Human Rights Watch denuncia uno dei crimini del regime baathista iracheno
compiuto da Ali il chimico per conto di Saddam
Testata:
Data: 04/03/2005
Pagina: 14
Autore: Human Rights Watch
Titolo: Ali il Chimico, cronache di un genocidio
Il CORRIERE DELLA SERA di venerdì 4 marzo 2005 pubblica il dossier di Human Rights Watch con le prove di un a strage di sciiti compiuta da Ali il chimico nel 1999.

Ecco il testo:

Jawad Kadhim ' Ali ha celebrato il funerale di suo figlio Mustafa il 7 maggio 2003 a Tanuma, una povera zona periferica a est di Bassora. La bara, però, era vuota.
L'ultima volta che Jawad aveva visto Mustafa era stato quattro anni prima, il 19 marzo 1999, quando le forze di sicurezza irachene e i membri del partito Baath lo avevano prelevato a forza dal letto.
All'epoca Mustafa aveva diciannove anni e frequentava l'ultimo anno delle scuole superiori. Mustafa venne arrestato due notti dopo l'inizio di una rivolta dei musulmani sciiti, che costituivano una delle più serie minacce interne al potere di Saddam Hussein dopo la Guerra del Golfo nel 1991. Il 17 marzo 1999 migliaia di Sciiti scesero nelle strade e, in alcuni casi, entrarono negli edifici governativi iracheni e assalirono i funzionari per protestare contro l'assassinio del Grande Ayatollah Muhamad Sadiq al Sadr, una delle figure religiose sciite più importanti in Iraq, quasi certamente commesso per mano degli agenti del governo iracheno.
La reazione di Saddam Hussein alla sollevazione ( poi diventata nota come « Intifada di al Sadr » ) fu immediata e feroce. Nella violenta repressione, il governo uccise sommariamente centinaia di persone e ne seppellì i cadaveri in fosse comuni sbrigativamente scavate, imprigionò e torturò arbitrariamente migliaia dei loro familiari e, in molti casi, ne distrusse le case e annullò le fonti di sostentamento. Mustafa e la sua famiglia furono fra le vittime di questa rappresaglia.
Di Mustafa, i suoi familiari non seppero nulla per quattro anni. Non venne mai detto loro se era stato accusato di qualche reato, processato o imprigionato. Non ricevettero alcuna comunicazione della sua morte, né tantomeno poterono riavere indietro il corpo. Nei giorni immediatamente successivi alla vittoria delle truppe americane e britanniche su quelle di Saddam Hussein, nell'aprile 2003, ai parenti di Mustafa giunsero due informazioni decisive.
Erano contenute in un documento, un elenco scritto a mano, ritrovato durante i rastrellamenti degli uffici governativi all'indomani dell'occupazione di Bassora. I ricercatori di Human Rights Watch ( l'Osservatorio per i Diritti Umani) a Bassora entrarono in possesso di quattro pagine di questo documento nell'aprile 2003. Esso era privo di contrassegni identificativi ufficiali, ma prove indiziarie ( descritte di seguito in modo più particolareggiato) portano a ritenere con grande probabilità che si tratta di un documento autentico del governo iracheno.
La prima terribile informazione contenuta nel documento era il nome di Mustafa fra le persone uccise. Era riportato su una pagina insieme alla data della sua esecuzione, l' 8 maggio 1999, e infranse in un attimo le flebili speranze della famiglia che fosse ancora in vita.
La seconda importante informazione emersa da questo elenco di esecuzioni è costituita da indizi sull'identità dei responsabili dell'assassinio di Mustafa e di centinaia di altri giovani.
Nel caso di Mustafa, il documento dice che la sua esecuzione è stata perpetrata da « funzionari della direzione di polizia » . In altre pagine, è riportato che un secondo gruppo di ragazzi fu ucciso da familiari dei funzionari del partito Baath morti durante la rivolta, e che l'esecuzione di un ulteriore gruppo di persone fu compiuta da membri anziani dello stesso partito abitanti a Bassora e nella vicina Umm al Ma'arik.
Un'altra informazione di fondamentale importanza è poi contenuta nelle prime due pagine del documento, in cui emerge che le uccisioni furono eseguite « dietro ordine del Comandante del Settore Meridionale » . All'epoca tale ruolo era ricoperto da ' Ali Hassan al Majid, cugino e accolito di Saddam Hussein, noto con il nome di « Ali il chimico » .
Questo soprannome, al Majid se lo era conquistato grazie al ruolo svolto nell'operazione Anfal, il genocidio commesso fra il febbraio e l'agosto del 1988 ai danni dei curdi, e all'uso di armi chimiche contro gli abitanti di villaggi ancora curdi nell'Iraq del nord dall'aprile del 1987. In seguito, fu a capo dell'occupazione militare del Kuwait da parte dell'Iraq e poi dell'esercito che annientò la sommossa popolare nel sud del Paese nel marzo del 1991, dopo la Guerra del Golfo. Al Majid occupò anche un ruolo chiave nella repressione della popolazione araba delle paludi del delta nel corso degli anni 1990. Queste campagne furono tutte contraddistinte da esecuzioni sommarie, arresti arbitrari, sparizioni, torture e da altre atrocità.
