Riportare l'ordine in Cisgiordania e a Gaza: Abu Mazen ci prova e sulla sua strada trova anzitutto gli arafattiani
un'analisi della politica del nuovo leader palestinese
Testata: Il Foglio
Data: 11/02/2005
Pagina: 3
Autore: un giornalista
Titolo: Abu Mazen inizia a imporre il principio
IL FOGLIO di venerdì 11 febbraio 2005 pubblica un'analisi della politica di Abu Mazen, dopo la destituzione di quattro capi della sicurezza che non hanno impedito l'attaccodi con colpi di mortaio e razzi qassam sferrato contro la popolazione civile israeliana da Hamas.
Ecco l'articolo:

Ramallah. Il presidente palestinese Mahmoud
Abbas (Abu Mazen) ha destituito ieri
quattro ufficiali addetti alla sicurezza a Gaza.
Il leader dell’Autorità nazionale adesso
si trova a un bivio: continuare la via del dialogo
con i gruppi armati o dimostrare che è
l’unico a tenere il gioco in mano. Abd Fatah
Sahtari, dell’ufficio di Mohammad Dahlan,
consigliere per questioni di sicurezza di
Abu Mazen, spiega al Foglio che le ragioni
del licenziamento sono dovute al fatto che
la nuova leadership palestinese vuole vedere
un serio cessate il fuoco, pertanto coloro
che non aiuteranno a portare a termine
i negoziati con Israele verranno inevitabilmente
cacciati dai loro posti di comando.
Abu Mazen ha licenziato il brigadiere generale
Abdel Razzaq al Majaydeh, capo della
Sicurezza pubblica in Cisgiordania e a
Gaza; Saeb al Ajez, capo della polizia nazionale;
Omar al Shouf, comandante delle Forze di sicurezza nel sud della Striscia di
Gaza e Abu Ziad al Najjar, sottocomandante
della Sicurezza a Gaza. "Ci sono stati due
fattori che hanno fatto scattare il licenziamento
– spiega al Foglio Fatah Sahtari – Il
primo è stato il lancio di 46 missili da parte
di militanti di Hamas contro obiettivi israeliani;
il secondo una sollevazione nel carcere
palestinese a Gaza, durante il quale è stato
fatto evacuare un prigioniero. I nostri comandanti
avrebbero dovuto prendere provvedimenti,
assumersi responsabilità, ma
non hanno fatto niente per impedire l’accaduto".
Abu Mazen adesso deve dimostrare
non soltanto a Israele, ma agli stessi gruppi
terroristici, che ha intenzione di riportare
l’ordine per le strade dei Territori: un solo
leader, una sola pistola. Il presidente dell’Anp
ha pertanto ordinato alle forze di sicurezza
di compiere serie azioni militari
contro ogni violazione del cessate il fuoco. "La tattica della nuova leadership palestinese
è quella di far fuori tutta la vecchia
guardia arafattiana che impediva uno
sblocco della situazione – dice al Foglio Yigal
Carmon, presidente del Middle East
Media Research Institute – Il lancio di missili
Qassam a Khan Yunes è stato semplicemente
il pretesto giusto per mandarli via.
Questo è il segno che il presidente palestinese
è serio. Se si vuole un vero cambio, la
prima mossa è buttare fuori chiunque non
sia leale alla sua politica". Secondo Carmon,
Abu Mazen deve ricostituire una nuova
forza di sicurezza alla quale poter fare
affidamento. "Anche Dahlan e Rajoub fanno
parte della vecchia guardia – aggiunge
Carmon – il presidente palestinese non ha
bisogno di loro. Lui vuole vicino a sé persone
su cui poter far affidamento. Il loro licenziamento,
però, sarebbe traumatico oltre
che impossibile". Durante la leadership di Yasser Arafat, sia Dahlan sia Rajoub, già
capo della Sicurezza in Cisgiordania, hanno
cercato una propria fonte di guadagno,
gestendo il monopolio del petrolio e dei
trasporti. Oggi hanno il potere economico
per poter essere indipendenti dall’Anp e la
lealtà delle forze dell’ordine. Se allontanati,
potrebbero mettere a repentaglio il futuro
della nuova leadership dell’Anp. Nonostante
la loro inimicizia in passato, ora
sembrano uniti. Vogliono essere parte della
scena politica, offrendo in cambio la loro
lealtà, senza però perdere l’indipendenza.
Secondo Abd Al Sattar Qassem, professore
di scienze politiche all’università di
Nablus e vicino a Hamas, Abu Mazen non
ha scelta. "E’ stato legittimato dalla popolazione
ed è sotto la pressione degli Stati
Uniti e d’Israele – dice – A poco a poco,
manderà via chiunque sia legato alla figura
di Arafat".
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