Enrico Mentana, rispondendo a una lettrice sulle colonne della rubrica della corrispondenza di VANITY FAIR n° 9, del 10 marzo 2005, difende gli aggressori di Ehud Gol.
Il tentativo di non far parlare l'ambasciatore di uno Stato di cui si nega il diritto all'esistenza diventa un'espressione di "dissenso".
Scritta questa enormità, Mentana cambia argomento, e dedica il resto della sua risposta alla contestazione di Berlusconi in Francia.
Di seguito il testo della lettera e quello della risposta di Mentana:Caro Mentana,
mi ha molto colpito la contestazione fatta qualche giorno fa da un gruppo di studenti a Firenze contro l'ambasciatore di Israele. Abbiamo appena finito di commemorare l'anniversario di Auschwitz. Davvero la storia non ci ha insegnato niente?
Carola Martinelli,
Non sono d'accordo, questa volta. Dobbiamo uscire da questa spirale soffocante per cui si può contestare Bush o Putin, Berlusconi o Prodi, gli imam o perfino il Papa, e invece c' è l'interdizione assoluta a ogni minimo sibilo nei confronti di un rappresentante di Israele "perche-se- no-si-è-antisemiti".
Il diritto a manifestare è sacrosanto, nei confronti di chiunque, e se ci sono degli eccessi essi vanno contrastati e criticati: ma sempre. Trovo che l'ambasciatore Gol non sia certo uno dei migliori diplomatici mandati da Israele nel nostro Paese, presenzialista e ben poco rappresentativo, e la sua reazione alla contestazione fiorentina me lo ha confermato. Passerò per antisemita per averlo detto? Sarebbe nel mio caso piuttosto difficile...
La verità è che ormai l'uso e l'abuso dei "due pesi e due misure" ci espone a riflessi condizionati inquietanti. Confrontate il minuscolo episodio di Firenze con quel che accadde all'inaugurazione della settimana della cultura italiana al salone del libro di Parigi qualche anno fa, quando un gruppo di attivisti dell'ultrasinistra tentò a lungo di impedire al nostro rappresentante di parlare al grido di "no ai fascisti". Quei contestatori francesi furono visti quasi con simpatia, e l'attenzione fu spostata sul grado di presentabilità del nostro governo all'estero, di cui quell'episodio era "evidente spia". Io, per intenderci, credo che quella manifestazione fosse legittima come quella anti-Sharon nell'ateneo fiorentino, e come ogni altra contestazione pacifica. Ma il confronto tra i due episodi la dice lunga sulle cattive abitudini di casa nostra. Specie, tanto per andare a toccare un altro nervo scoperto, quando di mezzo c' è il solito Berlusconi.
Ci sono tanti casi in cui il Cavaliere, soprattutto quand'è "in missione" all'estero, presta il fianco a critiche sacrosante (e non parlo solo di quella volta, in Bulgaria, in cui pronunciò 10 sciagurato diktat contro Biagi e Santoro). Ma in realtà il preconcetto nei suoi confronti di quella parte della stampa (e dell'opinione pubblica) che non lo accetta è pari al servilismo di chi dall'altra parte descrive le sue trasferte con toni da Istituto Luce: con
esiti anche paradossali. Ad esempio: si ricorda quel vertice europeo in cui Berlusconi fece le corna dietro la testa di un ministro degli Esteri durante la foto di gruppo? Scandalo, vergogna, attacchi e sfottò. «Ci facciamo sempre riconoscere...».
Pochi mesi dopo, a un altro vertice continentale, la tv a circuito chiuso sorprende un ignoto partecipante mentre dà uno scappellotto sulla nuca allo stesso Berlusconi chino a scrivere, e poi si dilegua (episodio a parer mio gustoso, come e più di quello delle corna). Inutile dire che quest' altro burlone non ha ricevuto dagli stessi moralisti a mezzo stampa neppure una riga di critica. A proposito, sa chi era? Il premier del Lussemburgo Jean-Claude Juncker, che in questo semestre è presidente di turno dell'Ue...
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