Israele come l'Arabia Saudita? E' l'ultima allucinazione di Sergio Romano
che sembra aver fatto della denigrazione di Israele una missione
Testata: Libero
Data: 18/02/2005
Pagina: 14
Autore: Martino Cervo
Titolo: Romano schock: Israele come l'Arabia
"Un paese a metà strada tra la Germania ottocentesca e l'Arabia Saudita", così Sergio Romano, durante la presentazione pubblica del libro di Jean Daniel "La prigione ebraica", ha definito Israele.
Una definizione così lontana dalla realtà laica, pluralista e democratica di Israele che risulterebbe ridicola, se non fosse stata formulata da un ascoltato e rispettato opinionista, impegnato da anni a denigrare Israele, sostenendone l'estraneità ai valori di libertà a causa dei quali, invece, è considerata come un corpo estraneo dalle dittature del Medio Oriente.

Ecco l'articolo:

Jean Daniel è uno dei più autorevoli giornalisti francesi: filosofo, scrittore, intellettuale, ha fondato e dirige il prestigioso settimanale " Le Nouvel Observateur". Ha alle spalle una lunga collaborazione con " Repubblica". « Ebreo di solidarietà » , comesi è dichiarato, appartenente alla cultura ebraica ma non credente, ha da poco completato un saggio dal titolo " La prigione ebraica", tradotto e pubblicato da Baldini Castoldi Dalai ( 194 pagine, 13,60 Euro) e presentato ieri a Milano. La tesi centrale è che il popolo ebraico vivrebbe in una sorta di prigione culturale che « " confonde" mito e storia, religione e politica » . In questo quadro carico di cenni autobiografici, Daniel tenta di rispondere al grande interrogativo di Spinoza: « Cosa significa essere ebreo per chi non crede all'Elezione, all'Alleanza e forse nemmeno in Dio? » . Nel suo percorso, il pensatore francese individua nella cultura ebraica la percezione di un « antisemitismo eterno » che, scrive, « mi ha confermato l'idea che ci fosse qualcosa che somiglia a una pr igione » . A commentare il testo con l'autore c'erano ieri il traduttore Piero Gelli e Sergio Romano. Il quale ha ripreso e " sorpassato" le tesi di Daniel. L'ex ambasciatore, che aveva affrontato la questione israelo- palestinese nella sua " Lettera a un amico ebreo", ha descritto lo Stato di Gerusalemme come « antimoderno, romantico, a metà strada tra la Germania ottocentesca e l'Arabia Saudita » . Ha parlato di un Paese « contrario all'ortodossia liberaldemocratica » , che rappresenta « un problema per noi e per loro » . Giudicando i forti legami tra l'attuale amministrazione Usa e Israele, l'editorialista del Corriere della Sera ha definito gli evangelici, molti dei quali sono stati promossi in posizioni di spicco nel governo Bush, come « sionisti cristiani » . La simpatia e l'appoggio politico a Israele sarebbero dovuti alla convinzione di dover garantire la libertà dello stato ebraico come « condizione per la seconda venuta del Messia » . Una concezione, ha spiegato Romano, che paradossalmente rappresenta « il massimo dell'antisemitismo » , dal momento che questa attesa del ritorno di Cristo confligge palesemente con la religiosità ebraica. In un frangente in cui l'ebraismo è « più che mai influente nel cinema, nella letteratura, nella finanza » , una certa antipatia è quasi scontata, ha detto Romano, secondo il quale « la pretesa di fare della Shoah un unicum della storia » ha contribuito a « far scomparire ciò che di unico effettivamente ha » . Riprendendo le tesi di Daniel sull'incapacità degli ebrei a « non vedersi solo come vittime » , Romano ha criticato le « strategie delle comunità ebraiche » , che spesso hanno fatto « da boomerang attirando antipatie » , e gli indennizzi consegnati alle famiglie dei deportati, « perché ha pagato chi non c'entrava nulla » . Alla fine, èDaniel a smorzare i toni ritornando sull'unicità della Shoah e mostrando una cauta speranza sul processo di pace: « Se Sharon supera il test del ritiro dei coloni, sarà un evento spettacolare » . Il libro di Jean Daniel ha sollevato dure polemiche nelle comunità ebraiche francesi, e anche in quelle italiane i primi segnali non sono favorevoli. Oggi se ne avrà probabilmente una conferma con l'intervento di Giacoma Limentani alla presentazione romana del libro, dove, oltre a Daniel e Gelli, interverrà Eugenio Scalfari.
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