le strade dall'esercito israeliano, l'hanno raccolto a Calandia, G'dira e Birnabala, tre villaggi della Cisgiordania, bambini e passanti. «Esercito israeliano. Ordine della confisca di immobili, 05/52/t. Facendo uso delle mie facoltà di comandante delle forze dell'esercito israeliano in Giudea e Samaria (la Cisgiordania occupata, ndr) e dato che ciò è richiesto dalle necessità militari, considerate le condizioni in materia di sicurezza che vigono nella regione, e al fine di prendere i provvedimenti necessari per impedire atti di terrorismo, ordino quanto segue: ... Dichiaro con la presente che gli immobili saranno confiscati per necessità militari... i proprietari potranno presentare domanda di indennizzo... potranno presentare ricorso nei prossimi sette giorni... Firmato il 22 - 03 - 2005 dal generale Yair Nave, comandante della regione».
E' la lotta contro il terrorismo, bellezza. E per questo gli israeliani confischeranno sempre più terre palestinesi e costruiranno altre strade d'apartheid. Le terre confiscate generalmente saranno usate per costruirvi strade non necessarie ai palestinesi ma che almeno serviranno a rendere la loro vita ancor più infernale di quanto non sia stata finora.
E' il gran cambio che avanza nella regione, bellezza. Abu Mazen e la sua debolezza. Le confische di terre lo aiuteranno senz'altro a rafforzare il suo potere. Quel 50% degli abitanti della Cisgiordania e quell'80% della striscia di Gaza che è senza lavoro guarderà certo con ammirazione alla sua democrazia.
Il gran cambio che avanza. Il comandante della regione, un generale religioso le cui simpatie per la destra sono note, è già entrato in simbiosi con i coloni della West Bank. Gli stessi coloni che non lasciano passare giorno senza esibirsi nelle loro scalmane.
Due sabati fa ho incontrato mia figlia che tornava desolata dal sud di Hebron. C'era andata con gli attivisti di Ta'ayush per raccogliere il veleno con cui alcuni coloni israeliani avevano «seminato» i campi palestinesi. Invece che picchiare gli attivisti italiani che accompagnano a scuola i bambini palestinesi, questa volta i coloni hanno pensato che la «medicina» da somministrare agli indigeni palestinesi doveva essere più forte: animali morti e raccolti impossibili, povertà e fame. Dopo aver disseminato il veleno, sarebbero saliti sugli autobus diretti a Gerusalemme per dimostrare contro il ritiro unilaterale inalberando cartelli e gridando slogan in cui si parlava del trionfo dell'amore, l'amore per la terra d'Israele, l'amore e l'unità fra gli israeliani.
Son le violazioni degli accordi da parte dei palestinesi, bellezza. Che hanno anche la sfrontatezza di lamentarsi perché il governo e i coloni israeliani continuano incessantemente a mangiarsi le terre. Ogni giorno, ogni ora va avanti la costruzione di nuove case negli insediamenti «illegali», pagate con denaro statale legale. Non è facile distruggere case illegali, dice l'esercito. Dipende. Il sottosegretario alla difesa rispondendo a un'interrogazione alla Knesset ha confermato che l'esercito ha potuto abbattere 362 case illegali nel corso dell'ultimo anno. Solo che erano case di palestinesi. Che non hanno alcuna possibilità di ottenere permessi di costruzione legali.
Lei, Mr. Bush, deve considerare le necessità della crescita vegetativa degli israeliani nelle colonie. Necessità che non esistono fra i palestinesi per cui è impossibile ottenere alcun permesso «legale».
Questa volta Bush sembra sia stato un po' più energico di fronte a Sharon e gli abbia detto chiaramente che gli Stati uniti si oppongono a che Israele continui a costruire case su case nelle colonie. Ma allo stesso tempo gli ha confermato la necessità di tenere in conto i «cambiamenti avvenuti sul terreno» in vista dei futuri accordi.
Sharon ha ripetuto a sua volta di riconoscere la road map e di accettare un futuro stato palestinese. Ma ha anche confermato che Israele dovrà per forza continuare a costruire nelle colonie secondo le sue necessità.
Nel ranch, Sharon ha avuto quell'abbraccio, sia pur meno caldo che in passato, di cui aveva bisogno nella sua campagna verso il ritiro unilaterale da Gaza. L'abbandono di ogni colonia israeliana sarà un passo positivo. Ma sfortunatamente il risultato più immediato sarà una grande prigione per 1.4 milioni di palestinesi. L'illusione della pace non può nascondere la realtà della situazione: il piano «di pace» così com'è porta solo a dei bantustan senza risorse e sotto completo controllo israeliano mentre le privazioni e la violenza dell'occupazione continueranno a essere parte integrante dell'inferno quotidiano per tre milioni di palestinesi.
E' la debolezza di Abu Mazen, è il nuovo Medio Oriente che avanza, è la democrazia, bellezza.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla direzione de La Repubblica e Il Manifesto. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita. rubrica.lettere@repubblica.it ; redazione@ilmanifesto.it