Nel paradiso sovietico l'antisemitismo non esisteva
distorsioni, minimizzazioni e giustificazioni in un esempio di riscrittura della storia
Testata: Il Manifesto
Data: 04/02/2005
Pagina: 12
Autore: K.S.Karol
Titolo: Il mito dell'Urss antisemita
IL MANIFESTO di venerdì 3 febbraio 2005 pubblica un articolo di K.S. Karol teso a scagionare l'Unione sovietica dall'accusa di antisemitismo.
Alcuni fatti troppo noti per essere omessi (la morte in circostanze oscure di Salomon Michaels, presumibilmente ucciso dall'NKVD la persecuzione antiebraica che Stalin voleva scatenare prima della morte, in "risposta" al fantomatico "complotto dei camici bianchi", le discriminazioni nell'accesso all'università sotto Breznev, la persecuzione dei "refusniki") sono citati, ma con minimizzazioni, falsificazioni, deformazioni che li rendono irriconoscibili (si omette per sempio il fatto che i refusniki finivano nei gulag) e persino giustificazioni (Stalin si rese conto, dopo la visita di Golda Meir a Mosca che "le simpatie di un gran numero di ebrei russi si indirizzavano piuttosto a Israele che al loro proprio paese", scrive Karol, riproponendo le accuse di "doppia fedeltà" tante volte usate dai regimi comunisti per giustificare il loro antisemitismo).
Altri fatti meno noti, come le persecuzioni religiose o le purghe antiebraiche sotto Krusciov o, ancora, l'immensa produzione statale di letteratura chiaramente antisemita a partire dal 1967 non sono nemmeno citati.


Pubblichiamo l'articolo di Karol:

L'antisemitismo è esistito e continua a esistere in tutti i paesi cristiani. Negli Stati uniti, per esempio, ci sono ancora club o banche o perfino alberghi dove gli ebrei non sono ammessi. Non sembra che la comunità ebraica ne sia infastidita e non ne parla. In Europa le cose sono più complicate come testimonia il clamore suscitato da Israele che, sulla base di alcuni episodi dovuti all'estrema destra, denuncia un antisemitismo diffuso in Francia. Ma paradossalmente è all'Urss, paese che ha salvato il più gran numero di ebrei e dove durante la guerra non c'è stata l'ombra di un qualsiasi antisemitismo, che si indirizza la maggior parte dei rimproveri. Essendo stato testimone di quegli anni vorrei fare una messa a punto. Sorpresa dalla rapida avanzata dell'esercito tedesco a partire dal 22 giugno 1941 o non avendo forze sufficienti per arrestarlo, l'Armata Rossa gli ha lasciato grandissimo spazio in Ucraina, in Bielorussia e poi nella Russia medesima. La Wermacht faceva delle retate in grande scala degli ebrei e li uccideva. Erano fatti di dominio pubblico e nessuno che io sappia cercava di negare la tragedia. Ylia Ehrenburg e Vassili Grossman sono state le voci più conosciute della lotta contro l'invasione tedesca ma molti giornalisti ebrei meno noti vi hanno attivamente partecipato. Inoltre un anno prima dell'invasione tedesca la Nkvd aveva deportato in Siberia un gran numero di polacchi dall'Ucraina e dalla Bielorussia occidentali fra i quali degli ebrei e all'inizio della guerra furono tutti rilasciati. Un certo numero ha potuto arruolarsi nell'esercito polacco del generale Anders che ha lasciato l'Urss l'anno dopo per fare la guerra in medioriente. Quelli che sono rimasti nell'Urss avrebbero fornito più tardi l'ossatura dell'amministrazione del nuovo stato di Israele. D'altra parte l'Urss aveva fondato all'inizio della guerra il Comitato antifascista ebreo (Caf) destinato a sollecitare negli Stati uniti, che fino al dicembre del 1942 rimanevano neutri, un movimento d'opinione favorevole all'Armata Rossa.

