La Siria parla, il quotidiano progressista prende nota
senza azzardare la minima critica a un regime totalitario e terrorista
Testata: La Repubblica
Data: 08/02/2005
Pagina: 5
Autore: Carlo Bonini
Titolo: Damasco:
LA REPUBBLICA di lunedì 7 febbraio 2005 pubblica un articolo sulle dichiarazioni siriane sulla conferenza saudita sulla lotta al terrorismo.
Redatto in uno stile "notarile", senza alcun commento, l'articolo offre un visibile spazio alle posizioni di uno stato canaglia, sia per la sua natura dittaoriale che per il suo sostegno al terrorismo, e, non criticando in nessun modo prese di posizioni antiamericane anti-israeliane, conferisce loro ripettabilità.

( a cura della redazione di Informazione Corretta)

Ecco l'articolo:

RIAD - Gli uomini arrivati da Damasco ascoltano e non parlano. Prendono appunti, ciondolano distratti intorno al tavolo occupato dalle delegazioni che non devono perdere di vista: la americana e la inglese.
Parlano per interposta persona: un cortese funzionario saudita, Mohammed Amin, incaricato di tenere lontani seccatori di ogni risma, spie e giornalisti, che poi, nell´abbondanza di facce del parterre della "Conferenza internazionale dell´Antiterrorismo", fai anche fatica a distinguere. Ma gli uomini di Damasco una cosa possono farla. A chi lo chiede, consegnano il documento in otto punti che deve far conoscere al mondo il manifesto siriano della lotta al Terrore. È la risposta del giovane presidente Assad alla comunità internazionale, ma prima ancora a Washington. È la linea da cui Damasco non intende spostarsi.
Si tratta di una lettera protocollata consegnata al ministro degli esteri saudita Saud Al Faisal. Si legge: «Complimentandosi con il ministero degli Affari esteri del Regno dell´Arabia Saudita e in risposta alla nota numero 152672/12/98 (...) la Repubblica Araba Siriana ha l´onore di informare che la sua delegazione presenterà alla Conferenza Internazionale un intervento esaustivo sui seguenti punti: La Siria appoggia la posizione degli Stati della Lega Araba e delle Nazioni Unite e ne rispetta le convenzioni internazionali. La più importante delle quali è la convenzione araba sulla lotta al terrorismo, raggiunta nel 1998.
La Siria domanda, da oltre dieci anni, che si tenga una conferenza internazionale, sotto l´egida delle Nazioni Unite, che elabori un definizione precisa di terrorismo e che distingua tra terrorismo e diritto dei popoli alla resistenza contro l´occupazione straniera, come garantito dall´articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite.
La Siria invita la Comunità internazionale a condannare il terrorismo di Stato praticato da Israele.
La Siria esorta la Comunità internazionale a lottare contro il terrorismo utilizzando gli strumenti della legalità e del diritto internazionale.
La Siria mette l´accento sulle radici del terrorismo, in particolare l´occupazione straniera, la povertà, l´ingiustizia.
La Siria sottolinea il fatto che il terrorismo non conosce frontiere e, per questa ragione, non può essere imputato a una qualsivoglia civiltà, popolo o religione.
La Siria offre la propria solidarietà al Regno dell´Arabia Saudita di fronte agli atti di terrorismo a cui è stata esposta.
La Siria è impegnata sui seguenti terreni: il terrorismo e la droga; il terrorismo e il traffico di armi; il terrorismo e il riciclaggio di denaro».
Nulla di più. Nulla di meno. Abbastanza per irritare la delegazione americana, ma soprattutto per sollecitare con astuzia l´ospite Saudita.
«Damasco - osserva una fonte diplomatica occidentale - sa bene che non ha la forza per opporsi alla scelta della casa reale di giocare la partita della sua sopravvivenza sul terreno della lotta al terrorismo. Ma Damasco sa anche che è in grado di condizionare l´approdo della scelta saudita. Perché qui a Riad esiste una domanda a cui tutti sanno che nessun paese arabo vuole o può dare risposta: quale è la differenza tra terrorismo e guerra di liberazione? La Siria si muove in questa ambiguità e sa che su questo terreno non è sola». La prova è nelle parole di Saleh Abdul-Aziz Al-Asheikh, ministro saudita per gli Affari islamici. Nel secondo giorno di Conferenza offre la sua faccia per rassicurare il mondo che «almeno 250 anime del Regno sono state sottratte alla scelta del Terrore con una campagna internet» in cui gli ulema confessano telematicamente chi ha abbracciato la violenza e ora ne è pentito. Poi, di fronte alla domanda chiave, allarga le braccia: «Mi chiedete che differenza esiste tra terrorismo e lotta di liberazione? Sono un religioso, lasciamo che a decidere siano i tecnici di questa Conferenza».
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