Troppe storie per l'attentato di Tel Aviv, lo dice l'attivista anti-israeliana inglese Betty Hunter
intervistata dal quotidiano comunista
Testata: Il Manifesto
Data: 01/03/2005
Pagina: 2
Autore: Michelangelo Cocco
Titolo: «È Israele che deve cambiare politica»
IL MANIFESTO di martedì 1 marzo 2005 a commento della conferenza di Londra, pubblica un'intervista a Betty Hunter segretario generale di Palestine solidarity campaign (Psc).
Per Michelangelo Cocco, autore del pezzo, è un po' come intervistare se stesso.
Intervistatore e intervistata, infatti, vanno d'amore e d'accordo: per loro Israele è uno Stato fuorilegge, nel processo di pace ha solo doveri e nessun diritto, neanche quello di chiedere la fine del terrorismo.
La Hunter infatti si aspetta che i "palestinesi sfruttino l'occasione per dire chiaro e tondo che non sono disposti a fare più nessuna concessione prima che gli israeliani si mettano a lavorare per la pace".
E' appena il caso di notare che le "concessioni" chieste ai palestinesi da Israele e dalla comunità internazionale si riassumono nella lotta al terrorismo.
Ma la Hunter e la sua organizzazione "si aspettano" dai palestinesi (e sembra da questa espressione che per la signora Hunter i palestinesi siano al servizio del fanatismo ideologico suo e dei suoi amici, tenuti a combattere Israele per l'eternità per permettere loro di "solidarizzare") che non concedano nulla di simile.
Del resto, per Betty Hunter si fanno troppe storie per gli israeliani morti negli attentati, come dice chiaramente a proposito della strage di Tel Aviv.
Un delinberato massacro di civili per lei non è diverso dall'uccisione di individui armati che si avvicinano ad insediamenti (chissà per far cosa...) o che, ricercati per terrorismo, resistono alla cattura (sono alcune delle circostanze, molto diverse da una strage organizzata, nelle quali sono morti palestinesi dopo il cessate il fuoco, per non dire degli episodi nei quali sono stati razzi qassam anadati fuori bersaglio e spari di gioia di pellegrini di ritorno dalla Mecca o per la liberazione dei prigionieri a uccidere) .


Ecco l'articolo:

Abu Mazen ha fatto precedere il suo arrivo ieri pomeriggio a Londra da due pagine d'intervista sul quotidiano The Independent. Il presidente palestinese ha dichiarato di essere pronto a un accordo di pace complessivo con Israele e riaffermato la centralità della road map come base per la risoluzione del conflitto. Oggi nella capitale britannica si svolgerà un «incontro sul rafforzamento dell'Autorità nazionale palestinese», come l'ha definito il foreign office. Un vertice al quale parteciperà una folta delegazione di politici arrivati da Ramallah, il segretario generale dell'Onu Kofi Annan, il segretario di stato Usa Condoleezza Rice, il cosiddetto Quartetto (Usa, Ue, Onu, Russia) e i governi arabi che si proporranno come finanziatori del primo esecutivo post Arafat. Ci sarà anche il ministro degli esteri italiano Gianfranco Fini. Non ci sarà invece Israele. Il premier Ariel Sharon ha fatto anzi di tutto per sottrarre qualsiasi significato politico-negoziale al meeting. Il suo principale consigliere - quel Dov Weisglass che disse che l'evacuazione delle colonie da Gaza servirà a congelare ogni ipotesi di processo di pace - è venuto a Londra un paio di volte nelle ultime settimane per fare pressione sul governo Blair. Obiettivo? Depotenziare l'incontro di oggi: niente discorsi sulle politiche israeliane, ma solo sulle riforme che i palestinesi devono intraprendere per «democratizzarsi»; soldi per sostenere la nuova leadership palestinese, ma nessuna dichiarazione sul muro né sulla politica di colonizzazione della Cisgiordania. Vedremo oggi cosa produrrà questa 24 ore che Blair avrebbe voluto molto piu politica per fare buona impressione - in un momento in cui è sempre più sotto pressione per le malefatte dei soldati britannici in Iraq. Abu Mazen spera ancora in una forte dichiarazione di sostegno alla road map: «Speriamo che Isarele ritiri l'esercito dalle posizioni occupate dopo il 28 settembre 2000. La road map resta l'unico documento che possa porre fine al conflitto e noi abbiamo iniziato ad applicarlo», ha dichiarato ieri all'Independent. «Mentre diamo un benvenuto al ritiro da Gaza - ha concluso il nuovo rais - rifiutiamo completamente l'occupazione della Cisgiordania, con l'espansione delle colonie, anche a Gerusalemme est. Rigettiamo inoltre la costruzione del muro». Delle prospettive dell'incontro di oggi abbiamo parlato con Betty Hunter, segretario generale di Palestine solidarity campaign (Psc), l'organizzazione britannica che con tremila iscritti, migliaia di sostenitori e una cinquantina di sedi in Inghilterra e Galles rappresenta nel mondo una delle principali realtà di sostegno alla lotta di liberazione palestinese.

