IL RIFORMISTA di venerdì 18 febbraio 2005 pubblica un articolo di Paolo della Sala, "Cos'è l'Eurabia e perchè fu un egiziana a inventarla", che riportiamo:Eurabia è un termine entrato nel lessico politico internazionale.
Il neologismo è dovuto a Bat Ye’or, una studiosa nata in Egitto che attualmente vive in Svizzera, e ha appena pubblicato negli USA il suo ultimo libro: Eurabia, the Euro-arab axis.
Le nuove relazioni tra Europa e paesi arabi hanno avuto inizio a partire dalla guerra arabo-israeliana del 1973. Dopo la sconfitta subita, la Lega araba ridusse la produzione del greggio, il quale in poco tempo quadruplicò di prezzo. USA e Olanda, considerati troppo vicini a Israele, furono puniti con un embargo totale delle forniture petrolifere. I lettori non giovanissimi ricorderanno certo le domeniche a piedi, dovute alla politica di austerity: un evento che oggi produrrebbe conseguenze incalcolabili.
La Lega araba divise i paesi consumatori di petrolio in amici, neutrali o nemici.
Fu un aut aut di portata straordinaria. L’Europa, trovatasi in ginocchio, si allineò con la politica filo-araba già seguita dal nazionalismo gollista francese. Il 6 novembre del 1973 i nove paesi che allora formavano la CEE, riuniti a Bruxelles, delinearono i punti essenziali della nuova politica estera: oltre a un embargo unilaterale sulla vendita di armi a Israele, venivano fissati i nuovi cardini della politica mediterranea europea, condizione necessaria a ottenere la vendita di petrolio.
Il 15 dicembre successivo Georges Pompidou (in accordo con Willy Brant) convocò a Copenhagen un summit tra i paesi della Lega Araba e quelli della CEE, nel quale venivano poste le basi del Dialogo Euro-Arabo (DEA), un organismo che coinvolgeva al massimo livello politici, imprenditori, strutture culturali.
Nella successiva Conferenza di Damasco (1974) gli arabi posero formalmente sul tappeto l’oggetto del dialogo: 1) il ritorno ai confini del 1948; 2) la islamizzazione di Gerusalemme; 3) il riconoscimento formale dell’OLP; 4) l’esercizio di pressioni politiche nei confronti degli Stati Uniti allo scopo di allontanarli dalla tutela di Israele.
Nel 1974 si creò una struttura permanente formata da 350 membri, la cui sede venne posta a Parigi. Il Dialogo euro-arabo venne ripartito in diversi gruppi di lavoro incaricati della pianificazione di progetti nei settori industriale, commerciale, scientifico, culturale e sociale.
A partire dal 1973 si sono svolte riunioni internazionali al massimo livello ogni sei mesi circa. Bat Ye’or sottolinea che "le sedute si tenevano a porte chiuse e senza trascrizione scritta degli interventi. Solo la Commissione poteva pubblicare un riassunto delle decisioni prese ed emettere un comunicato congiunto". Solo in questo modo si poterono stabilire i dettagli degli "accordi economici con l’Europa in cambio dell’allineamento europeo alla politica araba concernente Israele".
Come si diceva, Eurabia è il titolo di una pubblicazione edita dal "Comité de Coordination des Associations d’Amitié avec le monde arabe". L’editoriale del numero 2 della rivista (luglio 1975) specificava la necessità di una intesa politica che doveva esprimere una "volontà comune", e che necessitava della formazione –in Europa- di "una opinione pubblica favorevole agli arabi". Circa 200 parlamentari europei di diverso orientamento politico partecipavano all’obiettivo proposto. M. Tijl Declerq, membro belga della Association parlamentaire pour la coopération euro-arabe "prevedeva una cooperazione economica basata sullo scambio di mano d’opera e materie prime arabe, con i prodotti della tecnologia europea". L’Europa avrebbe fornito: "tecnologia nucleare, flussi finanziari, ricerca scientifica, formazione tecnica del personale".
