Conferenza di Londra: tre cronache scorrette e un proclama contro la lotta al terrorismo e la pace
analisi di quattro quotidiani
Testata:
Data: 02/03/2005
Pagina: 6
Autore: Emanuele Novazio- un giornalista - Michele Giorgio- Michelangelo Cocco
Titolo: Un po' di soldi per comprare i palestinesi
LA STAMPA di mercoledì 2 marzo 2005 pubblica a pagina 7 l'articolo di Emanuele Novazio "Il vertice di Londra promette uno Stato ai palestinesi".
Novazio riporta, senza contraddittorio, le dichiarazioni di un delegato palestinese alla conferenza, secondo il quale: «Mettere la sicurezza al primo posto significa pretendere che i palestinesi sotto occupazione garantiscano la sicurezza agli occupanti israeliani».
Parole, queste, che sembrano riprodurre la propaganda palestinese dell'epoca di Arafat e la sua giustificazione del terrorismo.
Il giornalista scrive poi che Israele avrebbe "disertato la riunione per evitare una prematura accelerazione politica del processo di pace".
In realtà la conferenza, riguardando le riforme dell'Anp e il sostegno della comunità internazionale ad esse, semplicemente non riguardava Israele.

Ecco l'articolo

La comunità internazionale promette sostegno e aiuti concreti ad Abu Mazen per facilitare la costituzione di uno Stato palestinese, e invita Israele a rispettare gli impegni «presi nell’ambito della road map». Ma pretende dai palestinesi «azioni non rinviabili» per fermare il terrorismo ed esige «l’arresto immediato» dei responsabili dell’attentato che venerdì scorso a Tel Aviv ha provocato 5 morti e decine di feriti, mettendo a rischio la fragile tregua raggiunta il mese scorso al vertice di Sharm el Sheikh. La presa di posizione del Quartetto in margine alla «Conferenza per il sostegno alla Palestina» - svoltasi ieri a Londra alla presenza dei ministri degli Esteri Ue, di rappresentanti dei Paesi arabi moderati, del segretario di Stato americano, del Segretario generale dell’Onu e dei vertici della Banca Mondiale - non è una sorpresa. Ma il fermo messaggio inviato ai vertici Anp da Usa, Ue, Onu e Russia provoca l’irritata reazione palestinese, rischiando di offuscare i risultati della riunione fortemente voluta - e presieduta - da un Tony Blair in cerca di conferme internazionali alla vigilia di elezioni ad alto rischio per il Labour Party.
«Mettere la sicurezza al primo posto significa pretendere che i palestinesi sotto occupazione garantiscano la sicurezza agli occupanti israeliani», commentava ieri pomeriggio un delegato Anp nei corridoi della Conferenza. Forse perchè dal governo di Gerusalemme - che ha disertato la riunione per evitare una prematura accelerazione politica del processo di pace - rimbalzavano parole polemiche sull’insufficiente determinazione di Abu Mazen contro i gruppi militanti? («Continua ad esitare nella lotta al terrorismo», lamentava il ministro degli Esteri Shalom). La sicurezza è infatti al primo posto fra gli impegni presi dal presidente Anp: il documento sul «rinnovamento istituzionale» palestinese sottolinea che le «strutture di sicurezza» risponderanno alle autorità civili, e prevede di «consolidare e unificare i servizi di sicurezza e informazione» per garantire una maggiore efficacia della lotta al terrorismo e porre fine all’anarchia che per anni ha dominato i Territori.