Questi sono i fatti. Dopo la guerra e la formazione dell'Onu il governo sovietico s'è battuto attivamente per la creazione dello stato ebreo in Palestina e uno dei suoi satelliti, la Cecoslovacchia, ha fornito le armi alla resistenza anti inglese degli ebrei. Avendo perduto durante la guerra più di venti milioni di cittadini l'Urss non ha potuto o non ha voluto distinguere con clamore l'assassinio degli ebrei sovietici. Questo non ha urtato l'opinione occidentale e non ha impedito al governo di Israele, in tutti gli anniversari della vittoria, di fare l'elogio dell'Unione sovietica. «Il popolo ebreo non dimenticherà mai il ruolo decisivo dell'Urss nello schiacciare la Germania nazista» si leggeva nei messaggi. Poi, era l'autunno 1948, il primo ambasciatore di Israele Golda Meyr è arrivata a Mosca e una notevole folla - fra ventimila e cinquantamila persone - venne a festeggiarla. E' stata la prima manifestazione pubblica spontanea che ha colto di sorpresa il regime. Stalin ha dovuto rendersi conto che le simpatie di un gran numero di ebrei russi si indirizzavano piuttosto a Israele che al loro proprio paese. Era egli stesso antisemita? C'è ormai tutta una letteratura in proposito in occidente ma è difficile trarne delle conclusioni. Uno dei figli di Stalin, come anche sua figlia, hanno sposato degli ebrei, cosa che in genere non avviene nelle famiglie antisemite. Un amico georgiano Boris Kurashvili mi ha riso in faccia quando gliel'ho chiesto: «Non troverai in quel che Stalin ha scritto una sola parola di critica nei confronti degli ebrei né di denigrazione dell'ebraismo».

La guerra fredda era al culmine e il governo sovietico cominciò a denunciare quelli che definiva «cattivi patrioti» tacciandoli di «cosmopolitismo». Nello stesso tempo a Minsk il geniale attore ebreo Salomon Mikhoels fu vittima di un incidente d'auto al quale molti ebrei stentano a credere. Alla fine del 1948 il Comitato antifascista ebreo del quale era stato presidente è stato sciolto non avendo più ragion d'essere. Il vertice della campagna contro il «cosmopolitismo» fu raggiunto alla fine del 1952 quando otto professori di medicina ebrei furono arrestati sotto l'accusa d'aver nuociuto alla salute di alcuni dirigenti del paese. Il «complotto dei camici bianchi» ha fatto scorrere molto inchiostro anche fuori dell'Urss. Immediatamente dopo la morte di Stalin, nel marzo del 1953, tutti gli incolpati furono rilasciati e riabilitati.

Dopo il breve passaggio al potere di Nikita Krusciov, è a Leonida Breznev che si deve la legge non scritta sulla limitazione dei posti per gli studenti ebrei in alcune facoltà di scienze. E' stato di nuovo uno scandalo e stavolta un certo di numero di ebrei ha chiesto di lasciare il paese. Il governo ha rifiutato il visto di uscita e da qui il nome di refusniki che gli è rimasto addosso. A Washington il governo degli Stati uniti ha preso delle misure di boicottaggio economico e proibito le esportazioni verso l'Urss di alcune tecnologie. Questa legge resta in vigore ancora malgrado che l'emigrazione degli ebrei dalle frontiere ex sovietiche avvenga ormai liberamente indirizzandosi più verso gli Stati uniti che verso Israele.

In conclusione è chiaro che mettere sullo stesso piano la Germania nazista e l'Urss nell'accusa di antisemitismo è un'assurdità. Nessun paese ha avuto nei quadri superiori dell'esercito tanti ebrei quanto l'Armata Rossa. Certo con la campagna contro il «cosmopolitismo» seguente al 1948 sono state apportate delle restrizioni all'educazione superiore degli ebrei ma le conseguenze devono essere state minime considerando il numero di accademici e professori di origine ebraica. Mentre i contatti fra gli ebrei russi e ucraini con i loro correligionari degli Stati uniti hanno largamente facilitato l'emergere di oligarchi di origine ebrea in Russia.

Vladimir Putin, che non porto nel cuore, è andato alla cerimonia commemorativa di Auschwitz conducendo con sé i veterani dell'esercito sovietico che avevano liberato il campo e qualche ex prigioniero. Nel suo discorso ha parlato di molte cose ma non ha pronunciato le parole shoah o olocausto.

La Russia conosce in questo momento una forte ondata di xenofobia diretta in priorità contro i ceceni e l'insieme di caucasici ma che naturalmente si accompagna qua e là di un acceso antisemitismo. Così in una lettera aperta alcuni editori e uomini politici di tendenza nazionalista - compresi nove deputati, cinque del partito Patria e quattro del Partito comunista - hanno chiesto l'interdizione di ogni organizzazione ebraica. Putin certamente non darà loro ascolto. Ma l'instabilità della situazione russa può portare al governo gente meno «liberale» degli attuali dirigenti e allora il problema dell'antisemitismo, che dal 1917 era scomparso in Russia, rischia di esplodere.
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