Quindi lo scambio di petrolio contro prodotti tecnologici prevedeva anche l’avvio della emigrazione dai paesi arabi all’Europa. Tutti sono a favore della libertà di spostamento e della cultura dell’accoglienza. Tuttavia il DEA poneva sul tavolo delle questioni particolarmente importanti e poco conosciute: "Veniva data facoltà di esportare, insieme agli emigrati, anche culture e comportamenti tradizionali". Si prevedeva "l’impianto omogeneo nel tessuto laico europeo di milioni di individui, arrivati non per integrarsi, ma col diritto di poter mantenere integra e compartimentata la propria civilizzazione". Nonostante i milioni di parole spese, insomma, l’emigrazione araba in Europa non prevedeva, per statuto, nessuna integrazione possibile. Ciò spiega recenti fatti di cronaca avvenuti in Olanda?
Secondo alcuni studi della CIA, nel 2005 la popolazione musulmana in Europa potrebbe essere di 30 milioni di persone. Lo studio di Bat Ye’or può servire a stabilire nuove basi per un corretto dialogo euro-arabo, anche a tutela dell’emigrazione in Europa. Se questa è volta a diffondere cultura, ma non a produrre ricchezza, la soluzione migliore è quella scartata 30 anni fa: perché non si produce ricchezza e libertà nei paesi arabi?
A pagina 6 troviamo l'articolo di Matthew Levitt "Europa, deciditi finalmente a mettere al bando gli Hezbollah"
"Matthew Levitt" spiega una breve nota biografica "è Direttore del Programma di Studi sul terrorismo del Washington Institute for Near East Policy. Il suo libro. Exposing Hamas: Funding Terror Under the Cover of Charity, verrà pubblicato dalla Yale University Press"
Ecco l'articolo:L’assassinio dell’ex primo Ministro libanese Rafik Hariri, ucciso nell’esplosione di una potentissima auto-bomba nel pieno centro di Beirut, getta una nuova luce sull’esigenza di prestare una maggiore attenzione al terrorismo libanese. L’Unione europea aveva un’occasione perfetta di dimostrare tale attenzione nella riunione tenutasi il 16 febbraio a Bruxelles, nella quale si è discusso dell’opportunità di includere gli Hezbollah libanesi nella lista delle organizzazioni messe al bando in Europa per i loro legami con il terrorismo. Ma la decisione opportuna non è stata presa. Da tempo Stati Uniti e Israele stanno esercitando pressioni sugli alleati europei affinché questi prendano provvedimenti nei confronti di Hezbollah, ma hanno incontrato una risoluta opposizione, in particolare da parte della Francia, che ha rifiutato di seguire l’esempio di America, Israele, Canada e Australia e di vietare le attività degli Hezbollah, ufficialmente per il timore di turbare l’equilibrio politico interno del Libano, dove svariati membri dell’organizzazione sono presenti in Parlamento. L’assassinio di Hariri, tuttavia, evidenzia il fatto che evitare di assumere le opportune misure di sicurezza per considerazioni di opportunità politica può avere conseguenze sconvolgenti.
Colpire il processo di pace
Il problema della messa la bando di Hezbollah in Europa è tornato d’attualità su richiesta di funzionari dell’Autorità Palestinese (Anp). Come ha dichiarato uno di essi: «sappiamo che Hezbollah ha cercato di reclutare attentatori a nome delle Brigate dei Martiri di al-Aqsa, con l’obiettivo di effettuare attacchi suicidi allo scopo di sabotare la tregua». In effetti, solo a poche ore dall’annuncio del cessate il fuoco, alcuni membri delle Brigate hanno aperto il fuoco contro un’automobile in prossimità di un insediamento israeliano in Cisgiordania, per poi attaccare l’unità dell’esercito inviata sul luogo dell’incidente. Un altro rappresentante dell’Autorità palestinese ha menzionato messaggi di posta elettronica intercettati e alcune operazioni bancarie che indicano come Hezbollah abbia accresciuto i suoi pagamenti a favore dei terroristi: «oggi sono disposti a ricompensare con 100mila dollari un’operazione completata, mentre in precedenza la somma era di soli 20mila dollari, successivamente aumentati a 50 mila». In un incontro tenuto a Beirut alla fine di gennaio, mentre erano in corso i negoziati per il cessate il fuoco, Hassan Nasrallah e Khalid Mishal, leader di Hezbollah e Hamas, hanno dichiarato che la resistenza contro Israele è la sola scelta possibile finché «tutta la Palestina» non sarà stata liberata. Un dignitario palestinese ha concluso che «Hezbollah e l’Iran avversano il tentativo da parte di Abu Mazen, presidente dell’Autorità palestinese, di concludere un cessate il fuoco e di riprendere i negoziati con Israele. Per tale motivo non escludiamo la possibilità che cerchino di assassinarlo qualora dovesse continuare nella sua politica».