Sicurezza, dunque, ma non solo. La «via palestinese alle riforme» ha obiettivi ambiziosi: lotta alla corruzione, elezioni legislative per la metà di luglio, «procedure chiare» per la nomina dei giudici. Per facilitarne la realizzazione - e rasggiungere l’obiettivo di «uno Stato palestinese forte, sovrano e indipendente» - la Conferenza garantisce «aiuti concreti»: un gruppo di coordinamento per la sicurezza a guida americana, finanziamenti per elezioni e servizi giudiziari, Conferenza dei donatori da convocarsi a breve, mediazione fra le parti per facilitare la ricostruzione a Gaza. Un impegno «a tutto campo», secondo Tony Blair, che servirà «non soltanto al popolo palestinese ma alla comunità internazionale nel suo insieme», rendendo possibili «le tappe pratiche e le fondamenta necessarie alla creazione di uno Stato palestinese indipendente e vitale».
Se il primo messaggio politico della Conferenza,come sottolinea Gianfranco Fini, è un’apertura di credito al progetto riformista di Abu Mazen (che non a caso esalta «i risultati di Londra»), il secondo è rivolto a Israele: il comunicato finale sottolinea che il «rinnovamento dell’economia palestinese dipende dallo smantellamento significativo delle restrizioni alla circolazione di beni e persone» nei Territori. Bisogna «creare migliori condizioni di vita per i palestinesi», insiste l’Alto rappresentante Ue Solana. Per quanto riguarda il ritiro da Gaza promesso da Sharon, infine, il monito è duplice: deve avvenire nell’ambito della road map e collocarsi nella prospettiva di una Palestina «territorialmente contigua»: «Uno Stato composto da territori dispersi non funzionerebbe», avverte Condoleeza Rice.
Soddisfatto Gianfranco Fini: «L’esplicita condanna del terrorismo è stata inserita nel documento finale per le pressioni italiane», sottolinea il ministro degli Esteri. Annunciando l’impegno del governo per l’addestramento di ufficiali delle forze di sicurezza palestinesi. E rivendicando il ruolo «antesignano» del nostro Paese: «Le proposte emerse a Londra non sono molto dissimili dal piano Marshall che lanciammo a suo tempo, non suscitando sempre grande comprensione».
Martedì 1 marzo LA REPUBBLICA on-line pubblica un articolo dal fazioso titolo ""Anche Israele faccia la sua parte".
L'articolo è altrettanto fazioso, in quanto adifferenza di quanto sembra leggendolo la conferenza non si è certo limitata a formulare richieste rivolte a Israele.
Blair e Abu Mazen hanno discusso a lungo dell' attentato terroristico di Venerdi' sera Tel Aviv , poi hanno delle seguenti riforme da intraprendere nell' autorita' palestinese :
1) riforme nel campo della sicurezza : ci deve essere un solo organismo
responsabile della sicurezza che dipende dal presidente democraticamente
eletto , invece degli attuali diversi gruppi .
2) Riforme nel campo politico per democratizzare ulteriormente l'
autorita' palestinese.
3)aiuti economici per aiutare i palestinesi a ricostruire la loro economia distrutta da 4.5 anni di intifada

