Appaludono alle vittorie politiche di Hezbollah
e del regime siriano
Testata: Il Manifesto
Data: 10/03/2005
Pagina: 7
Autore: Michele Giorgio
Titolo: Rispunta Karame, filo-siriano
L'"eccezionale raduno di un milione di persone", vale a dire la manifestazione di Hezbollah a Beirut rialza le "azioni dei filo-siriani a Beirut".
Assad intanto "si concede un bagno di folla, affacciandosi alle finestre del suo palazzo".

Il MANIFESTO di giovedì 10 marzo 2005 racconta la piazza totalitaria a Beirut e a Damasco con toni di evidente soddisfazione e simpatia.
I manifestanti respingono le "ingerenze di Usa, Francia e Israele" e invocano quelle siriane.
Gli effetti dell'imponente manifestazione di forza si fanno subito sentire: Walid Jumblatt si dice contrario al disarmo di Hezbollah, e da "signore della guerra" (così il quotidiano comunista aveva preso a chiamarlo con la sua partecipazione all'opposizione all'occupazione siriana) ridiventa subito un esperto politico.

Intanto, il ritiro israeliano è dato per certo entro la fine di maggio (nonostante i diversi annunci precedenti, sempre smentiti). E'solo ai ritiri israeliani che il quotidiano comunista crede solo, forse, dopo che sono avvenuti.

Ecco l'articolo, di Michele Giorgio:

«Se Karame andrà di nuovo al potere torneremo a protestare sino a costringerlo a dare le dimissioni una seconda volta», assicurava ieri sera Michel Hadad, uno studente universitario, impegnato in piazza dei Martiri a Beirut a discutere con i suoi amici dell'incarico per la formazione del nuovo governo che il presidente Emile Lahud potrebbe affidare all'ex premier, costretto alle dimissioni a fine febbraio sull'onda delle manifestazioni popolari. La ricandidatura di Karame ora giunge su un'altra onda, quell'eccezionale raduno di un milione di persone che due giorni fa, su invito del leader di Hezbollah, sheikh Hassan Nasrallah, hanno espresso sostegno alla Siria, all'accordo di Taif del 1989 e detto di no alle ingerenze di Stati uniti, Francia e Israele nelle vicende interne libanesi. E' evidente che il riemergere del navigato politico sunnita filo-siriano, intorno al quale si è raccolta ieri una maggioranza sufficiente ad assicurargli la fiducia in parlamento, è il risultato del rafforzamento del fronte filo-siriano. Lahud, nel assegnare l'incarico a Karame, dovrà però tenere conto dell'appello alla formazione di un governo di unità nazionale lanciato da Nasrallah, che, al momento, resta l'unica possibilità sul tavolo per spostare la crisi dalle strade della capitale nelle sedi delle forze politiche chiamate a trovare un compromesso soddisfacente.

Non è un caso che a notare il cambiamento del vento sia stato il più esperto dei rappresentanti della opposizione: Walid Jumblatt. «Ringrazio veramente i militanti di Hezbollah perchè hanno sventolato bandiere libanesi. Abbiamo qualcosa in comune ed è per questo che dobbiamo avviare un dialogo», ha commentato Jumblatt, che alla testa di una delegazione dell'opposizione libanese, ha incontrato ieri a Bruxelles l'alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea Javier Solana. Jumblatt ha peraltro definito «rischiose» le clausole della risoluzione 1559 del Consiglio di sicurezza dell'Onu ¡ la bandiera dell'opposizione - in cui, oltre al ritiro delle truppe siriane dal Libano, si richiede il disarmo delle milizie di Hezbollah, che è stato - ha detto il leader druso - «uno dei pilastri dell'indipendenza libanese».

Mentre pronunciava queste parole, a Damasco il presidente siriano Bashar al-Assad si concedeva un bagno di folla, affacciandosi alle finestre del suo palazzo per rispondere al saluto di mezzo milione di manifestanti che inneggiavano al suo nome, al grido di «Dio, la Siria, Bashar», «Uno, uno, la Siria e il Libano non sono che uno».

«Il reincarico a Karame» ci ha detto Reinoud Leenders, un analista dell'ufficio di Beirut dell'International Crisis Group «rischia tuttavia d'imprimere un'ulteriore, brusca accelerazione alla crisi innescata in Libano dall'uccisione di Rafik Hariri, che nell'ottobre scorso si era dimesso in segno di protesta contro l'estensione del mandato di Lahud, appoggiata dalla Siria». Leenders ha aggiunto che, nonostante il mandato di Karame sia soltanto di due mesi, in pratica fino alle elezioni di maggio, le forze più estremiste dell'opposizione, legate ad Amin Gemayel, potrebbero tentare di aggravare la crisi allo scopo di mettere nell'angolo Lahud e la Siria.

Karame, se non ci saranno sorprese, proverà a formare un governo con l'obiettivo di varare una nuova legge elettorale per le consultazioni previste a maggio e di definire con Damasco la «fase due» del ripiegamento delle truppe siriane in Libano (che, iniziato ieri mattina, entro fine mese dovrebbero essersi completamente attestate nella valle della Beqaa). Difficilmente sarà un esecutivo di unità nazionale, come vorrebbe Nasrallah. A favore del reincarico ieri si sono espressi i gruppi parlamentari dei due movimenti sciiti Hezbollah e Amal, quello del cristiano filo-siriano Suleiman Franjieh, il Partito nazional socialista siriano, il Baath e una quindicina di indipendenti, ovvero 70 parlamentari sui 127 .

L'opposizione - rappresentata da due soli deputati, Ghinwa Jallul per il gruppo di Hariri e Fares Swad per il gruppo d'opposizione cristiano di Qornet Shewan - non ha avanzato alcuna candidatura. Ha ribadito però le sue tre condizioni per appoggiare un governo «neutrale»: verità sull' attentato del 14 febbraio, destituzione dei capi dei servizi di sicurezza, ritiro totale dei soldati di Damasco.

Se le azioni di filosiriani a Beirut sono in rialzo, allo stesso tempo non diminuiscono le pressione statunitensi su Damasco. Ieri George Bush ha ha dichiarato che il piano della Siria di ridispiegamento dal Libano è solo una «mezza misura» e che i servizi di intelligence siriani stanno ancora esercitando un forte controllo sul Libano.

I siriani intanto continuano il ridispiegamento delle loro forze militari nella Beqaa e il ritiro dovrebbe essere completato prima delle elezioni politiche libanesi previste a metà maggio.
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