Perchè Hezbollah è un'organizzazione terroristica, chi è l'ambasciatore all'Onu scelto da Bush
lo spiegano Sergio Rovasio e Christian Rocca
Testata:
Data: 08/03/2005
Pagina: 7
Autore: Sergio Rovasio - Christian Rocca
Titolo: Perchè anche l'Europa dovrebbe considerare terroristi gli Hezbollah - Un falco all'Onu
A pagina 7 dell'inserto IL FOGLIO di martedì 8 marzo 2005 pubblica l'articolo di Sergio Rovasio "Perchè anche l'Europa dovrebbe considerare terroristi gli Hezbollah", che riportiamo:
Hezbollah, il "partito di Allah", è nell’occhio del ciclone. Lo sarebbe
ancora di più se le istituzioni europee bandissero questa organizzazione
e la inserissero nella propria lista nera dei gruppi terroristici così
come negli Stati Uniti. Pare incredibile ma purtroppo Hezbollah è
considerata un’organizzazione politica come tante altre. L’organo che
dovrà decidere è l’apposito gruppo di lavoro del Consiglio Europeo che
il 16 e 17 marzo avrà al suo ordine del giorno questa richiesta. C’è da
augurarsi che il Governo italiano intervenga con la stessa
determinazione di quando nella lista riuscì a far inserire nel 2003,
superando il veto della Francia, e con le forti pressioni del Parlamento

Europeo, l’organizzazione di Hamas. Salvo sorprese, il dibattito
previsto la prossima settimana al Parlamento Europeo a Strasburgo,
dovrebbe rafforzare questa decisione. Occorre una primavera come quella
libanese per rendersi conto che Hezbollah è un’organizzazione
terroristica?
E’ davvero strano che coloro che mettono bombe, o fanno saltare in aria
loro adepti per colpire inermi civili, necessitino di un lungo iter
burocratico per essere formalmente considerati terroristi dall’ Europa,
come al solito senza dare retta agli Stati Uniti. Alcuni politici,
quelli del comunismo o dell’ambientalismo maccheronico addirittura
riconoscono negli Hezbollah una legittima organizzazione politica e gli
vanno a fare pure visita in Libano. Si dice che la rappresentanza
parlamentare degli Hezbollah, che vanta 13 deputati nel parlamento
libanese, sia la dimostrazione che gli Hezbollah non vanno banditi.
Nell'Aprile del 1983 i terroristi di Hezbollah diventano famosi, in
piena occupazione siriana, bombardando l'ambasciata americana a Beirut,
uccidendo 49 persone e ferendone 120. Sei mesi dopo, sempre loro
guidarono due camion carichi di esplosivi dentro le caserme dei Marines
e dei Francesi a Beirut, uccidendo 241 Americani e 56 Francesi. Nel 1985

gli agenti di Hezbollah cominciarono a rapire degli Occidentali dalle
strade di Beirut e di altre citta' libanesi. Fin dall'inizio fu chiaro
che i Siriani ed i loro complici iraniani potevano ordinare in ogni
momento il rilascio degli ostaggi occidentali. Per esempio, quando un
francese fu rapito nell'agosto 1991, i Siriani chiesero che egli fosse
liberato. Ed in pochi giorni lo fu. Gran parte degli ostaggi erano
tenuti nella Valle della Bekaa o nei sobborghi di Beirut. Ambo le aree
sono sotto il controllo della Siria.
La componente militare di Hezbollah vanta, con il sostegno economico di
Siria e Iran, migliaia di soldati armati fino ai denti che in Libano,
soprattutto nel confine con Israele, giocano a colpire zone abitate da
civili israeliani, fanno imboscate oltre confine facendo saltare in aria

mezzi militari israeliani sotto gli occhi impauriti e inerti degli
osservatori dell’Onu che vengono addirittura accusati di
collaborazionismo con Israele, oppure si nascondono nella parte libanese

