La sinistra italiana va a Gerusalemme, Tsahal studia regole contro la discriminazione delle donne
due cronache
Testata: Corriere della Sera
Data: 06/04/2005
Pagina: 24
Autore: Maurizio Caprara - Davide Frattini
Titolo: Fassino, Prodi, Veltroni pronti a visitare l'ex
Il CORRIERE DELLA SERA di mercoledì 6 aprile 2005 pubblica un articolo di Maurizio Caprara sulle previste visite dei dirigenti della sinistra italiana a Gerusalemme, in concidenza con un mutamento dei giudizi circa l'operato del governo Sharon.

Speriamo che mutino anche i giudizi sui gruppi terroristici. Che Romano Prodi si sia convinto che Hamas non deve essere finanziata dall'Unione Europea, nonostante le sue attività "assistenziali". E che tutti riconoscano che l'Anp non può ricevere sostegno e aiuti internazionali se non combatte il terrorismo.

Ecco l'articolo:

Descritto per anni a sinistra come « il macellaio di Sabra e Chatila » , anche se nel 1982 il massacro dei palestinesi fu compiuto dai falangisti libanesi, ai quali non impedì l'ingresso ai due campi profughi, Ariel Sharon sta per diventare la meta di una mezza processione progressista.
Richieste di incontrare il primo ministro israeliano sono state avanzate sia dal segretario dei Ds Piero Fassino sia dal sindaco di Roma, ed ex segretario di Botteghe Oscure, Walter Veltroni.
Entrambi dovrebbero andare a Gerusalemme in maggio. Intenzionato a visitare Israele è anche il candidato presidente del Consiglio del centrosinistra, Romano Prodi.
Salvo imprevisti, Prodi ne parlerà oggi con l'ambasciatore di Israele, Ehud Gol. Come negli altri casi, si sta esaminando la possibilità di un appuntamento con il primo ministro del Likud, l'ex generale di destra che sta assumendo di fatto quasi una collocazione di centro, nel proprio Paese, dopo che il suo piano di ritiro da Gaza ha scosso gli schieramenti politici abituali.
Era l'uomo del « Muro » , il falco, uno dei nemici della pace secondo gran parte della sinistra, e perché no, anche del centro sinistra, italiani, il duro Sharon. In verità, né Fassino né Veltroni né Prodi, negli ultimi anni gli hanno riservato atteggiamenti di disprezzo, malgrado le critiche. L'attuale segretario dei Ds, per esempio, lo conosce già: incontrò Sharon a Roma nel novembre del 2003. E fu Fassino, nel 1991, dopo due mesi dalla nascita del Partito democratico della sinistra, a portare Achille Occhetto da un altro leader del Likud, il premier di allora Yitzhak Shamir.
Per Veltroni, che sarà in Israele e nei Territori dal 21 al 24 maggio in un viaggio diverso da quello di Fassino, il colloquio con Sharon sarebbe il primo. L'appuntamento potrebbe essere fissato tra altri due impegni del sindaco: il ritiro di un premio all'università di Tel Aviv e la presentazione, a Ranana e Kalkilia, di un cartone animato sulla pace prodotto in Italia su sceneggiatura di studenti israeliani e palestinesi.
La novità non sta nella disponibilità di Fassino, Veltroni e Prodi a dialogare con varie componenti di Israele, compresa la destra.
Sta nel considerare superabili le resistenze di propri alleati, nel cercare questi contatti contemporaneamente, quasi ciascuno all'insaputa dell'altro. Sta nell'aver chiesto udienza a Sharon prima della vittoria dell'Unione nelle regionali e durante un cambio di stagione in Medio Oriente. Fassino, Veltroni e Prodi, si preparano ad andare negli stessi viaggi da Mahmud Abbas, il presidente palestinese. Ma il contesto non sarà lo stesso di quando si portava solidarietà a Yasser Arafat. Oltre a una tappa in Siria, Fassino vuole farne una a Beirut « per vedere le novità in Libano » .
« Sì, ho chiesto di incontrare Sharon. Perché ha compiuto due scelte importanti: formare un governo di unità nazionale in funzione del processo di pace passando dalla decisione, non semplice, del ritiro da Gaza e dai Territori occupati » , dice Fassino al Corriere .
« Con l'elezione di Abbas e il governo Sharon Peres si è aperta una fase nuova nella quale è necessario che ciascuno faccia la propria parte, anche noi, per sostenere la finestra di opportunità che si apre » , fa presente il segretario dei Ds.
« La mia posizione è sempre stata netta: lì non si confrontano un torto e una ragione, ma due ragioni: quella del popolo ebraico a vivere nel suo Stato senza paura e quella del popolo palestinese nel volere un proprio Stato indipendente. Se 15 anni fa era un posizione difficile e isolata, oggi nella sinistra riformista è prevalente » , afferma Fassino.
L'ultima è una valutazione che trova riscontro da parte dell'ambasciatore Gol. « Sono soddisfatto dei nostri rapporti. Con Fassino, Prodi, Rutelli ci sentiamo spesso. La sinistra moderata è amica degli arabi e vuole relazioni cordiali con Israele. Anche Fausto Bertinotti ha fatto dichiarazioni molto positive, mentre non dico lo stesso per Oliviero Diliberto » , osserva Gol. Tra domani e dopodomani, e non è un caso, Fassino e Rutelli incontreranno a Roma Silvan Shalom, il ministro degli Esteri d'Israele che sarà ricevuto da Gianfranco Fini.
Di Davide Frattini è l'articolo "Le soldatesse non servano il caffè" sulle accuse di sessismo rivolte all'esercito israeliano.
L'articolo è equilibrato e completo e riporta opinioni diverse sulla questione.
Nel sottotitolo viene citato un "libro-denuncia", senza specificare che si tratta di un romanzo.

