Tornano dall' "esilio" i "militanti" "deportati" dopo "l'assedio"
l'epilogo della disinformazione sull'occupazione terroristica della Basilica della Natività
Testata:
Data: 12/02/2005
Pagina: 19
Autore: Alberto Stabile - Fiorella Sarzani
Titolo: Israele, via libera al rientro degli assediati della Natività - Accordo sugli esiliati, anche i tre palestinesi in Italia torneranno a casa
"Israele, via libera l rientro degli assediati della Natività" è il titolo della cronaca di Alberto Stabile pubblicata dalla REPUBBLICA di domenica 13 febbraio 2005.
Si tratta di un modo completamente scorretto di riferirsi alla vicenda dell'occupazione armata della Basilica della Natività da parte di un gruppo di terroristi palestinesi, e del successivo assedio da parte delle forze israeliane, durante l'operazione "Muro di difesa" nel 2002.
La scorrettezza si ritrova, aggravata, nelle prima righe dell'articolo:

GERUSALEMME - Israele permetterà il rientro in Cisgiordania di 56 militanti palestinesi deportati all´estero e nella Striscia di Gaza. La lista comprende i 13 militanti che furono esiliati in Europa dopo l´assedio della chiesa della Natività a Betlemme nella primavera del 2002, tre dei quali furono inviati in Italia.
I terroristi, da "assediati" divengono "militanti", l'occupazione della Basilica continua a non essere nominata e compare un termine assolutamente improprio come "deportazione" (anche "esilio", in questo contesto, nel quale dei terroristi sono fatti passare per perseguitati politici, è ingannevole, perchè rafforza questa distorsione, dato che nell'immaginario colllettivo gli "esiliati" sono appunto i perseguitati politici).
Solo la citazione della fonte israeliana permette, alcune righe dopo, di scoprire che i "militanti" erano terroristi:

L´accordo raggiunto fra israeliani e palestinesi è stato reso noto dal negoziatore dell´Anp Saeb Erekat. Una fonte israeliana ha confermato l´intesa, affermando che è stata raggiunta nell´ambito del cessate il fuoco dichiarato martedì dal primo ministro israeliano Ariel Sharon e dal presidente dell´Autorità Palestinese Abu Mazen. «Questi terroristi - ha affermato - potranno tornare a condizione che abbandonino la violenza e vivano sotto la stretta supervisione dell´Autorità Nazionale Palestinese».
Ma si tratta, nel testo, soltanto della dichiarazione di un parte. Per i lettori la notizia, data dall'osservatore, che si suppone "super partes", Stabile è che 56 "militanti" palestinesi, "deportati" dopo essere stati "assediati" nella Basilica della Natività, rientreranno in patria.
Poco dopo le precisazioni di Stabile sull'accordo che mise fine all'occupazione della basilica ribadiscono i termini della mistificazione:

Nel maggio 2002 l´accordo che mise fine ai 39 giorni di assedio israeliano della Chiesa della Natività di Betlemme, nella quale si erano asserragliati militanti palestinesi armati, stabiliva l´esilio a Gaza di 26 palestinesi e quello in Europa di altri 13, che furono suddivisi fra diversi paesi.

L'accordo "mise fine all'assedio", i terroristi erano "militanti armati", "asserragliati" nella Basilica che avevano occupato.
Il finale dell'articolo è una cronaca degli ultimi sviluppi diplomatici e della situazione della sicurezza:

Sul fronte diplomatico, intanto, entra in campo anche la Nato: il segretario generale dell´Alleanza Atlantica, Jaap de Hoop Scheffer, ha parlato della possibilità di una partecipazione dell´organizzazione a sostegno di un futuro accordo di pace fra Israele e i palestinesi. «Noi non dobbiamo escludere la possibilità di cominciare a pensare su un ruolo potenziale della Nato a sostegno di un accordo di pace in Medioriente», ha detto de Hoop Scheffer alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera.
Il presidente palestinese, Abu Mazen, prosegue nella sua opera di mediazione con i gruppi estremisti nel tentativo di convincerli a rispettare il cessate il fuoco dichiarato nel corso del vertice a Sharm El Sheikh con il premier israeliano Ariel Sharon. Ieri sera ha incontrato esponenti di Hamas e della Jihad Islamica. I dirigenti di Hamas hanno promesso una tregua di fatto, ma non il sì a un cessate il fuoco definitivo.
Fiorella Sarzani sul CORRIERE DELLA SERA, nell'articolo "Accordo sugli esiliati, anche i tre palestinesi in Italia torneranno a casa", scrive un racconto partecipe e solidale della vita dei tre "militanti" espulsi in Italia. Riporta anche le accuse di Israele, tutte molto gravi, ma precisa che "non sono state formalizzate".
Non è mai stato possibile infatti, proprio a causa dell'occupazione armata della Basilica, tenere un processo...
Ecco l'articolo:

