L'antisemitismo arabo non nasce con Israele
vi furono discriminazioni e persecuzioni lungo tutta la storia islamica
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Data: 28/01/2005
Pagina: 9
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: La Shoah colpa dell'Europa, per gli arabi il problema è Israele
Tra gli articoli dedicati al giorno della memoria apparsi oggi sull’Unità troviamo un’intervista a Khaled Fuad Allam il quale paragona l’antisemitismo europeo che portò alla Shoà al sentimento antisemita estremamente diffuso nel mondo arabo di oggi. Un’analisi per molti versi condivisibile quella di Allam, che però non convince quando sostiene la tesi secondo cui nella storia dell’Islam non vi siano state particolari discriminazioni e che gli ebrei fossero sotanzialmente inseriti nella società araba. A questi ultimi infatti erano sì riconosciuti alcuni diritti, ma allo stesso tempo ne erano negati altri ed era loro affibiata la condizione giuridica di dhimmi; per quanto riguarda gli episodi di intolleranza, vi furono califfi che perseguitarono ferocemente gli ebrei e praticarono atti discriminatori nei loro confronti. Quella del rapporto tra ebrei e arabi è dunque una storia non lineare che attualmente si manifesta in un periodo di forte antisemitismo dove confluiscono antich e recenti. Da segnalre il fatto che il titolo dell'articolo, "La Shoah colpa dell'Europa, per gli arabi il problema è Israele" isola alcune delle affermazioni di Allam, comunque consapevole di una preoccupante diffusione di antisemitismo nel mondo arabo, con lo scopo palese di negare un qualsiasi ruolo del pregiudizio antiebraoco nel conflitto mediorientale, andando ben al di là delle intenzioni dello studioso.
Di seguito l’articolo:

La valenza e la tragica unicità della Shoah interroga soprattutto la coscienza dell’Europa che ha coltivato al proprio interno i germi, culturali, religiosi, politici, che hanno prodotto il Terzo Reich e i campi di sterminio nazisti. Storicamente, nel mondo arabo e musulmano l’accettazione dell’"altro da sé", in questo caso dell’ebreo, e un elemento caratterizzante, identitario. L’affermarsi dell’antisemitismo è un fenomeno più recente, metapolitico, legato alla nascita dello Stato d’Israele e ai conflitti arabo-israeliani». A sostenerlo è il professor Khaled Fuad Allam, sociologo del mondo islamico.
Il mondo islamico e la Shoah. Si può parlare di un diffuso atteggiamento negazionista o comunque fortemente riduttivo dell’Olocausto nel mondo arabo e musulmano?
«La valenza della Shoah come l’abbiamo conosciuta in Europa, una tragedia che interroga la coscienza dell’umanità, non ha un analogo riscontro nel mondo arabo e musulmano. E questo perché storicamente non è mai successo un fenomeno analogo nel mondo islamico. Al contrario, la storia del mondo islamico è segnata da importanti eventi di accoglienza: penso, ad esempio,gli ebrei cacciati dalla cattolicissima Spagna trovarono rifugio nel califatto a Istanbul. La Shoah è, in un certo senso, incompatibile con la visione antropologica della società musulmana, a cui è estranea l’idea di distruggere scientificamente una razza, colpevole solo di esistere. Un musulmano non lo capirebbe mai».
Non può però negare che nel mondo arabo sia presente l’antisemitismo.
«Non lo nego affatto, anzi ne sono alquanto preoccupato. Rilevo che questo fenomeno è un fenomeno più recente che si nutre di un negazionismo di matrice occidentale e che si intreccia con forme di modernità politica. In una formula, Irving più nazionalismo arabo che usa argomentazioni antisemite per rafforzare il proprio antisionismo».
Una delle critiche che le élite intellettuali arabe rivolgono a Israele è quella di strumentalizzare la Shoah per giustificare la politica del pugno di ferro nei confronti dei palestinesi.
«Si tratta di un atteggiamento estremamente pericoloso che però riguarda una certa frangia di intellettuali. Eviterei però di generalizzare. Si tratta peraltro di un fenomeno recente, quindici anni fa non esisteva. È un antisemitismo che si è adattato alla situazione politica delle relazioni israelo-palestinesi. Quel conflitto nella parte araba si alimenta in modo acculturato di queste forme nuove di antisemitismo. È una cosa costruita artatamente, ma non si può dire che questo antisemitismo politico incontri il sentimento delle masse arabe e musulmane, il loro tratto identitario, la loro cultura. La storia ci insegna che per molti secoli ebrei, arabi, musulmani hanno vissuto insieme. Ai miei studenti all’inizio dell’anno accademico mostro delle fotografie del primo Novecento in Algeria di persone e sfido chiunque a dirmi questo è un musulmano, questo è un ebreo...è impossibile distinguerli perché partecipavano alla stessa cultura. Così si capisce che l’antisemitismo è il prodotto dell’acculturazione indotta di queste società e della conflittualità politica, ma non si alimenta all’interno di una dimensione escatologica come lo è per la storia del cristianesimo e, soprattutto, dell’Europa».
Resta il fatto che in alcuni Paesi arabi si trasmettono programmi fondati sui Protocolli dei savi anziani di Sion.
«Tutto questo è il prodotto di una acculturazione recente: ottant’anni dopo, il mondo arabo scopre i "Protocolli" per usare il passato al fine di contestare una realtà ormai acquisita: lo Stato di Israele».
Oggi nel mondo arabo e musulmano che percezione c’è dell’altro da sé, del «diverso» che l’Ebreo ha storicamente simboleggiato?
«Conosco un grande intellettuale israeliano, Stefan Moses, che durante le leggi razziali in Francia trovò rifugio in Marocco, perché il sultano del Marocco aveva rifiutato di applicare le leggi razziali: gli ebrei erano protetti dalla monarchia marocchina. La dimensione comunitaria propria dell’identità musulmana faceva sì che ciascuno viveva sulla base delle rispettive convinzioni religiose e identità culturali e ciò non impediva assolutamente una compenetrazione fra elementi culturali eterogenei. È il nazionalismo che ha spaccato questa fraternità costitutiva di questo mondo, ed oggi il mondo, non solo quello musulmano, è orfano di una fraternità che la politica non riesce a ricostruire. Ma ciò ci offre anche una speranza, nel senso che nei rapporti tra ebrei e musulmani in Palestina questa fraternità è qualcosa che è esistito storicamente e questo ci permette di pensare che alla fine i rapporti possano ricrearsi.
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