IL CORRIERE DELLA SERA di mercoledì 16 marzo 2005 pubblica una cronaca del vertice Mubarak-Assad, di Antonio Ferrari.
Il quale riferisce un episodio che dovrebbe dimostrare l'estraneità del presidente siriano all'omicidio di Rafik Hariri (quello del ministro degli Esteri siriano a pranzo con l'omologo spagnolo Moratinos, sconvolto dalla notizia dell'attentato) .
Si tratta invece soltanto di un aneddoto che, anche se confermato, non dimostrerebbe nulla.
Ecco l'articolo:Nel mondo arabo, il figlio di un amico ha due famiglie: la propria e quella acquisita, appunto grazie all'amicizia tra i genitori. Ecco perché c'è chi ha voluto vedere nell'improvvisa visita a Damasco del presidente egiziano Hosni Mubarak il gesto affettuoso di un padre nei confronti di un giovane « parente » in difficoltà, il suo omologo siriano Bashar, figlio di Hafez el Assad. Ma in politica, soprattutto quando il gioco si fa duro, non esistono sentimentalismi e il viaggio lampo ha piuttosto il sapore di un mutuo soccorso tra i due leader.
Bashar ha bisogno dell'aiuto di Mubarak per convincere gli arabi che si ritirerà completamente dal Libano e, magari, per passare un messaggio agli Stati Uniti; Mubarak ha bisogno di Bashar per compensare, con un successo d'immagine, le sue difficoltà interne, dopo la decisione di liberalizzare le elezioni presidenziali. Decisione che l'opposizione egiziana giudica insufficiente e cosmetica. Entrambi i capi di Stato hanno poi un urgente obiettivo: salvare il vertice arabo, che si aprirà martedì ad Algeri.
L'agenda del summit, fino a un mese fa, prima dell'assassinio di Rafik Hariri, non prevedeva neppure un capitolo sui difficili rapporti tra Siria e Libano. Che sono invece diventati l'assoluta priorità: che oscura l'Iraq, la Palestina del neopresidente Mahmoud Abbas, l'intenzione del re di Giordania di riproporre il riconoscimento definitivo di Israele in cambio del ritiro da tutti i territori occupati. Ora l'urgenza è disinnescare la crisi siro libanese ed evitare i rischi di un nuovo conflitto: ipotesi che fa tremare l'intero mondo arabo.
Mubarak, ieri, è arrivato a Damasco con il suo ministro degli Esteri Ahmed Aboul Gheit, ma soprattutto con il potente capo dell'intelligence Omar Suleyman. Proprio la presenza di quest'ultimo può indicare che, oltre la domanda alla Siria di annunciare in fretta la data definitiva del completo ritiro dei soldati e dei suoi servizi segreti dal Libano, vi sia dell'altro. Per esempio, valutare insieme le indiscrezioni, diffuse dall' Independent, che indicherebbero il coinvolgimento delle intelligence siriana e libanese nell'assassinio di Hariri. Secondo queste indiscrezioni, provenienti da Beirut, le prove sarebbero state raccolte da un team investigativo dell'Onu e il presidente Bush si appresterebbe a un durissimo discorso contro la Siria. Se le indiscrezioni fossero vere, vi sarebbe la conferma di una dura lotta di potere in seno al regime di Damasco. Prima dell'assassinio dell'ex premier libanese, i diplomatici di Bashar el Assad avevano infatti preparato un piano per rispettare la risoluzione dell'Onu 1559, che appunto impone di andarsene dal Libano, contando poi di ottenere, in calce alle risoluzioni del vertice di Algeri, il pieno sostegno della Lega Araba. Ma, il giorno dell'attentato, la strategia siriana è andata in fumo. Quel giorno, 14 febbraio, il ministro degli Esteri Farouk el Shara, assieme al suo vice Walid Mouallem, era a pranzo con una delegazione spagnola guidata dal suo omologo Miguel Moratinos. Alla prima notizia, l'attentato di Beirut, i commensali sono impalliditi. Venti minuti dopo, alla seconda notizia, la morte dell'ex premier libanese, lo sgomento Mouallem avrebbe esclamato: « Che immane tragedia! Tutto il lavoro diplomatico che abbiamo fatto non è servito a nulla » .
Tuttavia, in questo momento, i conflitti di potere sono stati accantonati e, almeno apparentemente, il regime pare compatto attorno al suo leader. I giornali siriani aprono con la notizia che « il premier libanese Omar Karame ha avviato le consultazioni per formare il governo » . Sulla grande manifestazione dell'opposizione, che si è svolta lunedì a Beirut, sia Al Thawra sia Baath ( il giornale del partito) si limitano a evidenziare l'intervento della sorella dell'ex premier assassinato, Bahia, così riassunto: « I fratelli non si separano... Saremo a fianco della Siria come lo era il martire Hariri » . Ieri, alcuni diplomatici di Damasco si interrogavano sul vuoto che si creerà in Libano dopo la partenza dei loro soldati, indicando come la principale fonte di preoccupazione sia il futuro dell'Hezbollah. Ma il presidente Bush, ricevendo re Abdallah di Giordania, ha attenuato questi timori, riconoscendo che gli sciiti del partito di Dio, pur accusati di terrorismo, potranno far parte del « processo politico libanese » .
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