dietro gli ulivi vicini al confine per giocare a chi fa centro verso le
postazioni delle guardie di confine. Gli israeliani, che avevano
ritirato gran parte delle proprie truppe nel 1985, hanno ripetutamente
sottolineato che non desiderano un solo fazzoletto di terra del
territorio libanese. La piccola forza israeliana di soli mille
effettivi, disposta su una striscia di territorio che si estendeva per
11 chilometri, proteggeva le citta' ed i villaggi dell'Israele del Nord
dagli attacchi. Inoltre Israele ripete' piu' volte che si sarebbe
completamente ritirata dal Libano in cambio di una situazione di stabile

sicurezza sul suo confine settentrionale. Nonostante i rischi degli
Hezbollah, Israele ha ritirato tutte le sue truppe dal Libano
meridionale il 24 Maggio 2000, terminando cosi' una presenza militare di

22 anni. Tutti gli avamposti di Tzahal e dell'Esercito del Libano del
Sud furono evacuati. Il ritiro israeliano fu concluso in coordinamento
con l'ONU, e fu l'adempimento delle obbligazioni israeliane secondo la
Risoluzione 425/1978 del Consiglio di Sicurezza.
Israele sperò che il governo libanese disponesse poi il suo esercito
lungo il confine meridionale per disarmare i terroristi e mantenere
l'ordine, ma questo non e' accaduto, gli Hezbollah continuano a farla da

padroni ed a minacciare il confine settentrionale d'Israele
contrapponendosi all’esercito effettivo libanese.
Non va dimenticato anche come Hezbollah vada d’amore e d’accordo con
altre organizzazioni terroristiche dell’area, da Hamas alla Jihad
Islamica per finire con l? FPLP che ha i suoi vertici in Siria. Nella
primavera del 2002 si sono riuniti a Beirut e hanno sottoscritto un
appello per la continuazione degli attacchi armati contro la popolazione
israeliana.
A pagina 6 dell'inserto un articolo di Christian Rocca su John Bolton, indicato da Bush come amabasciatore degli Stati Uniti all'Onu.
Ecco l'articolo, "Un falco all'Onu"

