L'occhio strabico di Alberto Stabile
come sempre sul quotidiano dell'Ing.de Benedetti
Testata: La Repubblica
Data: 05/02/2005
Pagina: 21
Autore: Alberto Stabile
Titolo: Israele, gli scrittori a Sharon: Apri al popolo palestinese
In Israele 11 scrittori firmano un appello nel quale chiedono a Sharon di riconoscere le sofferenze dei palestinesi. Come minimo, bisognerebbe ricordare ai firmatari che arrivano in ritardo. Sharon non fa di professione lo psicologo nè l'analista. E' il premier di uno Stato e il suo agire è nell'ambito della politica. Che sta facendo, se non attuare con il piano di disimpegno da Gaza e da una parte della Cisgiordania la configurazione di un prossimo Stato palestinese ? Come dovrebbe quindi alleviare le sofferenze dei palestinesi se non agendo come agisce ? Ma gli intellettuali sono uguali un po' dappertutto, abilissimi a dire a questo e a quello come devono comportarsi. A Sharon prima rimproveravano di non voler lasciare i territori. Adesso che lo fa, gli chiedono di "alleviare le sofferenze" dei palestinesi. Certo, Oz,Grossman,Yehoshua e gli altri scrittori israeliani hanno tutti i diritti di far sentire la loro voce, così come le loro argomentazioni contengono valutazioni anche condivisibili. Certo, se qualche volta si rivolgessero anche alla parte palestinese non sarebbe male. Non vorremmo però che ciò avvenisse e noi ne fossimo tenuti all'oscuro. Non sarà che Stabile nota solo i loro appelli a Sharon e chiude un occhio (o tutti e due) quando si rivolgono all'altra parte ?
E' un sospetto, ma conoscendo le abitudini del quotidiano dellìIng. de Bendetti non ci stupiremmo affatto.

Ecco il pezzo di Stabile:

GERUSALEMME - «Aprire una breccia nella coscienza e nei sentimenti», riconoscendo le sofferenze inflitte all´altra parte. Con questo nobile proposito, che l´interminabile spirale del conflitto ha di fatto cancellato, i dieci maggiori scrittori israeliani hanno lanciato, ieri, un appello perché la ripresa del dialogo provochi un salto di qualità anche sotto il profilo morale nei rapporti fra i due popoli.
L´appello, comparso sui principali giornali attraverso un´inserzione a pagamento, reca le firme di Amos Oz, A. B. Yehoshua, Yehoshua Knaz, Ronit Matalon, Sami Michael, David Grossman, Meir Shalev, Aguy Mishol, Eli Amir e Yehudit Katzir. Come dire, i nomi più illustri della letteratura israeliana contemporanea, che per molti di questi intellettuali s´è intrecciata con l´impegno incessante a favore del dialogo.
«Noi appoggiamo la mossa dello sganciamento decisa dal governo d´Israele, come primo passo verso la fine dell´occupazione», dice il documento con un chiaro riferimento al piano di ritiro promosso da Sharon. Ma per gli scrittori il «disimpegno», lungi dal rimanere un episodio isolato, deve essere l´innesco che farà ripartire l´intero processo di pace. «Noi ci appelliamo - prosegue, infatti, il documento - affinché vengano ripresi immediatamente i negoziati completi, in tutti i settori tra il governo d´Israele e la nuova leadership palestinese».
Fin qui, si direbbe, nulla di nuovo. I soliti auspici destinati, come altre volte in passato, all´archivio delle buone intenzioni rimaste sulla carta. Ma ecco che l´appello affronta uno dei nodi del conflitto offrendo una soluzione coraggiosa. «Noi proponiamo al governo d´Israele di aprire i negoziati con un messaggio rivolto al popolo palestinese, che esprima il riconoscimento delle sue sofferenze e ammetta che Israele ha una parte di responsabilità in tali sofferenze».
Già all´indomani degli accordi di Oslo s´era posto il problema di questo «riconoscimento» morale. Ma le richieste avanzate dai palestinesi in questo senso non erano state recepite. Se è vero che il compito degli intellettuali è misurarsi senza timore con i problemi più spinosi e anticiparne le soluzioni, i firmatari dell´appello hanno tenuto fede al loro ruolo.
«Dopo tanti anni di spargimento di sangue e alla luce degli sviluppi positivi nella regione, noi percepiamo che è giunto il momento di aprire un nuovo capitolo. Non solo, noi sentiamo che, in quanto israeliani, abbiamo la possibilità di fare il primo passo richiesto: guardare negli occhi il popolo palestinese nostro vicino e riconoscere le sue sofferenze, con umana simpatia e partecipazione al loro dolore». Il percorso che può portare all´instaurazione di rapporti basati sul rispetto reciproco comincia, in sostanza, con «la disponibilità a riconoscere le sofferenze dell´altra parte e l´assunzione di parte della responsabilità di tale sofferenza», gesto che anche i palestinesi sono chiamati a compiere. «Ci aspettiamo che anche la nuova leadership palestinese esprima la propria partecipazione alle sofferenze provate dagli israeliani». David Grossaman, perché quest´appello? «Perché si apre una piccola speranza di pace e noi vogliamo dare il nostro contributo non con i soliti slogan, ma sollevando un problema vero che può provocare una svolta emotiva. Israeliani e palestinesi vogliono essere ciascuno più vittima dell´altro. Ma se accettiamo le ferite inflitte e subite dall´uno e dall´altro può essere utile».
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla direzione de La Repubblica. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.
rubrica.lettere@repubblica.it