Il terrorismo di Hamas non esiste, in compenso c'è quello ebraico
nelle cronache di u.d.g.
Testata:
Data: 14/02/2005
Pagina: 4
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Contro Sharon pronto un colono kamikaze
Nella consueta cronaca degli avvenimenti israelo-palestinesi presente quasi quotidianamente sull’UNITA', lunedì 14 febbraio 2005 Umberto de Giovannangeli dà ennesima prova della propria faziosità. L’apertura dell’articolo viene dedicata alle minacce di morte da parte dell’estrema destra israeliana a Sharon; u.d.g parla di kamikaze e zeloti ebrei e dà voce ad alcuni esponenti della sinistra pacifista, che naturalmente enfatizzano la notizia ricordando lo spettro dell’assassinio di Rabin e sottolineando il pericolo di una tale atmosfera per la società israeliana. Mentre scrive del pericolo crescente rappresentato dal terrorismo ebraico, u.d.g. ben si guarda dall’usare questo termine quando intervista nell’articolo sottostante il capo di Hamas. U.d.g propone ai suoi lettori un parallelismo facile ma sbagliato, utilizzabile a fini di propaganda anti-israeliana. Non contento u.d.g, nella parte dell’articolo dedicata alla scarcerazione di 500 palestinesi, ridimensiona la condanna di Marwan Barghuti che da organizzatore materiale di efferate stragi, delle quali 5 comprovate, e capo delle brigate al Aqsa diventa " ispiratore", per altro solo secondo il tribunale di Tel Aviv, "di una serie di attentati". Un Nuovo Inizio, per usare le parole di u.d.g., dei rapporti tra israeliani e palestinesi che mal si concilia con la vecchia propaganda dell'inviato dell'UNITA'.
Un kamikaze ebreo contro Ariel Sharon. Non è la trama di un thriller di fantapolitica ma una prospettiva reale. Un kamikaze ebreo - ossia un militante disposto a immolarsi pur di realizzare i propri intenti - potrebbe riuscire a uccidere il primo ministro israeliano, che si è attirato le ire dell'estrema destra eversiva per la sua decisione di ritirarsi da Gaza. A scriverlo è Yediot Ahronot, il più diffuso quotidiano d'Israele, che sottolinea la facilità con cui giovedì scorso alcuni zeloti ebrei si sono avvicinati minacciosi al ministro delle Finanze Benjamin Netanyahu (Likud), gridandogli contro «Assassino, la tua ora verrà» e riuscendo anche a forare un pneumatico della sua automobile. Il giornale aggiunge che su una scala di dieci livelli relativi alla minaccia nei confronti della persona di Sharon «si è ormai arrivati al decimo livello». Minacce epistolari di morte sono intanto giunte nei giorni scorsi a due ministri israeliani: il titolare dell'Economia Meir Shitrit (Likud) e il suo collega alle Infrastrutture nazionali Benjamin Ben Eliezer (Labour). Misure straordinarie di sicurezza sono state approntate nelle ultime settimane per proteggere un centinaio fra ministri, deputati, giudici e responsabili dei servizi israeliani. «Gli estremisti minacciano di uccidere anche i nostri figli», rivela alla radio la moglie del ministro Shitrit. «L'atmosfera ricorda ormai quella che precedette l'uccisione di Yitzhak Rabin», avverte la figlia dello statista laburista, Dalia Rabin-Filosof.