Milano. Per la serie George-Bush-ora-è-cambiato- ed-è-diventato-più-buono è arrivata a rovinare tutto la notizia della nomina di John Bolton ad ambasciatore americano alle Nazioni Unite. Bolton è il duro e poco diplomatico ex sottosegretario al controllo delle armi e alla sicurezza internazionale che Bush affiancò a Colin Powell al Dipartimento di Stato, nonostante Powell avesse fatto di tutto per non averlo tra i piedi. Con la nomina di Condoleezza Rice a Foggy Bottom, Bolton ha lasciato l’incarico al Dipartimento di Stato. Il suo addio era stato letto dagli analisti liberal come un’inversione di tendenza della politica estera di Bush. Era vero il contrario. Il secondo mandato di Bush, come si vede, è ancora più aggressivo nel perseguire la politica di democratizzazione e di liberazione del medio oriente. Così, dopo i discorsi di Bush e Rice sugli "avamposti della tirannia", dopo il successo delle elezioni in Iraq, dopo le avvisaglie di rivoluzione democratica causate dal cambio di regime a Baghdad, dopo gli ultimatum al regime siriano, dopo gli incoraggiamenti all’opposizione libanese e le pressioni ai sauditi e agli egiziani, dopo i primi rimbrotti a Vladimir Putin, dopo la nomina del neocon Elliot Abrams a
consigliere speciale della Casa Bianca sulle "strategie globali della democrazia", dopo tutto questo, ecco, la nomina di Bolton all’Onu quasi completa la squadra pro-democracy della Casa Bianca. "Quasi", perché a breve è possibile che anche Paul Wolfowitz cambi incarico, magari per diventare il gran capo del nation building democratico dall’ufficio di presidente della Banca mondiale. Chi è, dunque, Bolton? Amici e nemici amano ripetere un episodio che lo descrive al meglio. Quando un giornalista gli chiese quale fosse la politica americana sulla Corea del Nord, Bolton si girò, prese dalla libreria un libro, lo posò sulla scrivania e disse: "Questa". Il saggio, scritto dall’analista dell’American Enterprise Institute Nicholas Eberstadt, aveva questo titolo: "The End of North Korea", la fine della Corea del Nord. Bolton è stato vicepresidente dell’American Enterprise, il centro studi che ha preparato le politiche oggi attuate dall’Amministrazione Bush, ma anche condirettore delProject for a New American Century, il serbatoio di cervelli che secondo i teorici della cospirazione una decina di anni fa avrebbe pianificato la guerra in Iraq. "Bolton non è un neocon – ha detto al Foglio Bill Kristol – più che altro è un uomo di Dick Cheney". Ma il vicepresidente, insieme con Bush e Rice, sostiene le politiche reaganiane applicate al medio oriente elaborate dai neocon. Al Dipartimento di Stato, Bolton è stato un fedelissimo esecutore dell’azione e delle politiche della Casa Bianca. I dittatori li ha sempre trattati da dittatori. Di Kim Jong Il ha detto che è "il dittatore tirannico" di un paese dove la vita "è un incubo infernale". La Nord Corea ha risposto non accettando Bolton come negoziatore, così gli Stati Uniti sono stati costretti a inviare un sostituto. Recentemente, Bolton ha accusato senza mezzi termini la Cina di vendere missili all’Iran e l’Europa di voler riprendere a vendere armi alla Cina. I detrattori descrivono Bolton come il più unilateralista in un’Amministrazione di unilateralisti. In realtà si devono a lui le grandi iniziative multilaterali dell’Amministrazione Bush. Sulla Corea del Nord, per esempio, Washington non ha mai accettato di trattare da sola con Pyongyang, insistendo sui colloqui a sei, coinvolgendo le altre potenze regionali: Giappone, Cina, Russia e Corea del Sud. A Bolton si deve il successo della Proliferation Security Initiative, l’alleanza multilaterale di chi vuole fermare la corsa alle armi di sterminio da parte dei "paesi canaglia". Nella coalizione ci sono un centinaio di Stati, tra cui l’Italia e la Francia. Nella Prima guerra del Golfo, Bolton aiutò James Baker a formare la vasta coalizione internazionale per liberare il Kuwait da Saddam. Il curriculum di Bolton è meno simpatetico con l’Onu. Nel 1994, scrive il sito Right Wing, disse che "se il palazzo del segretario Onu a New York perdesse dieci piani non succederebbe niente", mentre quattro anni dopo descrisse la Corte penale internazionale come "il prodotto di gente dalla mente confusa, un’idea non solo ingenua, ma pericolosa". Al Wall Street Journal, Bolton confessò che aver firmato la lettera con cui annunciava il "no" americano al Trattato istitutivo della Corte "è stato il momento più felice del mio servizio al governo". Gli Stati Uniti hanno una lunga tradizione di ambasciatori all’Onu poco diplomatici e freedom fighters, a cominciare dai neoconservatori Daniel P. Moynihan (il cui ghost writer nelle grandi occasioni era Norman Podhoretz) e Jeane Kirkpatrick, fino ai falchi clintoniani Madeleine Albright e Richard Holbrooke. Bush ha nominato prima John Negroponte, successivamente inviato a Baghdad e ora scelto come supercapo dei servizi di sicurezza, e poi l’ex senatore evangelico John Danforth. "In passato sono stato critico sull’Onu – ha detto ieri Bolton, la cui nomina dovrà ottenere la conferma del Senato, e non sarà facile – ma sono anche orgoglioso di aver contribuito, nel ’91, a cancellare la macchia più grande nella reputazione dell’Onu: la risoluzione del 1975 che paragonava il sionismo al razzismo. Mi batterò perché l’Onu diventi un’organizzazione efficace, com’era negli intenti originari". Se non ci riuscisse, se l’Onu fosse cioè irriformabile, Bolton non esiterebbe a spiegare la politica Usa sull’Onu con un libro che, come quello sulla Corea del Nord, annunci la fine delle Nazioni Unite.
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