Inverosimile, ma purtroppo reale, l'articolo di Graziella Mascia "E' delitto il dissenso dei giovani?" pubblicato in prima pagina da LIBERAZIONE di venerdì 25 febbraio 2005.
Il "dissenso dei giovani" cui si riferisce il titolo sarebbe l'aggressione a Ehud Gol all'università di Firenze.
Nella neo-lingua orwelliana del quotidiano di Rifondazione, infatti, è dissenso impedire di parlare a chi non è d'accordo te.
Di seguito, l'articolo:L’ambasciatore di Israele Ehud Gol viene contestato all’università di Firenze dal Collettivo politico di scienze politiche e subito è polemica.
Non si è trattato di una contestazione, ma del tentativo di togliere la parola a Gol
Il professore che organizza l’incontro, d’accordo con il rettore, chiama la polizia. L’ambasciatore israeliano dichiara di aver sentito l’odio di quei giovani nei confronto dello Stato da lui rappresentato.
L’odio verso Israele, definito Stato terrorista e assassino, era dichiarato, negli slogan del "Collettivo politico". Non nella ricostruzione "soggettiva" di Gol
Persino il professor Pancho Pardi – considerato parte della "sinistra alternativa", noto per aver criticato i DS e centro sinistra su contenuti e modalità del fare politica- dice che gli studenti hanno sbagliato "senza se e senza ma".
Istintivamente mi sono sentita dalla parte di quei ragazzi. Mi sono chiesta se questo mio essere partigiana non si spieghi con quei residui di adolescenza ai quali non voglio rinunciare , cioè se le mie continue frequentazioni di spazi occupati da ventenni, disobbedienti e altro, non siano un ostacolo all’obiettività. Credo di no.
Ha ragione il professor Pardi nel sostenere che è sempre meglio accettare il confronto ed esercitare il diritto di critica? Dal punto di vista del principio il ragionamento è perfetto, eppure non mi convince.
Molto di quelli studenti non sanno del massacro di Sabra e Chatila:
in ogni caso non hanno mai manifestato contro i falangisti cristiani, autori di quel massacroil più grande di loro nasceva quando è successo e possono solo averlo letto sui libri. Ma sono informati
Più che altro, sono disinformati da propagandisti come Graziella Mascia, come si può vedere da quanto segue:
su quanto avviene in Palestina, sulle umiliazioni cui è sottoposto quel popolo, sanno del muro che divide case e affetti,
ma non della barriera difensiva che salva vite umane e affettisanno dell’assedio alla basilica della Natività di Betlemme,
ma non della sua occupazione da parte di terroristi palestinesi, né, tantomeno, delle esecuzioni di "collaborazionisti" trascinati poi sul sagrato della basilica
della prigionia nella Muqata cui è stato costretto il presidente Arafat fino alla sua morte.
Ma non delle prove dei collegamenti tra Arafat e il terrorismo, della sua corruzione, della repressione del dissenso nell’Anp
E sanno anche che ora, nonostante un timido tentativo di riprendere il dialogo tra i due governi, ancora muoiono bambini e giovani palestinesi per rappresaglie di militari israeliani.
Ma non che l’esercito israeliano non colpisce deliberatamente civili, né che i terroristi si nascondono tra di essi. Né dei bambini e dei giovani uccisi feriti e terrorizzati dai razzi qassam e dai tiri di mortaio.
Attentati terroristici fatti da chi? E, in merito, cos’hanno da dire? Magari una contestazione al rappresentante dell’Anp in Italia?
Sono giovani molto informati, curiosi, che leggono i quotidiani e conoscono anche le storie dei refusenik, cioè dei giovani militari israeliani che si rifiutano di operare nei territori occupati.
E le storie dei palestinesi fatti fuori perché hanno collaborato con Israele, magari per sventare un attentato suicida? E le condanne a morte recentemente comminate dall’Anp di Abu Mazen? Le conoscono?
Vogliono come tutti noi, il dialogo tra i due popoli
Uno strano dialogo nel quale i rappresentanti di uno dei due popoli non possono parlare.
e qualcuno tra loro si è recato in Palestina, ha provato a costruire progetti con e per i giovani di quelle terre così tragicamente provati da una guerra e da un’occupazione che sembrano non finire mai, e certo sperano, come noi, che i primi segnali dei recenti incontri tra Abu Mazen e Sharon abbiano un seguito positivo e più consistente.
Ma non rinunciano ad avere un’opinione, a dare un giudizio sulla storia di questi anni:
né ad impedire a chi ne ha un’altra di esprimerla
la loro contestazione non è certo rivolta al popolo di Israele, ma al suo governo, e non a caso all’ambasciatore di quel governo.
