Accordo raggiunto: Jalal Talabani sarà il presidente dell'Iraq democratico
tra due settimane la nomina del governo
Testata:
Data: 06/04/2005
Pagina: 25
Autore: Michele Farina
Titolo: L'Iraq sceglie il presidente: il curdo Talabani
Il CORRIERE DELLA SERA di mercoledì 6 aprile 2005 pubblica un articolo di Michele Farina sull'accordo raggiunto sulla nomina del curdo Jalal Talabani a presidente dell'Iraq.

Ecco il testo:

Nella sua cella di tre metri per quattro, dove da oltre quindici mesi vive in isolamento leggendo il Corano e bagnando un'esile palma tormentata, anche Saddam Hussein questa mattina assisterà all'elezione del nuovo presidente iracheno. Non si sa bene se in diretta o in differita, l'ex dittatore vedrà un vecchio nemico giurare come suo successore, vedrà un curdo di 73 anni, Jalal Talabani, acclamato leader nella « sua » Bagdad. Le guardie americane che lo sorvegliano a Camp Cropper vicino all'aeroporto, ragazzi di Puerto Rico scelti apposta perché tra loro possano parlare più in spagnolo che nell'inglese che il Rais un poco mastica, gli metteranno un televisore accanto alla branda.
Non ha potuto votare, l'imputato Saddam in perenne attesa di processo. Ma, se vuole, questa mattina potrà vedere le immagini che arriveranno dal suo ex Palazzo delle Conferenze, oggi sede dell'Assemblea Nazionale. Potrà assistere alla quarta seduta dei 275 delegati eletti il 30 gennaio. Lo ha detto ieri Rowsch Nouri Shaways, vice presidente ad interim. Salvo imprevisti, oggi le autorità del nuovo Iraq si scrolleranno di dosso quell'espressione, ad interim, e faranno un altro faticoso passo verso la normalità.
A due mesi dalle elezioni, finalmente un accordo che sblocca l'impasse tra sciiti, curdi e sunniti. Niente di ufficiale, ma il puzzle delle nomine, i faticosi incastri del sistema proporzionale e del Cencelli Iraqi style sembrano composti. Lo dicevano ieri in serata alle agenzie di stampa internazionali fonti dei vari partiti.
La carica di presidente andrà a Jalal Talabani, 73 anni, leader dell'Unione Patriottica del Kurdistan. Lo chiama no Mam Jalal, lo zio. Vicepresidenti saranno il sunnita Ghazi Al Yawer, ex presidente ad interim, e lo sciita Adel Abdul Mahdi, ex ministro delle finanze, già in corsa per il posto di premier. Volti nuovi già un po' invecchiati. Due ex e una vecchia volpe, Zio Jalal, laurea in legge a Bagdad, sig n o r e d e l K u r d i s t a n sud orientale capace di venire a patti, in passato, con la dittatura pur di contrastare i rivali curdi. Uno Zio amico degli americani ma anche dell'Iran, dove trovò rifugio dopo l'offensiva di Saddam Hussein nell' 88. Certo è una carica priva di poteri reali, la sua, ma basta mettersi nei panni dello spettatore Saddam per coglierne il valore simbolico, la rottura con il passato. Chi poteva immaginare, un decennio fa, che un curdo, « un fratello minore » del Nord, avreb be occupato la poltrona del Saladino di Tikrit? Braccati nei loro villaggi dai gas mortali della Guardia Nazionale, i curdi oggi scendono a Bagdad ad abbeverare i loro ca valli nel Tigri, a prendere posto nei palazzi dei loro aguzzini. E' un po' come se il kosovaro Rugova avesse preso il posto di Milosevic a Belgrado.
Due mesi di trattative, di ve ti incrociati e di rotture. Come si è sbloccata la situazione? Una settimana fa Talabani è sceso a Najaf per parlare con il grande ayatollah Al Sistani, regista dell'Alleanza sciita che ha ottenuto 140 seggi alle elezioni. Non si sa cosa si siano detti lo Zio e « il papa » sciita, ma a pochi giorni da quell'incontro si è arrivati all'accordo. I curdi ( secondi alle elezioni con 75 seggi) hanno rinunciato alle loro mire sul ministero del petrolio, gli sciiti hanno accettato di tenere la porta socchiusa sulle aspirazioni altrui sulla città e i pozzi petroliferi di Kirkuk.
Certo rimane aperta la partita ( e la ferita) della Costituzione, la nuova Carta definitiva che in teoria dovrebbe essere approvata entro il 15 agosto dall'Assemblea, prima di essere sottoposta a referendum popolare. Rimane la frat tura. Da una parte la minoranza curda ( il 20% dei 24 milioni di iracheni), che preme per conservare quell'autonomia di cui gode di fatto dal ' 91, dopo la prima guerra del Golfo, sotto la protezione dei caccia alleati. Autonomia e federalismo che l'Alleanza degli sciiti ( il 60% della popolazione) vorrebbero annacquare.
I giochi veri sono forse rinviati, ma intanto questa mattina ci dovrebbe essere il via libera al nuovo governo. Alla buon'ora. Il sì sulla troika di presidenza apre la strada alla nomina del premier. Talabani e i suoi vice avranno due settimane di tempo per affidare l'incarico. Anche qui i giochi sembrano fatti. A condurre il primo governo democratico iracheno, che non è più ad interim ma sarà comunque pro tempore, sarà come da lungo tempo annunciato il tranquillo Ibrahim Al Jaafari, leader del partito Dawa, medico sciita che ha vissuto per anni in esilio in Iran e a Londra.
Appena nato, il governo si troverà già in affanno. E' probabile che la scadenza del 15 agosto per la stesura della Costituzione venga posticipata.
Fuori dalla Green Zone dove questa mattina i deputati applaudiranno Zio Talabani, l'Iraq non è cambiato. Oggi, a dar retta alle statistiche, almeno un iracheno verrà rapito. Mentre ieri sono stati liberati i tre giornalisti romeni ( pare che il loro sequestro sia stato un bluff organizzato dallo stesso mediatore che aveva pagato il loro viaggio in Iraq).
Quattro soldati americani sono morti in battaglia, a Bassora ci sono stati attacchi contro la polizia. La tv Al Iraqiya manda in onda il reality con le confessioni ( e i pestaggi) dei guerriglieri prigionieri. E' la trasmissione più seguita.
Chissà se oggi la diretta dal parlamento farà record di audience.
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