Ecco l'articolo:

Si è conclusa con un invito ad Israele affinché faccia la sua parte
nell'applicazione della Road Map la Conferenza di Londra sul Medio Oriente.
"I partecipanti - si legge nel comunicato finale del vertice - riconoscono
che l'attuazione degli impegni presi dall'Anp costituirebbe un passo
importante nell'applicazione dei suoi impegni per la Road Map. Al tempo
stesso i partecipanti invitano e chiedono ad Israele azioni legate ai propri
impegni per la Road Map".

La nota finale della Conferenza che ha riunito nella capitale inglese il
cosiddetto "Quartetto", ovvero i rappresentanti dell'Onu, dell'Unione
Europea, degli Stati Uniti e della Russia, plaude poi "alla decisione del
governo israeliano sul ritiro da Gaza e da parti della Cisgiordania, e
ribadisce che il ritiro da Gaza dovrebbe essere completo e avvenire nel
rispetto della Road Map, come un passo importante verso la realizzazione
della visione che prevede due stati democratici, Israele e Palestina, che
vivano uno accanto all'altro in pace e sicurezza". Il Quartetto chiede poi
alle parti di non intraprendere azioni unilaterali che danneggino la
risoluzione dei problemi da affrontare nel negoziato finale.

"Oggi - ha commentato il premier inglese Tony Blair - abbiamo visto
l'accordo della comunità internazionale sui passi concreti necessari per
creare in futuro uno Stato palestinese. Senza passi concreti questo non può
succedere". "Oggi - ha insistito il padrone di casa della Conferenza -
abbiamo registrato l'impegno internazionale a sostenere questi passi
concreti. C'è consenso su questi mattoni per costruire". "Se facciamo
progressi - ha aggiunto - garantiamo sicurezza e stabilità non solo in
Israele e nei territori palestinesi, ma ovunque nel mondo".

