Israele è un modello per le democrazie che vogliono affrontare il terrorismo senza rinunciare ai propri principi
cronaca di un seminario
Testata:
Data: 11/02/2005
Pagina: 7
Autore: Anna Momigliano
Titolo: Agli Usa manca il know how di Israele. Abu Ghraib docet
Con un titolo lievemente sensazionalistico (Abu Ghraib, fino a prova contraria, è il prodotto di isolati elementi criminali, non l'applicazione di una strategia antiterroristica) IL RIFORMISTA di venerdì 11 febbraio 2005 pubblica un'interessante cronaca del seminario "La sfida del terrorismo alla democrazia: Israele", che riportiamo:
A leggere i quotidiani nostrani non si direbbe, ma l'Italia è l'unico paese europeo che negli ultimi anni abbia «sempre sostenuto Israele», specialmente nella lotta al terrorismo. Questa almeno è l'opinione dell'ambasciatore israeliano a Roma. Ehud Gol ha ricordato come sia stato «solo grazie alla presidenza italiana dell'Unione che è stato possibile prendere la decisione di includere Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche», durante il seminario la sfida del terrorismo alla democrazia: Israele, organizzato dal gruppo Camera insieme alla Knesset. Come suggerisce il titolo, fil rouge del seminario è stato la convinzione, da parte di politici ed esperti, che lo stato ebraico possa fungere da modello per le altri paesi occidentali su come combattere il terrorismo senza compromettere la propria natura democratica e rinunciare alle libertà civili.
Che esista un «dilemma democratico» sulla lotta al terrorismo è purtroppo indubbio, come ha spiegato Boaz Ganor, direttore dell'Istituto per il contro-terrorismo di Herzelia: «E' impossibile essere al 100 per cento efficace contro il terrorismo e garantire il 100 per cento delle libertà civili. Se un governo vuole essere efficace deve sacrificare una parte dei valori democratici. Il problema è quanto». Secondo Ganor, che dall'undici settembre sta tentando di organizzare una comunità accademica internazionale che produca una risposta democratica al terrorismo, «Israele è costituisce l'esempio un paese che è riuscito a bilanciare nel migliore dei modi un approccio efficace alla minaccia terrorista e a garantire il valori liberali». A questo proposito, Gerusalemme dovrebbe essere un modello anche per gli Stati Uniti. Niente snobismo, spiega Ganor di ritorno a un seminario che ha tenuto per l'Fbi, è che Israele «ha molti più anni di esperienza di terrorismo. L'America, al contrario, è passata da uno stato di grazia (in cui non si conosceva la minaccia islamista e si poteva garantire tutte le libertà senza preoccuparsi della sicurezza) all'esperienza traumatica delle Torri Gemelle (quando la sicurezza è diventata la preoccupazione principale): «Guantanamo e Abu Ghraib sono il risultato» di questa transizione. Grazie alla sua esperienza storica, invece, Israele ha potuto «raggiungere una posizione più equilibrata» che potrebbe fungere da modello ai paesi che sono stati catapultati improvvisamente nella situazione in cui Gerusalemme si trova da decenni.
Giuseppe Caldarola, parlamentare Ds che spesso ha preso le difese dello Stato ebraico anche in posizione critica con la sinistra italiana, ha aggiunto infatti che l'Europa ha commesso un gravissimo errore non riconoscendo in Gerusalemme un modello di democrazia: «L'Europa ha accettato Israele ma non vi ha puntato abbastanza le sue carte». Ma forse ancora più grave fu «non credere nella democrazia araba». Un relativismo culturale che si è dimostrato infondato e, soprattutto, nocivo per le stesse nazioni arabe. Quando cominciò a emergere l'islamismo radicale, infatti, la sinistra europea si schierò al fianco del suo principale avversario, il modello nazionalista di Nasser, «senza comprendere che la rivoluzione panaraba non poteva essere una valida alternativa al fanatismo, a causa della totale assenza di democrazia». Il voto in Iraq e le elezioni in Palestina hanno invece dimostrato «che non esistono confini geografici alla democrazia».
Inutile, anzi sbagliato e controproducente, quindi, sostenere un modello antidemocratico, una dittatura o un leader che chiude un occhio davanti al terrorismo, come alternativa all'islamismo radicale, come ha sottolineato il senatore Luigi Compagna, presidente della sezione bilaterale Italia-Israele: «è necessario un rifiuto di Hamas, degli Hezbollah (gruppo non ancora riconosciuto come terrorista dall'Ue, ndr) e di tutto l'arafattismo». Intanto, a Ramallah, Abu Mazen «sta dimostrando carattere» e una forte determinazioni a liberarsi dalla colluzione con gli estremisti e dell'eredità di Arafat: ieri ha licenziato 50 dei 54 collaboratori del raìs.
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