Le attività in Europa
Oltre che per i suoi tentativi di sabotare il processo di pace, Hezbollah merita una maggiore attenzione in Europa anche per le attività che svolge in questo continente. Nel corso degli anni Ottanta alcuni emissari di Hezbollah hanno eseguito attentati dinamitardi in Francia e omicidi in Germania. Tuttavia questa organizzazione continua a operare ancora oggi in Europa. Ad esempio i servizi di sicurezza tedeschi stimano che 800 membri dello Hezbollah libanese vivano in Germania. Sempre in questo paese, l’organizzazione pubblica al-Ahd, un bollettino a scadenza bisettimanale, anche se dopo l’11 settembre, per timore delle autorità, ha ridotto le proprie attività pubbliche.
Negli ultimi anni Hezbollah si è servita dell’Europa come trampolino di lancio per l’infiltrazione di propri membri in Israele, al fine di tenere sotto controllo potenziali obiettivi ed eseguire attentati. Ad esempio nel 1996 Hussein Makdad, membro libanese di un reparto scelto di Hezbollah, si è recato dalla Svizzera in Israele servendosi di un passaporto britannico rubato. Qualche giorno dopo rimase gravemente ferito nel corso della preparazione di esplosivo ad alto potenziale (Rdx) nella sua stanza d’albergo a Gerusalemme est. Nel 1997 Stephan Smyrek, un tedesco convertito all’Islam e addestrato da Hezbollah in Libano, partì da quest’ultimo paese per recarsi in Israele via Olanda servendosi del proprio passaporto. La sua missione era quella di fotografare potenziali obiettivi, ma venne arrestato all’aeroporto Ben Gurion. Nel 2000 Hezbollah ha cercato di infiltrare in Israele partendo dall’Europa Fawzi Ayub, un agente perfettamente addestrato con la missione di preparare a sua volta dei terroristi palestinesi e assisterli nelle loro operazioni. Ayub, canadese di origine libanese, si era recato in Libano con il proprio passaporto, da dove ha cercato di raggiungere Israele via mare servendosi di un falso passaporto americano. Infine, nel 2001, Gerard Shuman, membro di Hezbollah con doppia cittadinanza britannica e libanese, si è recato in volo dal Libano alla Gran Bretagna e da lì in Israele servendosi del proprio passaporto britannico. Si ritiene che Shuman, arrestato in Israele, sia stato inviato per condurre attività di sorveglianza di potenziali obiettivi. In almeno un caso le attività di Hezbollah in Europa e il tentativo dell’organizzazione di ostacolare il processo di pace si sono incrociate. A metà del 2003 le forze di sicurezza israeliane hanno arrestato Ghulam Mahmoud Qawqa per il ruolo svolto in svariati attacchi delle Brigate di al-Aqsa a Gerusalemme. Secondo le informazioni venute alla luce dopo il suo arresto, Qawqa stava organizzando attacchi contro interessi israeliani in Europa e Asia per conto di Hezbollah. Alla fine del 2002 Qawqa aveva incaricato una donna libanese residente in Germania di fotografare l’ambasciata israeliana a Berlino per un possibile attacco.