Alla Conferenza di Londra è stato ribadito inoltre che "il terrorismo deve
essere fermato" e che esso "non deve poter sabotare il processo di pace". Il
testo redatto dalla Conferenza condanna poi l'attentato di venerdì a Tel
Aviv, accogliendo con favore l'impegno del presidente Abu Mazen "di tradurre
davanti alla giustizia i responsabili". "Occorre fare tutto il possibile per
preservare la tregua e la pace e applicare la Road Map in Medio oriente", ha
poi aggiunto il presidente palestinese.

Nel documento si conferma infine l'impegno per una soluzione della crisi
israelo-palestinese "attraverso negoziati diretti che conducano
all'obiettivo di due Stati", Israele e la Palestina, "che vivano l'uno
accanto all'altro in pace e sicurezza".
Sulla stessa linea IL MATTINO. Nell'articolo di Michele Giorgio "Da Londra una spinta allo Stato di Palestina" fin dal titolo il lettore è sviato, perchè apprende che da Londra è arrivata unicamente una "spinta allo Stato di Palestina", dato che della "spinta", arrivata anche questa da Londra, alla pace e sicurezza per Israele, Il Mattino non dà conto. L'articolo, in modo analogo, enfatizza le richieste rivolte a Israele e minimizza il problema del terrorismo (come al solito, del resto, non esistono gruppi terroristici, ma solo "gruppi armati dell’Intifada")

Ecco l'articolo:

Un Tony Blair molto soddisfatto ha chiuso ieri sera la Conferenza di Londra dando l’arrivederci al presidente palestinese Abu Mazen. Il leader dell’Autorità Nazionale da parte sua ha ringraziato e riaffermato il suo impegno per la fine delle violenze. «Occorre fare tutto il possibile per preservare la tregua con Israele» ha proclamato Abu Mazen non mancando di fare un riferimento alla applicazione della «Road Map», l’itinerario di pace sostenuto dal Quartetto (Usa, Russia, Onu e Unione europea) ma rimasto sino ad oggi al palo. Israele, che non ha partecipato alla Conferenza, ha espresso parole di apprezzamento. In realtà il governo Sharon è seccato dal fatto che nelle risoluzioni approvate dai partecipanti (di 25 paesi, tra cui il ministro degli Esteri italiano Gianfranco Fini) non ci sia un esplicito richiamo alla leadership palestinese affinchè proceda all’eliminazione definitiva dei gruppi armati dell’Intifada. Nella conferenza stampa conclusiva, accanto ad Abu Mazen, Blair è apparso ansioso di elencare i traguardi raggiunti dalla riunione londinese. «Abbiamo visto - ha detto - l'accordo della comunità internazionale sui passi concreti necessari per creare in futuro uno Stato palestinese». Il Medio Oriente, ha proseguito, è «il problema più pressante, che ha provocato come nessun altro preoccupazione, divisioni e malintesi. Se facciamo progressi, garantiamo sicurezza e stabilità non solo in Israele e nei territori palestinesi, ma ovunque nel mondo». Il primo ministro non ha nascosto che il processo appena avviato è ancora «molto fragile». «Ci saranno persone che tenteranno di bloccare questo processo – ha spiegato - come prova l'attentato a Tel Aviv. Ma la migliore risposta è non lasciare che ci fermino». Parole in cui qualcuno ha visto un riferimento critico alla recente decisione del governo israeliano di congelare il processo politico con i palestinesi sino a quando questi ultimi non arresteranno leader e militanti delle organizzazioni armate. Non è un caso peraltro che Blair abbia ricordato a Israele che se i palestinesi devono combattere il terrorismo, lo Stato ebraico deve fare la sua parte nell'applicare la «Road Map». A qualche metro di distanza, annuiva il Segretario di stato Condoleeza Rice. Il successo più grande di Blair in realtà è stato proprio quello di aver saputo coinvolgere di nuovo gli Stati Uniti, rimasti in disparte per oltre tre anni mentre in Israele e Territori si continuava a morire. Abu Mazen non ha incassato, come avrebbe voluto, la convocazione di una nuova conferenza internazionale volta ad affrontare i nodi politici del conflitto con Israele. È riuscito, però, a garantire finanziamenti all’Anp, da quattro anni in deficit di bilancio, e riscattare l’immagine palestinese. Di fronte alla disponibilità mostrata dai partecipanti alla Conferenza – tra cui il Segretario generale dell’Onu Kofi Annan e l’Alto rappresentante dell’Ue Javier Solana – il presidente palestinese ha presentato una serie di proposte di riforma, in particolare per quel che riguarda la sicurezza. L'Anp formerà il «Consiglio per la sicurezza» e prevede tra l'altro la nomina di un capo della polizia, cui risponderanno tutte le polizie «regionali e municipali» di Gaza e Cisgiordania. Verranno poi potenziati i collegamenti con le forze di sicurezza israeliane. Nel settore economico, Abu Mazen ha detto di voler lottare contro la corruzione e promuovere il settore privato. In ambito politico, prevede le elezioni legislative per il 17 luglio mentre in quello giuridico garantirà l’indipendenza dei giudici e abolirà le corti militari. A migliaia di chilometri di distanza, Israele si è felicitato per gli sforzi internazionali volti ad assistere i palestinesi a dotarsi di nuove istituzioni. Il governo Sharon però non fa marcia indietro. Senza una lotta «tenace» contro le «infrastrutture del terrorismo», ha messo di nuovo in chiaro, la «Road Map» non potrà andare avanti.
Infine, IL MANIFESTO. Il quale, fin dal titolo dell'articolo di Michelangelo Cocco a pagina 6, "Un po' di soldi per comprare i palestinesi", presenta la conferenza di Londra sotto una luce particolare.
Quale sia questa luce diventa evidente in questo passaggio: "Bush ci aveva già provato il 24 giugno 2002, quando aveva tuonato dal Giardino delle rose della Casa bianca: «Chiedo ai palestinesi di eleggere nuovi leader, non compromessi con il terrorismo, di costruire una democrazia basata sulla tolleranza e la libertà. Se i palestinesi perseguiranno questi obiettivi - aveva concluso il presidente Usa - gli Stati uniti e il mondo saranno al loro fianco». Arafat non aveva appoggiato un autogolpe diretto da Washington e l'Anp era stata costretta all'isolamento sperimentato negli ultimi quattro anni. Ma ora, con la nuova leadership di Abu Mazen, dovrebbero mettersi in moto le riforme formalizzate ieri."

