Non bisogna "isolare" i terroristi
sostiene il quotidiano comunista
Testata: Il Manifesto
Data: 07/03/2005
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio
Titolo: Non bisogna "isolare" i terroristi
IL MANIFESTO di lunedì 7 marzo 2005 pubblica un articolo di Michelangelo Cocco sui programmati incontri di Ariel Sharon e Abu Mazen con il presidente statunitense George W. Bush.
Vi si trova l'abituale falsità circa il presunto obbligo per Israele di ritirarsi "dai territori occupati", che sarebbe sancito dalla risoluzione 242 dell'Onu.
Falsità non solo perché la risoluzione, nella sua versione originale in inglese, indica la necessità di un ritiro "da" e non "dai" territori (vale a dire: da alcuni, non necessariamente da tutti), ma anche perchè contestualmente a questa richiesta chiede ai vicini di Israele di accettare una pace duratura.
Finchè, invece, i territori, sottratti al controllo di Israele, rischiano di diventare una base di attacchi terroristici contro di essa, non esiste nessun obbligo di ritiro fondato sulla risoluzione 242.

Altri punti scorretti dell'articolo sono quello relativo all'"isolamento" decretato dall'amministrazione Bush per Arafat, del quale non vengono spiegati i motivi, cioè il sostegno del raìs al terrorismo e quello relativo ad Hamas: non spiegando che tale organizzazione è ben lontana dall'accettare di disarmarsi e di rinunciare al terrorismo si fa credere ai lettori che il rifiuto opposto da Stati Uniti e Israele al suo convolgimento nella politica e nel potere palestinesi sia ingiustificato e metta a rischio la pace.

Ecco l'articolo:

Il primo ministro israeliano, Ariel Sharon, incontrerà a Washington il prossimo 12 aprile il presidente statunitense George W. Bush. Pochi giorni dopo, secondo indiscrezioni fornite ieri da Ha'aretz, potrebbe toccare al presidente palestinese, Abu Mazen, varcare la porta della Casa Bianca. La data è ancora da confermare, ma si tratterebbe della prima volta del capo del non stato palestinese nella capitale Usa da quando, dopo il 28 settembre 2000, l'amministrazione Bush decretò l'isolamento dell'ex raìs, Yasser Arafat. Dopo il cessate il fuoco dichiarato dai palestinesi a Sharm el Sheik e l'incontro di Londra sugli aiuti all'Autorità nazionale palestinese (Anp) sembra dunque aprirsi la stagione di un lento processo di pace «finanziato» dalla comunità internazionale, mentre il governo israeliano va avanti con la politica dei fatti compiuti: costruzione del muro e ingrandimento delle colonie in Cisgiordania.

Il viaggio di Sharon arriverà un anno dopo quel 14 aprile 2004, quando il comandante in capo dell'Amministrazione lo accolse a braccia a perte, dando un poderosa spallata ai tentativi di pace basati sulla risoluzione 242 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite (che stabilisce l'obbligo del «ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati» durante la guerra del 1967). L'inquilino della Casa Bianca dichiarò infatti che in Cisgiordania, da quando Israele la ha occupata, si sono create «nuove realtà» e che le colonie ebraiche sul territorio palestinese rendono «irrealistico aspettarsi che il risultato di un negoziato sullo status finale sia il un pieno e completo ritorno ai confini precedenti la guerra» del 1967.

Abu Mazen, che ha bene impresso nella mente quel precedente, ha provato ieri a «preparare» l'arrivo di Sharon negli Usa. In un'intervista al settimanale Time, il successore di Arafat ha dichiarato: «Il presidente Bush non ha il diritto di pregiudicare le questioni relative allo status finale del processo di pace (confini, Gerusalemme, profughi, colonie, ndr). «Questi problemi dovrebbero essere discussi alla conclusione delle trattative - ha proseguito Abu Mazen - non ora». «Non può impegnarsi lui per conto del popolo palestinese. È nostro diritto dire sì o no». Nello stesso tempo Abu Mazen ha ripetuto di «non aver alcun controllo sul terreno» e invitato quindi Israele a rispettare l'impegno preso recentemente a ritirarsi da cinque città della Cisgiordania.

Abu Mazen ha anche esaltato la probabile partecipazione di Hamas alle elezioni legislative del luglio prossimo, invitando Usa e Israele a non aver paura della conversione del movimento confessional-assistenziale (che è stato anche il principale fautore di attentati suicidi contro civili israeliani) in vero e proprio partito politico. E proprio ieri Asharq al Awsat ha fatto sapere che rappresentanti del governo di Madrid avrebbero incontrato in Libano esponenti di Hamas per discutere la possibilità di «liberare» il Movimento di resistenza islamica dalle liste delle organizzazioni terroristiche dell'Unione europea. Spagnoli e francesi - secondo fonti palestinesi - sarebbero intenzionati, dopo circa due anni, a rimuovere il bando contro Hamas. Un tentativo che però, se confermato, potrebbe trovare l'opposizione israeliana e americana.
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