Sharon segue l'esempio politico di Ben Gurion
intervista a Michael Oren
Testata:
Data: 09/02/2005
Pagina: 3
Autore: Davide Frattini
Titolo: Ariel non è la destra, si ispira a Ben- Gurion
Il CORRIERE DELLA SERA di mercoledì 9 febbraio 2005 pubblica un'intervista di Davide Frattini a Michael Oren, storico e studioso dello Shalem Center di Gerusalemme, che spiega perchè la "svolta" di Sharon è in realtà coerente con la sua storia politica e con la sua cultura politica di provenienza. Che è la stessa di David Ben Gurion, capace di coniugare idealismo e pragmatismo, decisione nel difendere Israele e disponibilità al dialogo.

Ecco l'articolo:

« Provate a immaginare migliaia di studenti americani, intellettuali, celebrità di Hollywood che manifestano in sostegno di George W. Bush. Solo così comincerete a capire la sinistra israeliana che scende in piazza sbigottita per appoggiare Ariel Sharon » .
Michael Oren ha raccontato sul settimanale progressista The New Republic il paradosso che da oltre un anno anima Israele, da quando nel dicembre del 2003 il primo ministro conservatore del Likud ha annunciato quello che i laburisti avrebbero sempre voluto attuare senza mai riuscirci: lo smantellamento di tutti gli insediamenti nella Striscia di Gaza e di alcuni in Cisgiordania.
Oren, storico militare ( La guerra dei sei giorni , tradotto da Mondadori) e studioso dello Shalem Center ( vicino alla destra), sostiene che i liberal siano i più sconcertati dalla sorpresa Sharon. « Basta leggere gli editoriali di un quotidiano di sinistra come Haaretz : ora sono entusiasti del vecchio arcinemico — commenta da Gerusalemme — . La destra invece ha sempre saputo che Ariel in realtà incarna l'autentico Mapainik, un rappresentante di quel Partito dei lavoratori d'Israele ( Mapai), sionista- socialista, che ha dominato nei primi decenni dopo l'indipendenza.
Come il Mapainik per eccellenza, David Ben-Gurion, Sharon dà sempre la precedenza al pragmatismo sull'ideologia, sa quando accettare un compromesso e quando consolidare i propri guadagni in vista di espanderli in futuro » . Lei scrive che il premier non è cresciuto nella tradizione conservatrice del Likud.
« Quando nel 1977 fondò Shlomtzion, il suo partito, scrisse nella piattaforma che Israele avrebbe dovuto esser sempre pronta a cedere terra in cambio di pace e a negoziare con qualunque organizzazione palestinese ( anche l'Olp di Yasser Arafat) disposta a riconoscere lo Stato ebraico. Solo quando non riuscì a formare una coalizione con i laburisti e con i centristi dello Shinui, si avvicinò a Menachem Begin e finì con lo spalleggiarlo alla destra » . Come ministro dell'Agricoltura di Begin, è stato lui a spingere per la costruzione di dozzine di insediamenti in Cisgiordania e a Gaza.
« E' vero. Durante le trattative di pace con l'Egitto giurò che Israele non avrebbe mai ceduto parte della sua patria storica. Eppure proprio in quei negoziati appoggiò la restituzione dei territori conquistati all'Egitto. E nel l'aprile del 1982, gli ultimi coloni israeliani vennero sgomberati dal Sinai su ordine di Ariel Sharon. Dicendo cose di destra ma agendo in modo pragmatico, Sharon aderiva alla classica tradizione del Mapai » . Che cosa comporta questa strategia nelle trattative con il presidente palestinese Mahmoud Abbas? « Il ritiro da Gaza consente a Sharon di mettere alla prova la volontà e l'abilità di Abbas nel combattere il terrorismo prima che Israele si trovi a negoziare sulla Cisgiordania o su Gerusalemme. Se i palestinesi dimostreranno di poter garantire la sicurezza, troveranno un partner serio in Sharon » . La tregua annunciata in Egitto dovrebbe porre fine ai quattro anni di violenza della seconda Intifada. Come esce Israele dal conflitto? « E' stata la vittoria militare più importante per la storia del Paese assieme a quella nella Guerra dei sei giorni perché era uno scontro per la sopravvivenza » . « La sinistra è consapevole che Sharon è l'unico a poter realizzare il ritiro da Gaza. E il premier vuole dominare il centro politico del Paese: se il centro vuol andarsene dalla Striscia, lui lo farà » . Lo sgombero degli insediamenti apre una frattura nella società. Come può il governo evitare i danni maggiori? « Il ruolo dei militari nell'evacuazione dev'essere minimo.
Tsahal è un simbolo nazionale che non va intaccato, è fondamentale che l'esercito resti l'esercito di tutto il popolo. Come ho scritto su The New Republic, nei prossimi mesi Israele avrà bisogno del realismo a muso duro di Ben- Gurion e del senso democratico di Begin: un referendum nazionale sul ritiro da Gaza o le elezioni sono essenziali per ridurre il trauma. Per proteggere l'integrità dello Stato ebraico, Sharon dovrà essere non solo l'ultimo Mapainik ma anche l'ultimo Likudnik » .
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