Un ambasciatore rappresenta lo Stato, e del resto gli aggressori di Gol sono stati espliciti nel definire "terrorista" lo Stato, non il governo di Israele
Il problema è che ormai l’espressione di un pensiero politico, di un dissenso, nel nostro paese subito viene condannata, considerata un delitto, anche quando si realizza pacificamente con delle frasi urlate o scritte su un cartello.
Una frase pazzesca! Impedire una conferenza coprendo con le proprie grida la voce del relatore,dichiarando che non ha il diritto di parola e insultando, facendosi forti del numero e con il precedente di Pisa (dove con la minaccia dell’aggressione fisica era stato impedita la conferenza di un altro diplomatico israeliano) sarebbe "l’espressione di un pensiero politico, di un dissenso", realizzata "pacificamente con delle frasi urlate o scritte su un cartello"!
(Di seguito riprendiamo a riprodurre l'articolo, separandolo dai commenti, con una spaziatura)
Gli esempi non mancano: il ministro dell’interno, qualche settimana fa, nell’aula di Montecitorio, ha persino tentato di stabilire una connessione tra i fischi al segretario Cisl e fenomeni eversivi, tracciando irresponsabilmente una linea di continuità che parte dal dissenso e approda al terrorismo.
La difesa del diritto al dissenso è innanzitutto la difesa della democrazia,
Già, ci sono stati anche degli stati che difendevano il "dissenso"così, diciamo in modo un po’ parziale. Si chiamavano democrazie popolari. Anche lì chi "dissentiva" dall’imperialismo americano e israeliano faceva star zitti, tra gli altri, i sionisti. Magari mandandoli nei gulag.
tanto più necessaria quando, ascoltando certi dibattiti televisivi a proposito degli anni 70, ad esempio, avverti la faziosità, la strumentalità di determinate tesi, la mancanza di un vero contraddittorio, di una corretta ricostruzione dei fatti. Quando la propaganda valica determinati limiti di buon senso e arriva stravolgere le storie, si nega il diritto all’informazione, si impedisce ai giovani di farsi un’idea, anche critica, della nostra storia repubblicana.
Le "determinate tesi" faziose e strumentali e i "determinati limiti di buon senso" sono, in realtà, indeterminati. Ovvio che sia così. Li stabiliranno, di volta in volta, i drappelli di giovani squadristi rossi che, per difendere il loro e l’altrui "diritto all’informazione", si prenderanno l’onere di togliere la parola a chi da informazioni che a loro non piacciono, o esprime opinioni che non condividono.
E allora mi chiedo: cosa vogliamo da questi ragazzi, di quali cittadini ha bisogno la società dell’oggi?
Se guardiamo all’università, al su attuale modello, in cui, tra tanti problemi, vi è anche un approccio alla cultura che nega un sapere generale in favore di una parcellizzazione finalizzata al mercato, non vi è da meravigliarsi se è necessario analizzare le tante manifestazioni di infelicità: non basta parlare del classico disagio giovanile.
L’epidemia di infelicità che dilaga nel mondo all’epoca del trionfo capitalistico, si è scritto, è figlia, tra l’altro, di un messaggio di libertà nel consumo illimitato, di piacere del possesso e di vittoria nella competizione; di uno sfruttamento sistematico e illimitato dell’accelerazione produttiva degli anni 90, e del crollo del mito della new economy. Scrive Franco Berardi Bifo: "Non si capisce a pieno la crisi della new economy senza calcolare che essa è coincisa con il Prozac-crash".
E allora sono questi i giovani che vogliamo? Questi ragazzi già destinati a una vita di precarietà, non solo nel lavoro, li vorremmo anche stereotipati, appiattiti su un pensiero debole, privi di un’autonomia critica?
Non sia mai! Vogliamo giovani felici! Originali! Con un pensiero forte! Autonomi! (magari anche di Autonomia Operaia, e dotati di P38)
Come negar loro, nella più bella età della vita, il diritto di zittire un israeliano?
Via, se tutti avessero a disposizione un ambasciatore d’Israele da minacciare e aggredire non ci sarebbe più bisogno di Prozac!
Il fenomeno più straordinario di questi anni è stato senza dubbio quello che ha per protagonisti milioni di giovani, nel mondo, nel volersi riappropriare del proprio destino, desiderare e progettare un futuro migliore, una società più giusta. Sono giovani che navigano su internet perché vogliono conoscere, comunicare, relazionarsi con altri diversi da loro. Credono nella pace e nel dialogo e per questo contestano le gerarchie e costruiscono reti. Sono intelligenti, ribelli e fantasiosi.
Non è, tutto questo, un patrimonio da salvaguardare, da sollecitare, da valorizzare?
Invitiamo il lettori di Informazione Corretta a scrivere alla redazione di Liberazione per esprimere una dura condanna di questa vergognosa difesa dell'aggressione all'Ambasciatore d'Israele Ehud Gol.
Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-amil pronta per essere compilata e spedita.
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