La stabilizzazione del Medio Oriente passa dal Libano
dalla sicurezza per Israele e dall'affermazione della democrazia
Testata:
Data: 23/03/2005
Pagina: 5
Autore: Giacomo Nardone
Titolo: Sulle spiagge libanesi
IL DENARO di mercoledì 23 marzo 2005 pubblica un' approfondita analisi di Giacomo Nardone sulle proteste di piazza in Libano e sul quadro politico mediorientale, che riportiamo:
Beirut è una di quelle scene che nel ricordo di molti rimane una città
moderna distrutta dalla guerra, con le immagini televisive di uno
scempio ancora non conosciuto da chi non aveva vissuto in prima
persona la seconda mondiale diversa dall'agricolo Vietnam, che si
intrecciava con uno dei primi significativi interventi italiani in una
forza multinazionale di pace. Interessandosi del Libano si può
scoprire la storia di un paese capace di attrarre il turismo
internazionale, su cui andavano concentrandosi importanti investimenti
internazionali. Oggi è uno dei paesi lontani, del medioriente,
devastato dalla furia con cui pochi estremisti ben armati professano
una distruzione dello stato di Israele. Come ha ribadito,
anacronisticamente, Abdel-Majid Ammar, membro del Consiglio Centrale
degli Hizbollah a Next, rubrica di Rainews24, andato in onda l'8 marzo
2005. Quel Libano in cui si potrebbe portare democrazia e libertà
grazie alla discesa in piazza di tutte le componenti religiose del
paese, ad eccezione degli sciti che pongono la guerra ad Israele come
punto primario della loro politica. Questo mentre una risoluzione
dell'Onu, la 1559, sta costringendo la Siria a ritirare le truppe che
occupano da decenni il paese dei cedri. Risoluzione che impone però
anche il disarmo degli Hezbollah, rappresentanti di una netta
minoranza, come hanno dimostrato le coraggiose iniziative popolari
scatenate dall'attentato terrorista che ha stroncato la vita
dell'ex-premier e magnate Hariri. E' interessante l'analisi del
comandante Andrea Tani, pubblicata in "Pagine di Difesa" del 14 marzo
scorso, secondo la quale alla Siria non conviene mantenere una
posizione che provocherebbe la erogazione di sanzioni economiche
internazionali, con effetti devastanti per la sua economia. Così come
per gli Hezbollah rimane aperta la via del disarmo come strada per
continuare a partecipare alla vita politica dl paese, via obbligata,
insieme alla necessità di una piena collaborazione con la creazione di
stabilità nel paese. Fattori che renderebbero più serena Israele, che
dovrebbe poi occuparsi, insieme agli alleati, della questione
iraniana. E' l'Iran che determina la maggior parte di appoggi
finanziari e strategici al terrorismo che minaccia oggi l'occidente,
il regime che lo governa, nonostante ampie fasce di popolazione
sappiano significativamente imporre il palese desiderio di una
maggiore democrazia, pur nelle regole dell'Islam. Se si coglie una
sorta di collaborazione dell'intelligence siriana di Assad con
l'esigenze occidentali, dietro la facciata intransigente e
militarista, si può affermare che si è vicini ad una risoluzione
strutturale della questione mediorientale. Almeno ad un suo avvio, che
passa però per la messa in sicurezza di Israele, anche dal terrorismo,
e per il riconoscimento dei diritti civili e dei valori della
democrazia. Sperando che mai si debba arrivare ad imporli
manu-militari, provocando solo ulteriori lutti nelle famiglie dei
paesi del mondo. Pericolo che corriamo di più ora che lentamente
lasceremo anche noi l'Iraq, senza che si sia definita una sostituzione
dei militari dell'alleanza con una indispensabile forza
multinazionale, in cui l'Europa sappia esprimere una propria forte
valenza unitaria.
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