Tre mesi dopo il funerale di Mustafa, il 21 agosto 2003, le forze americane catturarono al Majid. Il 18 dicembre 2004 un giudice iracheno ha condotto un'udienza preliminare nella quale ha interrogato al Majid. Stando ai commenti degli ufficiali governativi iracheni, egli sarà fra i primi imputati a essere processati di fronte al Tribunale speciale del paese.
Le quattro pagine del documento in possesso di Human Rights Watch contengono complessivamente i nomi di 120 vittime, numerate l'una dopo l'altra. Sono tutti ragazzi, il più giovane e il più vecchio dei quali rispettivamente di sedici e trentasei anni, residenti a Bassora o nelle zone attorno alla città. Le quattro pagine presentano le stesse cinque colonne — Numero, Nome, Data di nascita, Indirizzo e Note — e la stessa intestazione: « Elenco dei nomi dei criminali rei confessi di avere preso parte ai fatti del 17 e 18 marzo 1999 » .
Esecuzioni sommarie di massa e sepoltura in fosse comuni non segnate.
I residenti di Bassora hanno dichiarato a Human Rights Watch che di centinaia di uomini arrestati subito dopo l'intifada di al Sadr non si è saputo più nulla. Le stime del totale dei giustiziati variano. Il giro di vite non è mai stato riconosciuto ufficialmente dal governo. Le prove più evidenti a sostegno dell'autenticità dell'elenco delle esecuzioni e dell'esattezza dei numeri riguardanti le esecuzioni di massa e le sepolture in fosse comuni delle vittime dei massacri del 1999, sono state letteralmente « dissotterrate » con l'esumazione dei resti nell'area di al Birgisia, a 50 km a sud di Bassora. L' 11 maggio 2003 Ali Hassan, un pastore ventenne, ha rivelato a Marc Santora del New York Times di avere visto uomini portati da camion del partito Baath in una spianata presso al Birgisia, dove una ruspa ha scavato un lungo fossato, mentre gli uomini, con gli occhi bendati, venivano allineati davanti alla fossa e fucilati.
Trentaquattro corpi, esumati da questo luogo il 7 maggio 2003, sono stati inizialmente trasportati allo stadio di calcio di Bassora, quindi alla moschea di al Jumhuriyya, in un quartiere povero della città. Quando gli ispettori di Human Rights Watch hanno visitato per la prima volta la moschea il 13 maggio 2003, alcuni resti apparivano chiaramente incompleti. I parenti hanno dichiarato di avere identificato ventinove salme. Solo poche famiglie hanno avuto la fortuna di trovare patenti di guida o carte di identità scolastiche che hanno consentito di dare un nome a un mucchio di ossa o di vestiti.
Per la maggior parte delle famiglie, l'identificazione si è dovuta basare su prove meno sicure, come indumenti, gioielli, perfino la marca di sigarette preferita.
La necessità di responsabilità e giustizia.
Dopo il funerale del figlio, Jawad Kadhim ' Ali descrive il suo conflitto tra il desiderio di vendetta sommaria e l'attesa di una sentenza di giustizia: « Anch'io ho un'arma, lo sanno tutti. Ma l'ho chiusa a chiave e non ho detto ai miei famigliari che la possiedo. Se lo sapessero, la prenderebbero per uccidere i membri del partito Baath che vivevano vicino a noi, perché sappiamo che sono responsabili della morte di Mustafa. Mio figlio ( Basim) li ammazzerebbe, ma poi cosa succederebbe? Arresterebbero anche lui? Non è questo il modo.
Aspettiamo che siano gli inglesi ad arrestarli.
Perché non li arrestano? Tutti sanno chi sono.
Ho paura che, se non vengono arrestati, e se rimangono qui, o se, Dio non voglia, ritornano al potere, non potremo impedire alle famiglie di farsi giustizia da sole. Anch'io faccio fatica a controllarmi. Sono sopravvissuto a mia moglie e ho seppellito mio figlio... ora voglio giustizia » .
Un procedimento giudiziario equo e trasparente può contribuire a gettare le basi per il rispetto della legalità in Iraq. Un sondaggio condotto due mesi dopo la caduta di Saddam Hussein presso i residenti delle tre principali città dell'Iraq meridionale, ha rivelato che la stragrande maggioranza degli iracheni, il 98 per cento, chiede giustizia e accertamento delle responsabilità. Tuttavia, metà degli intervistati vorrebbe anche applicare la legge del taglione.