Una considerazione condivisa da Shulamit Aloni, più volte ministra nei governi Rabin e Peres, leader storica della sinistra pacifista israeliana: «L'estrema destra - dice Aloni a l'Unità - rappresenta un pericolo per la democrazia stessa di Israele». «Non si tratta - aggiunge Aloni - di un manipolo isolato di facinorosi ma di frange agguerrite, fortemente motivate e bene addestrate, che in passato hanno goduto di coperture in settori del governo e nelle stesse fila di Tsahal», l'esercito dello Stato ebraico. «In tutto, gli estremisti che vorrebbero attentare alla vita di Sharon sono alcune decine, forse un centinaio», stima il ministro laburista Haim Ramon. Sharon ha dedicato all'allarmante fenomeno metà della seduta domenicale del consiglio dei ministri. In serata il capo della polizia Moshe Karadi ha convocato una consultazione urgente per mettere a fuoco il pericolo crescente del terrorismo ebraico. I movimenti più pericolosi sono stati identificati nel Fronte ebraico nazionale (Hayl) di Baruch Marzel; nei Giovani delle colline (una frangia anarchica del movimento dei coloni); nella corrente messianica della setta Habbad (un suo militante è stato protagonista dell'aggressione a Netanyahu), e in ex militanti del disciolto gruppo razzista Kach.
Le minacce dell'ultradestra non frenano però il Nuovo Inizio fra israeliani e palestinesi, protagonisti principali Ariel Sharon e Mahmoud Abbas (Abu Mazen). In meno di un'ora, i ministri israeliani hanno approvato all'unanimità la scarcerazione di 500 militanti dell'Intifada e la cessione ai servizi di sicurezza palestinesi di due città cisgiordane: una è Gerico; la seconda potrebbe essere Kalkiliya o Tulkarem. Entrambi i provvedimenti dovrebbero essere realizzati nei prossimi giorni. A sorpresa, però, i ministri israeliani hanno depennato dalla lista dei detenuti che torneranno in libertà il nome di Qassam Barghuti, il figlio ventenne del leader di al-Fatah in Cisgiordania. Il padre sconta l'ergastolo per aver ispirato - secondo il tribunale di Tel Aviv - una serie di attentati terroristici in Israele. il figlio, si è appreso ieri, non può essere liberato perché - secondo la radio militare - ha le mani «intrise di sangue» in quanto partecipò ad un attacco contro un arabo israeliano, che rimase ferito. «Israele ha scelto in modo unilaterale i nomi dei detenuti da scarcerare e questo non rientra nelle intese raggiunte», afferma il ministro per gli affari negoziali dell'Anp, Saeb Erekat. Da parte palestinese, spiega Erekat, si preferiva che avessero la precedenza gli anziani, i malati, i veterani del carcere. Ma fra di loro figurano protagonisti di attentati sanguinosi e nei loro confronti - ha stabilito il capo dello Stato Moshe Katzav - «non ci sarà alcuna amnistia». Le autorità di Gerusalemme hanno peraltro deciso di consegnare all'Anp i cadaveri di 15 palestinesi morti nel corso di attentati o in combattimento con l'esercito israeliano. La consegna dei resti avverrà oggi al valico di Erez, fra Israele e la Striscia di Gaza. Si tratta di un gesto di buona volontà, spiega una fonte vicina al premier Sharon, volto a rendere più distese le relazioni fra le due parti. Ma il Nuovo Inizio resta pur sempre una strada in salita per «Mahmoud l'antieroe». L'agenda del successore di Yasser Arafat è fitta di impegni tutt'altro che agevoli. Oltre ai tentativi, dall'esito incerto, di convincere i gruppi islamici a non prendere iniziative militari, il presidente palestinese deve riorganizzare i servizi di sicurezza a Gaza (dopo i licenziamenti di ufficiali incapaci di far fronte al recente assalto al carcere di Gaza, dove tre internati sono stati eliminati da una banda di uomini armati) e deve dar forma (nomi, incarichi) al nuovo governo. Da tempo la stampa palestinese parla di tensioni fra il presidente e il suo premier, Abu Ala. Adesso anche il parlamento di Ramallah comincia a manifestare inquietudine e chiede di poter vedere, e votare, un nuovo esecutivo, essendo ormai trascorso oltre un mese dalle elezioni presidenziali. Abu Mazen deve quindi decidere un rimpasto ministeriale e il tempo comincia a stringere. In predicato di licenziamento sono diversi ministri arafattiani, ma per il leader dell'Anp non sarà facile, né indolore, rimuoverli. Lo scontro politico è appena agli inizi.
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