Ecco il testo:

TEL AVIV — Che preparare un buon caffé possa aiutare a vincere una guerra viene adesso messo in dubbio anche da una commissione delle forze armate. E per quelle israeliane che spendono i 21 mesi di servizio militare obbligatorio tra le incombenze d'ufficio, è una vittoria morale quanto la decisione sul caso Alice Miller, quando dieci anni fa la Corte Suprema aprì la strada alle donne pilota di caccia o elicotteri. Il dossier ha raccolto le recriminazioni delle soldatesse — la maggior parte dice di sentirsi depressa per i compiti da svolgere — ed è stato presentato a Dvora Hasid, consigliere del capo di Stato maggiore per le questioni femminili: la commissione ha proposto un regolamento che impedisca agli ufficiali di farsi servire il caffé.
Ma le pagine che vengono più lette in questi giorni nelle caserme e nelle basi sono le 198 scritte da Michal Zamir. Perché il libro racconta la storia — inventata — di una segretaria in divisa e dei suoi due anni di umiliazioni in una accademia — reale — vicino a Tel Aviv. E perché Michal è figlia di un ex capo del Mossad ( Zvi Zamir ha guidato i servizi segreti tra il 1968 e il 1974) ed è come se l'attacco all'esercito arrivasse dall'interno. « L'eroina di La nave delle ragazz e — spiega la scrittrice, 41 anni, in un caffè di Tel Aviv — non ha un nome. Né bella né brutta, né grassa né magra, rappresenta tutte le impiegate delle forze armate ( la base è quella dove io ho fatto il militare) che passano due anni sentendosi invisibili ( nessun ufficiale ti bada se non sei carina) e che in questo Paese non sono considerate un problema. Non fanno parte del dibattito come i nuovi immigrati, la seconda generazione dell'Olocausto o il conflitto con i palestinesi. Bisogna parlarne » .
I giornali tendono ad occuparsi delle soldatesse — dice — se emergono i casi di molestie sessuali ( 17 tra ufficiali e soldati sono stati cacciati nel 2004 per abusi). O perché un'altra donna viene nominata portavoce delle forze armate: il colonnello Miri Regev sostituirà da giugno il generale Ruth Yaron e sarà lei a gui dare i rapporti con la stampa durante il ritiro da Gaza. « Quello che non viene mai raccontato — continua — è il tempo buttato via, le difficoltà in un mondo di crudeltà maschili. Le ferite psicologiche » . Michal — due matrimoni, una figlia di 7 anni, i capelli indisciplinati di una femminista anni Settanta e lo stile di chi è cresciuto tra le famiglie che pesano in Israele — è nata e vive nel quartiere di Zahala a Tel Aviv, abitato soprattutto da militari di carriera. « Mio padre ha letto il libro e mi ha detto che è molto coraggioso. Sostiene che è giusto far emergere questo problema perché nell'esercito se ne discuta.
Ma io non penso che le cose possano cambiare » . Invece Ba'Mahane , la rivista delle forze armate, le ha fatto una lunga intervi sta e i giornali più diffusi l'hanno recensita. Le critiche sono arrivate da sinistra. Il quotidiano liberal Haaretz ha definito La nave delle ragazze « audace » , ma costruito « con troppi stereotipi sulla nostra società » : « Alla fine gli unici personaggi che sembrano incoraggiare all'ottimismo hanno caratteristiche non israeliane » .
Quando l' 8 marzo Moshe Yaalon, capo di Stato maggiore, ha celebrato le donne in divisa, ha garantito che « entrambi i sessi hanno il diritto a prestare servizio in un ambiente che li accolga » e ha sottolineato che ogni anno nuovi incarichi vengono consentiti alle militari: oggi l' 88% degli impieghi sono aperti alle donne contro il 73% nel 1995. Allora nessuna faceva parte di unità combattenti, mentre adesso è il 2,5%. Sono queste cifre che lo storico militare Michael Oren snocciola per dimostrare quanto la condizione femminile sia migliorata. Oren è un americano energico, che viene dal movimento giovanile di sinistra Hashomer Hatzair ed è stato consigliere di Yitzhak Rabin. Saltel la come una recluta su per le scale dello Shalem Center di Gerusalemme, pensatoio sponsorizzato dai conservatori americani, mentre difende l'idea della ferma obbligatoria per tutti: « Il nostro modello ha funzionato non solo per proteggere questo Paese, ma ha anche permesso di assorbire gli immigrati, di diffondere i valori sionisti e di dare forza all'identità dello Stato. L'esperienza militare consente agli israeliani e alle israeliane di essere più competenti nelle critiche alle decisioni dei leader. Allo stesso tempo un esercito di cittadini serve a umanizzare e democratizzare la cultura delle forze armate » .
Racconta di sua figlia, da otto mesi sotto le armi: « Nessuna lavora in ufficio, a meno che non lo voglia. Certo dipende dai risultati che ottieni nei test fisici e psicologici.
Dopo questo primo periodo, mia figlia, 19 anni, è già maturata. Non credo che l'università dia la possibilità di crescere quanto il militare. E' nell'esercito che capisci come si forma una società più coesa »
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla direzione del Corriere della Sera. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.
lettere@corriere.it