Signora Hunter, sta per entrare al numero 10 di Downing street. Cosa va a fare da Blair il giorno prima della conferenza sulla Palestina?

Consegnerò una lettera del Psc al primo ministro per dirgli chiaramente che se c'è qualcuno che deve fare compromessi e cambiare la propria politica è lo stato d'Israele. È Israele che sta violando il diritto internazionale e le risoluzioni delle Nazioni unite. Dall'entrata in vigore del cessate il fuoco, dopo l'incontro di Sharm el Sheik dell'8 febbraio scorso, 11 palestinesi sono stati uccisi e nessuno ha alzato la voce, mentre dopo l'attentato di Tel Aviv (i morti sono saliti ieri a cinque, ndr) è successo il finimondo. Non solo stanno continuando ad ammazzare i palestinesi, ma rubano la loro terra e continuano a costruire un muro che è stato dichiarato illegale dalla Corte internazionale di giustizia dell'Aja. La lettera serve per dire a Blair che ha la responsabilità di far sì che la conferenza produca anche un richiamo agli obblighi internazionali d'Israele.

Perché Blair tiene tanto a quest'incontro?

Essenzialmente con questa conferenza Blair cerca di nascondere, ai cittadini britannici sempre più preoccupati per la situazione irachena, il disastro provocato dalla nostra invasione e occupazione della Mesopotamia. Prova ora a mostrarsi come colui che fa qualcosa per il Medioriente.

Quanto sostegno ha il Psc in parlamento?

L'appoggio dei parlamentari cresce giorno dopo giorno. Qualche settimana fa 215 membri dei Comuni hanno firmato una mozione che chiede l'immediato smantellamento del muro, in linea con l'«opinione» della Corte dell'Aja. Ci sono sempre più parlamentari che sono a favore di sanzioni internazionali contro Israele.

Ma Blair non sembra su questa linea...

Il premier si sta sottomettendo completamente al governo israeliano: qualche giorno fa ha dichiarato che Downing street è il miglior amico dell'esecutivo di Tel Aviv e la conferenza è stata organizzata per dire ai palestinesi come devono riorganizzare le loro istituzioni politiche e cercare aiuti economici per rafforzarle. Invece di parlare di cosa dovrebbe fare Israele...

Cosa potrà sortire un incontro del genere?

In termini di spinta per il processo di pace nulla. Ma può dimostrare che i palestinesi hanno una leadership che può funzionare, e questo e quello che dirà Blair. D'altra parte noi ci aspettiamo che i palestinesi sfruttino l'occasione per dire chiaro e tondo che non sono disposti a fare più nessuna concessione prima che gli israeliani si mettano a lavorare per la pace.
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