Alle abituali menzogne su Israele (cui vengono attribuiti "omicidi di civili"), il quotidiano comunista aggiunge ora una presa di posizione ababstanza chiara sulla nuova dirigenza palestinese, colpevole di essere disposta a combattere il terrorismo e a riprendere il dialogo con Israele.
Abu Mazen ha attuato "l'autogolpe" che Arafat aveva rifiutato.

Ecco l'articolo:

Le grida si fanno più forti quando arriva Condoleezza Rice, il segretario di stato Usa che dopo l'exploit fetish della settimana scorsa in Germania ieri si è presentata a Londra con un sobrio tailleur grigio e una gonna nera appena sopra le ginocchia. «Fine dell'occupazione israeliana!», urlano quelli di Palestine solidarity campaign da un lato dell'ingresso della sala. Dall'altro, centinaia di membri dell'organizzazione islamista Hizb ut Tahir protestano anche quando arriva Abu Mazen, «pupazzo degli americani che vende la Palestina». Dentro, nel centro conferenze della Regina Elisabetta II, a due passi da Westminster, è in corso l'«Incontro per aiutare l'Autorità palestinese» che, come ha ribadito l'organizzatore, il premier britannico Tony Blair, vuole favorire «le tappe che l'attendono nei prossimi mesi: le elezioni del parlamento, la costruzione d'istituzioni democratiche, la lotta contro il terrorismo». Nulla a che vedere con una conferenza di pace, anche se alla fine della giornata si parla di «speranza» e «passo avanti». La presenza del Fondo monetario internazionale, della Banca mondiale, del G8 e dei paesi arabi ricordache anche se non si tratta nemmeno di un vertice dei donatori, si parlerà di soldi, tanti soldi, necessari a evitare il collasso delle finanze palestinesi. Di primo mattino sono arrivati alla spicciolata il segretario generale delle Nazioni unite, Kofi Annan, quello della Lega araba Amr Moussa, il ministro degli esteri tedesco Joska Fischer, quello francese Michel Barnier, l'italiano Gianfranco Fini; in tutto i ministri degli esteri erano 23. Assente Israele. La sua presenza avrebbe fatto somigliare l'incontro a un inizio di processo di pace, come sperava Blair, desideroso di mostrarsi attivo sullo scacchiere mediorientale in un momento in cui l'opinione pubblica britannica è sempre più preoccupata dal disastro iracheno. Nei giorni scorsi due faccia a faccia tra il principale consigliere di Sharon, Dov Weisglass, e Nigel Sheinwald, inviato di Blair per il Medio Oriente, avevano provato a cancellare dalle dichiarazioni conclusive la richiesta al governo di Tel Aviv di rispondere alle ultime mosse palestinesi (elezioni, cessate il fuoco, inizio delle riforme) con il rispetto della road map. Missione fallita, perché nelle 17 pagine del documento finale il piano di pace elaborato dal Quartetto (Usa, Ue, Onu, Russia) che prevede una serie di reciproche misure distensive tra israeliani e palestinesi, spunta fuori più volte, proprio come nei giorni scorsi aveva reclamato a gran voce Abu Mazen. La Rice e Blair si sono detti a favore di uno Stato palestinese «funzionante e con la necessaria continuità territoriale», senza tuttavia specificare se all'interno dei confini del 1967. «I partecipanti all'incontro riaffermano il loro impegno nei confronti della road map e invitano tutte le parti coinvolte nel conflitto a rispettare gli obblighi previsti da quel piano», recita ancora il testo. Mentre i palestinesi hanno rispettato la prima fase del progetto, tra l'altro dichiarando un cessate il fuoco a Sharm el Sheik e, ieri, annunciando la razionalizzazione dei servizi di sicurezza, Israele adesso dovrebbe cessare gli omicidi di civili, la confisca delle loro terre, smantellare tutti gli insediamenti costruiti dopo il marzo 2001 e congelare l'attività di colonizzazione. «I partecipanti sollecitano e si aspettano azioni da parte d'Israele in relazione ai suoi impegni previsti nella road map», dice ancora il documento di Londra.

Bush ci aveva già provato il 24 giugno 2002, quando aveva tuonato dal Giardino delle rose della Casa bianca: «Chiedo ai palestinesi di eleggere nuovi leader, non compromessi con il terrorismo, di costruire una democrazia basata sulla tolleranza e la libertà. Se i palestinesi perseguiranno questi obiettivi - aveva concluso il presidente Usa - gli Stati uniti e il mondo saranno al loro fianco». Arafat non aveva appoggiato un autogolpe diretto da Washington e l'Anp era stata costretta all'isolamento sperimentato negli ultimi quattro anni. Ma ora, con la nuova leadership di Abu Mazen, dovrebbero mettersi in moto le riforme formalizzate ieri. Prima tra tutte, quella dei servizi di sicurezza, da portare a un massimo di tre, con il Consiglio per la sicurezza nazionale che sarà l'organismo che li dirigerà. «Il generale William Ward, che è qui con me oggi - ha annunciato Condi Rice -, si recherà presto nella regione per guidare i nostri sforzi».

Il piano Usa è quello d'istituire un gruppo, guidato dagli americani e di cui faranno parte anche Egitto, Giordania e la Ue, incaricato della supervisione della riorganizzazione degli «eserciti» palestinesi. Fini da parte sua ha dichiarato: «Ritengo che saremo in grado di varare, già nel corso delle prossime settimane, un programma di addestramento in Italia di ufficiali delle forze di sicurezza palestinesi: l' obiettivo di fondo è quello di formare i formatori». Il direttore del Fondo monetario internazionale (Fmi), lo spagnolo Rodrigo de Rato, ha dichiarato: «Credo che il programma di riforme che l'Autorità nazionale palestinese intende attuare sotto la leadership del presidente Abbas meriti il pieno supporto della comunità internazionale». Tradotto in cifre: 500 milioni di dollari, solo per quest'anno. Ma ci sarebbero anche in arrivo 350 milioni di dollari dalla Ue, 450 dagli Usa e 30 milioni di sterline dalla Gran Bretagna. Per Blair lo spot sembra riuscito e i palestinesi stanno facendo la loro parte, adesso tocca a Sharon.
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