Cronache del vertice tra Bush e Sharon
rassegna di quotidiani
Testata:
Data: 12/04/2005
Pagina: 8
Autore: Alberto Flores d'Arcais - umberto De Giovannangeli - Lorenzo Bianchi -un giornalista
Titolo: S'incrina l'asse tra Bush e Sharon - Sharon: Israele rischia la guerra civile - Bush a Sharon, sorrisi a
I quotidiani di martedì 12 aprile 2005 dedicano molto spazio al vertice tra George W. Bush e Ariel Sharon.
IL FOGLIO pubblica in prima pagina "Bush non preme più di tanto su Sharon perchè il raìs Abu Mazen è debole", che segnala in modo puntuale uno dei temi del vertice, trascurato dalla maggior parte dei quotidiani, le debolezze del governo di Abu Mazen e la sua incapacità di contrastare efficacemente il terrorismo.
LA STAMPA pubblica a pagina 11 l'artcolo di Maurizio Molinari "Bush a Sharon: stop alle nuove colonie, ma le vecchie restano", che riporta le parole del premier israeliano Sharon su Maale Adumin.
Da esse emerge che l'ampliamento della città non verrà comunque attuato in tempi brevi: "si tratta di una materia sulla quale bisognerà lavorare per anni e ci saranno altre occasioni per discuterne con gli americani".
Corretto anche l'articolo di di Marco Valsania sul SOLE 24 ORE. L'articolo, al di là sui dissensi sul futuro di Maale Adumin coglie aspetti più immediati del vertice, sintetizzati nel titolo: "Sharon rispetterà la Road Map", con lo smantellamento degli insediamenti illegali.

Veniamo ora alle critiche. Su LA REPUBBLICA, a pagina 8, l'articolo di Alberto Flores d'Arcais esagera la portata del dissenso tra Bush e Sharon. Chiave interpretativa evidenziata fin dal titolo "S'incrina l'asse tra Bush e Sharon".
Ecco il testo dell'articolo:

Maale Adumim è il nome di un grosso insediamento israeliano alle porte di Gerusalemme, ma da ieri è anche un motivo di contrasto tra George W. Bush e Ariel Sharon. Nella sua decima visita negli Stati Uniti (da quando è diventato primo ministro), per la prima volta Sharon ha messo piede ieri nel ranch presidenziale di Crawford, in Texas (anche se ha dormito all´Hilton della vicina Waco), un onore che la Casa Bianca riserva solo agli alleati e agli amici più cari. I colloqui però non sono andati così bene come alla vigilia tutti speravano, e la stessa radio israeliana lo ha fatto sapere attraverso il suo corrispondente da Washington: «Per la prima volta nelle relazioni tra Bush e Sharon ci troviamo davanti a un Bush diverso, meno amichevole, ed è possibile che stiano emergendo dei contrasti».
Il presidente americano aveva promesso che avrebbe chiesto a Sharon di non procedere nella costruzione di nuove case a Maale Adumim, e ha mantenuto la promessa; sia nei colloqui riservati che nelle dichiarazioni pubbliche fatte durante il rituale incontro con i giornalisti avvenuto dopo l´incontro: «Ho chiesto al primo ministro di non intraprendere alcuna attività che violi la Road Map o che pregiudichi l´esito dei negoziati per l´assetto definitivo».
Sharon non ha dato alcuna assicurazione, anzi ha praticamente opposto un rifiuto. Il piano per ingrandire Maale Adumim con circa 3.500 nuove abitazioni è considerato vitale per Israele, perché in questo modo l´insediamento diventerebbe parte integrante di Gerusalemme, un vero e proprio quartiere della capitale israeliana. «I maggiori centri abitati dagli israeliani in Giudea e Samaria - ha detto il premier israeliano - rimarranno nelle mani di Israele nel quadro di qualsiasi accordo, con tutte le relative conseguenze. Siamo molto interessati nell´avere contiguità territoriale tra Maaleh Adumim e Gerusalemme. E in ogni caso la questione richiederà diversi anni e si avranno altre occasioni per discuterla con gli americani».
Per lo stesso e opposto motivo, i palestinesi non ne vogliono proprio sentire parlare. Se il progetto venisse portato a termine verrebbe di fatto bloccato l´accesso a Gerusalemme ai palestinesi che abitano nella zona; e di Gerusalemme Est i palestinesi vogliono fare la capitale del loro futuro Stato.
Scontro su Maale Adumim a parte, Sharon ha peró incassato dalla Casa Bianca il massimo appoggio nella sua «coraggiosa iniziativa» di ritiro da Gaza; oltre a una frase («nuove realtà sul terreno rendono irrealistico aspettarsi che i risultati di un accordo finale possano essere un pieno e completo ritorno alla linea dell´armistizio del 1949») che dovrebbe servire a tranquillizzare - «anche se gli Stati Uniti non intendono influenzare l´esito delle trattative sull´assetto definitivo, bisogna che in qualsiasi trattativa si tenga conto di quelle modifiche territoriali, fra cui gli attuali centri abitati importanti israeliani», ha chiarito - quell´opinione pubblica israeliana che si sta scontrando, come ha detto lo stesso Sharon, in un «clima da guerra civile». La frase, ovviamente, non è piaciuta ai palestinesi: che per bocca del consigliere di Abu Mazen, Nabil Abu Rudeina, protestano, e sostengono che in questa fase «non c´è alcun bisogno di legittimare l´attività negli insediamenti».
Sharon ha da parte sua accontentato la Casa Bianca sugli insediamenti illegali: «Voglio ribadire che Israele è una società che vive secondo la legge, uno Stato di diritto. Pertanto io manterrò l´impegno preso con lei, signor presidente, di sgomberare gli avamposti e gli insediamenti non autorizzati. Israele, inoltre, adempirà a tutti gli obblighi contemplati dalla Road Map».
Ma a Bush il premier israeliano ha sottolineato come siano i palestinesi a non rispettare i patti, come Abu Mazen sia incapace di fermare la violenza e come il suo governo rischi di cadere.
Prima dell´incontro con Sharon, Bush aveva parlato al telefono con il premier palestinese Abu Ala, che gli aveva chiesto espressamente di premere su Sharon perché abbandoni ogni progetto «di ingrandire Maale Adumim, di annettersi Gerusalemme Est e di costruire un muro».
Il prossimo ospite mediorientale nel ranch di Crafword sarà il principe ereditario saudita Abdullah, il 25 aprile. Poi a maggio, se le cose andranno per il meglio, il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) dovrebbe essere ricevuto alla Casa Bianca.
L'UNITA' pubblica a pagina 11 la cronaca di Umberto De Giovannangeli. Si segnala un titolo,"Sharon: Israele rischia la guerra civile" ,che enfatizza le tensioni interne in Israele e non sintetizza i contenuti dell'articolo, molto più vari.
IL GIORNO pubblica a pagina 4 un editoriale di Lorenzo Bianchi, "Bush a Sharon, sorrisi a "muso duro" ".
In esso non soltanto viene enfatizzato il contrasto tra Stati Uniti e Israele, ma si presentano le azioni israeliane come l'unico grave pericolo per il mantenimento della "calma" decisa a Sharm el Sheik e come il principale ostacolo alla pace. Infatti, scrive Bianchi:

l'uccisione di tre ragazzini arabi nella zona di Rafah, il sud della striscia di Gaza, è stata il detonatore. Gli integralisti di Hamas hanno risposto con una pioggia di proiettili di mortaio e di razzi Kassam contro le colonie ebraiche del Gush Katif, come se aspettassero con ansia un pretesto per rompere le righe
Naturalmente non si fa cenno alla tesi israeliana del convolgimento dei ragazzi uccisi nel contrabbando di arami dall'Egitto, nè ai lanci di razzi qassam e alle altre violenze che hanno preceduto i fatti di Rafah.

L'epansione di Maale Adumin è un altro attentato di Israele alla pace:

La colata di cemento non può essere come fisiologica espansione dovuta a un trende demografico. Il tempo delle furbizie è finito.
Bianchi può dunque dimostrare che l'espansione degli insediamenti non è mai riconducibile alla "fisiologica espansione dovuta al trend demografico"?

Infine, un attentato alla pace è la pretesa di Israele che l'Iran, uno stato che apertamente vuole distruggerla, si doti di armi nucleari.
Per chiudere IL MANIFESTO, che da notizia dei risultati del vertice a modo suo: "Sharon a Bush: sulle colonie decidiamo noi israeliani", recita il titolo.
L'articolo, coerente con la sua presentazione, suggerisce falsamente, e assurdamente, dato che esso avverrebbe in direzione di Gerusalemme, che l'ampliamanto di Maale Adumin taglierebbe in due tronconi la Cisgiordania.

Ecco l'articolo:

Nelle ultime settimane l'amministrazione statunitense si era mostrata «preoccupata» per l'espansione delle colonie ebraiche in Cisgiordania e aveva comunicato al governo israeliano la propria inquietudine per un'attività che va in direzione opposta alla ricerca della pace con i palestinesi. Ieri il premier israeliano Sharon è andato a far visita all'amico George W. Bush nel suo ranch di Crawford (Texas) e ha messo le cose in chiaro con l'alleato americano. «I blocchi d'insediamenti rimarranno in mano israeliana in qualsiasi accordo sullo status finale, non importa quali ripercussioni ciò possa implicare», ha dichiarato Sharon nella conferenza stampa alla fine dell'incontro. Del resto, capovolgendo la tradizionale impostazione politica Usa, lo stesso inquilino della Casa Bianca il 14 aprile dell'anno scorso aveva definito «irrealistica» l'ipotesi che Israele possa ritirarsi oltre i confini dei Territori occupati nel 1967 e che smantelli gli insediamenti (illegali per il diritto internazionale) dalla Cisgiordania. Ieri Bush ha ribadito questa «svolta» Usa. Ma Sharon ha provato anche a riscuotere il credito maturato per il ritiro di 21 colonie da Gaza e quattro dal nord della West Bank, previsto per il luglio prossimo. «Siamo molto interessati ad ottenere la continuità territoriale tra Ma'aleh Adumim e Gerusalemme, anche se la questione richiederà anni e dovremo ridiscuterne altre volte con gli americani» ha rilanciato Sharon. Unire Ma'aleh Adumim (28.000 abitanti a una quindicina di chilometri a est dalla Città santa) significherebbe creare un cuneo nella parte meridionale della Cisgiordania e formare il terzo «cantone» del progetto Sharon (il primo va dal nord dei Territori alla colonia di Ariel e il secondo da quest'ultima a Gerusalemme. Se attuato questo progetto renderebbe ridicolo il solo parlare di uno stato palestinese. Bush, preoccupato per la situazione in Medio Oriente, ha chiesto a Sharon sia privatamente che pubblicamente di non ampliare Ma'aleh Adumim: «Ho chiesto al premier di non intraprendere alcuna attività che vada contro la road map o che pregiudichi le trattative sullo status finale». Sharon gli ha risposto a modo suo.
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