L’atteggiamento europeo
Ai primi di febbraio il ministro degli Esteri francese Michel Barnier ha dichiarato: «in Libano Hezbollah ha una dimensione parlamentare e politica. Questa organizzazione ha deputati che partecipano alla vita del Parlamento. E, come sapete, la vita politica libanese è difficile e precaria».
Tuttavia recentemente Francia e Germania hanno preso provvedimenti nei confronti di Hezbollah, il che fa supporre che le autorità europee stiano seriamente prendendo in considerazione la richiesta palestinese di mettere al bando tale organizzazione. Il 13 dicembre 2004, dopo un anno di dibattito, la Suprema Corte Amministrativa francese ha ordinato al provider di servizi satellitari Eutelsat, con sede in Francia, di cessare le trasmissioni di al-Manar, il canale satellitare di Hezbollah. Il bando è stato finalmente istituito dopo che l’ospite di una trasmissione aveva asserito che i sionisti stavano cercando di diffondere l’Aids tra gli arabi. A gennaio un tribunale tedesco ha confermato l’ordine di espulsione a carico di un rappresentante di Hezbollah residente in Germania da una ventina d’anni. Il tribunale di Düsseldorf ha negato il visto al membro di Hezbollah, con la motivazione che questi «appartiene a un’organizzazione che sostiene attività terroristiche a livello internazionale». Il medesimo tribunale ha affermato che «Hezbollah sta conducendo contro Israele una guerra a colpi di attacchi di disumana brutalità ai danni di civili». Il tribunale ha inoltre sentenziato che il fatto che Hezbollah non si trovi sulla lista delle organizzazioni terroristiche dell’Unione europea non impedisce alla Germania di espellerne i membri.
Il 3 maggio 2002 l’Unione europea ha aggiunto undici diverse organizzazioni e sette individui alla lista di bando ai finanziamenti di «persone, gruppi ed entità implicate in atti di terrorismo». Si è trattato di un atto importante, in quanto per la prima volta l’Ue ha congelato i beni di gruppi terroristici non europei. Tuttavia, nel tentativo di conservare la distinzione tra le attività politiche e assistenziali dei gruppi estremistici e quelle dichiaratamente terroristiche, l’Unione europea ha posto sulla lista svariati membri di Hezbollah, ma non l’intera organizzazione. Tale decisione si fondava implicitamente sull’assunto che gli emissari di Hezbollah siano in qualche modo indipendenti dal gruppo che li recluta, li addestra e li finanzia.
All’epoca la Ue decise di non porre al bando neppure l’organizzazione assistenziale e quella politica di Hamas. Nell’agosto del 2003, tuttavia, l’Unione europea ha revocato la decisione, riconoscendo che Hamas è nel suo insieme un’organizzazione terroristica, e ha messo al bando anche la sezione politica e quella sociale. L’Unione europea ha oggi l’opportunità e la necessità di proseguire su questa strada per quanto concerne Hezbollah. Metta al bando questa organizzazione a dispetto del fatto che essa, a fianco delle attività terroristiche e di guerriglia, offra assistenza umanitaria e presenta propri candidati alle elezioni.
Conclusione
Ora che l’Autorità palestinese si è unita al coro di chi chiede che l’Europa prenda provvedimenti contro Hezbollah, Washington farà pressioni sulla Ue nel suo insieme e sui suoi singoli Stati membri affinché Hezbollah venga inserita nella lista europea delle organizzazioni terroristiche. Israele e Anp sono concordi nel ritenere che tale organizzazione rappresenti la più grave minaccia al processo di pace. Hezbollah è l’unico sedicente partito politico che finanzi attacchi suicidi e abbia a disposizione un arsenale di 30 mila razzi. Le sue attività terroristiche non devono essere giustificate sulla base delle parallele attività politiche. Mettere al bando Hezbollah dimostrerebbe che l’Ue è pronta ad impegnarsi dove e quando serve per favorire il processo di pace israelo-palestinese.
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