Il 15 per cento ha indicato come mezzi di giustizia appropriati esecuzioni, torture, impiccagioni e uccisioni per vendetta. Questi concetti di vendetta violano le leggi internazionali sui diritti umani e pongono seri interrogativi riguardo la creazione di un procedimento giusto e credibile per l'accertamento delle violazioni dei diritti umani in Iraq.
Raccomandazioni al governo provvisorio dell'Iraq.
— Assicurarsi che siano svolte indagini serie ed approfondite sulla campagna del 1999 del precedente governo contro i musulmani sciiti dell'area di Bassora, che ha compreso esecuzioni sommarie, sparizioni, detenzioni arbitrarie e torture, fatti connessi all'insurrezione susseguente all'assassinio del Grande Ayatollah Muhamad Sadiq al Sadr ( la cosiddetta « intifada di al Sadr » ) . L'indagine deve accertare: 1) Il ruolo di ' Ali Hassan al Majid, allora Comandante del Settore meridionale.
2) Il ruolo di Mahdi al Dulaimi, ufficiale dell'esercito che all'epoca guidava il Direttorato di sicurezza generale nell'area di Bassora.
3) I ruoli dei membri e dei dirigenti del partito Baath di Bassora e Umm al Maarik.
— Assicurarsi che i responsabili delle atrocità siano processati da un tribunale equo, efficace e politicamente indipendente. Il modo migliore per garantire tali processi consisterebbe nella creazione da parte dell'Iraq e delle Nazioni Unite di un tribunale misto nazionale/ internazionale che applicasse gli standard di processo equo internazionalmente accettati, e che traesse vantaggio dall'esperienza internazionale nell'investigazione e nel perseguimento di genocidi, crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Come requisito minimo, si dovrebbero adottare le seguenti riforme al Tribunale Speciale Iracheno: 1) Il Governo Provvisorio dell'Iraq dovrebbe abolire la pena di morte, punizione intrinsecamente crudele e inumana.
2) Il Governo Provvisorio dell'Iraq dovrebbe esercitare l'opzione concessa dallo statuto del Tribunale Speciale Iracheno per la nomina di giudici non iracheni esperti in casi di genocidio, crimini di guerra e/ o crimini contro l'umanità, e che siano persone di alta caratura morale, imparzialità ed integrità; tali giudici dovrebbero essere raccomandati dalle Nazioni Unite.
3) Il Governo Provvisorio dell'Iraq dovrebbe rivedere lo statuto del tribunale e le norme di procedura e di deposizione al fine di rispettare le tutele del processo equo; deve essere creato un meccanismo per assicurare che tali tutele siano applicate nella prassi.
4) Lo statuto dovrebbe essere emendato per consentire la nomina presso il Tribunale di pubblici ministeri e giudici istruttori non iracheni muniti di esperienza in cause di genocidio, crimini di guerra e/ o crimini contro l'umanità, e in possesso di alta caratura morale, imparzialità ed integrità; tali pubblici ministeri e giudici istruttori dovrebbero essere raccomandati dalle Nazioni Unite.
5) Il Governo Provvisorio dell'Iraq e il suo successore devono garantire che il Tribunale Speciale Iracheno resti indipendente da influenze politiche.
— Creare una Commissione per le persone disperse affidata inizialmente a periti ed amministratori sia iracheni che internazionali. La Commissione dovrebbe instaurare un sistema per tutelare e preservare le fosse comuni, creare protocolli per l'esumazione delle fosse comuni, fissare e sovrintendere l'implementazione di priorità per le esumazioni delle fosse comuni che tengano conto sia della necessità delle famiglie di identificare le vittime, sia delle necessità giudiziarie dei procedimenti penali contro i presunti esecutori.
— Nominare un organismo di esperti iracheni ed internazionali per raccomandare standard e prassi idonee al trattamento dei documenti dell'ex governo confiscati, al fine di perseguire, tra gli altri, i seguenti scopi: 1) creare una catena di custodia al fine di assicurarne l'autenticità; 2) facilitare l'archiviazione di documenti in modo rispondente sia alle necessità giudiziarie dei procedimenti penali contro gli ex alti funzionari, sia all'umana necessità delle famiglie delle vittime dell'ex governo di conoscere la sorte dei cari scomparsi; 3) operare congiuntamente alle organizzazioni non governative e ai partiti politici dell'Iraq per assicurare, per quanto possibile, la restituzione a un archivio nazionale degli originali dei documenti attualmente in loro possesso.
Raccomandazioni agli Stati Uniti e ai governi degli altri membri della coalizione.
— Assicurare che i funzionari del Tribunale Speciale Iracheno e delle corti penali irachene abbiano accesso a tutti i documenti confiscati per stabilire se questi possano costituire potenziali prove in indagini e procedimenti penali.
Raccomandazioni alla comunità internazionale dei donatori.
— Assicurare di rendere disponibili le risorse per le priorità di preservazione delle prove documentarie e di medicina legale, comprese quelle per scopi documentari, umanitari e di verità indipendentemente dai processi per i gravi crimini passati.
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