In Italia con Mohammed ora vive anche sua moglie, la ragazza lasciata in patria che poi l'ha raggiunto per sposarlo. Un anno e mezzo fa hanno avuto una bambina. Insieme sperano adesso di tornare a casa, per cominciare una nuova vita. Mohammed è uno dei tre palestinesi che il nostro Paese ospita dalla primavera del 2002, dopo l'esilio decretato dal governo israeliano per chi aveva occupato la basilica della Natività di Betlemme.
La maggior parte fu confinata nella striscia di Gaza. Tredici uomini furono invece accusati di terrorismo, minacciati di arresto dalle autorità locali ed espulsi.
La strada per il rientro sembra spianata. Un capitolo dell'accordo per il « cessate il fuoco » siglato tra il premier Ariel Sharon e il presidente Mahmoud Abbas ( Abu Mazen) prevede il ritorno di tutti i palestinesi — sono 56 — fatti espatriare durante la repressione dell'Intifada in Cisgiordania, con la garanzia che rimangano in libertà. « Se i patti saranno rispettati — conferma il rappresentante dell'Anp a Roma, Nemer Hammad — entro qualche settimana saliranno su un aereo che li riporterà nella loro terra » .
Era il 2 aprile quando i carri armati israeliani entrarono a Betlemme. Oltre 200 tra miliziani armati e civili si rifugiarono nella Basilica, prendendo in ostaggio una quarantina di religiosi cristiani e alcuni giornalisti. L'assedio durò circa un mese e mezzo. I negoziati per la liberazione coinvolsero anche il Vaticano e alla fine fu sancito un accordo con l'Unione europea: i tredici furono trasferiti nel Vecchio Continente.
La Spagna accettò di prenderne tre, due andarono in Grecia e due in Irlanda, mentre Finlandia, Portogallo e Cipro garantirono ognuno l'accoglienza per un esule. Gli ultimi tre furono portati in Italia.
Il decreto firmato dall'allora ministro dell'Interno Claudio Scajola prevedeva un'assistenza fino a 12 mesi e uno stanziamento di 600 mila euro reperiti dai fondi « spese impreviste » del ministero dell'Economia. Il governo affidò all'Antiterrorismo il compito di gestire i tre palestinesi che avevano lo status di « ospiti » , anche se sottoposti a costante vigilanza. Tre anni dopo sono ancora qui. Hanno una casa, uno stipendio mensile, gli amici. Nemer Hammad dice di vederli spesso. « Sono tranquilli — racconta — perfettamente integrati. Gli italiani li hanno accolti in maniera straordinaria. Loro vivono bene, ma certo, il ritorno a casa rimane il sogno da realizzare e questa notizia dell'accordo li ha riempiti di gioia » .
Ibrahim Mohammed Salem Abayat, 44 anni, ha scelto la Toscana. Israele lo ha accusato di far parte dell'organizzazione terroristica Hamas. « Suo fratello — comunicarono le autorità durante l'assedio — era un importante leader del Fatah e fu assassinato nel 2000 » .
Ibrahim adesso fa l'operaio. Non ha un posto fisso, viene pagato a giornata.
Ma così mette da parte i soldi per la sua famiglia.
La moglie e i figli di Khaled Hamid Abu Najimeh, 37 anni, stanno con lui in una località del Lazio. Le visite vengono sempre autorizzate, così come gli spostamenti. Ma le limitazioni non appaiono affatto gravose. « Possono uscire — conferma Hammad — sono assolutamente liberi » . L'Italia li sorveglia e li protegge. Secondo le autorità di Tel Aviv, Khaled era inserito in almeno due cellule terroristiche. « Residente nel campo profughi di Dehaisheh — è scritto sulla sua scheda personale — si occupava del trasferimento dei kamikaze » .
Mohammed Said Atallah Salem è il più giovane dei tre, ha 26 anni. Israele lo ha accusato di aver compiuto numerosi attentati dinamitardi e di aver avuto il compito di « scegl iere i candidati per il martirio » . Ma queste accuse, così come quelle rivolte nei confronti dei suoi compagni, non sono mai state formalizzate. In Italia Mohammed ha avuto gravi problemi di salute. Anche lui vive in Toscana e proprio lì è stato curato. Poi è stato raggiunto dalla fidanzata. « Anche sua madre è stata qui — ricorda Hammad — quando è nata la bambina » . Ora tutti aspettano con ansia il momento di tornare in Palestina.
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