Un capo di Hamas passa per un normale leader politico
intervistato da u.d.g
Testata:
Data: 26/01/2005
Pagina: 7
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: "Hamas è pronto a offrire una chance a Abu Mazen"
La capacità di trasformare veri e propri terroristi in semplici leader politici, sembra essere il piatto forte di Umberto de Govannangeli, il quale scrive sull’UNITA' di mercoledì 26 gennaio 2005 un’intervista in ginocchio a uno dei leader di Hamas. Al di là delle varie faziosità lessicali quali l’uso della parola terrorismo esclusivamente in relazione al "terrorismo di Stato israeliano", quello che traspare è l’idea che Hamas vada inserito e inglobato nell’universo politico palestinese al fine dell’unità interna di quest’ultimo, una concordia interna di cui a pagare il prezzo sembra essere soltanto Israele. Udg non dà sufficiente peso all’interrogativo che riguarda il significato per Hamas di un’eventuale tregua, le parole di Hassan Yusef a proposito sono fumose e il giornalista evita di incalzare; non c’è posizione chiara sul diritto all’esistenza di Israele né tantomeno su che cosa Hamas intenda per fine dell’occupazione. La conclusione dell’articolo, per chi legge tra le righe e nonstante i tentativi di Udg, è che il fine di Hamas sia sempre lo stesso: la distruzione di Israele, magari attraverso la strategia "politicamente corretta" dei piccoli passi, così cara ad Arafat e ai suoi sostenitori. Di seguito l’articolo.
«Le trattative con Mahmoud Abbas (Abu Mazen, ndr.) stanno procedendo nella giusta direzione. Abbas riconosce il ruolo di Hamas nella società palestinese e nella resistenza contro l’occupazione sionista, vuole dialogare per il bene della causa palestinese e non intende porre diktat. Per la prima volta sono stati raggiunti progressi sostanziali e i negoziati hanno prodotto risultati importanti che saranno presto resi noti». Ad affermarlo è lo sceicco Hassan Yusef, uno dei leader politici di Hamas. Liberato lo scorso 18 novembre da Israele dopo 28 mesi di carcere, Yusef ha subito ripreso la guida del movimento integralista in Cisgiordania. «I colloqui in corso - rileva Yusef - non riguardano solo una eventuale hudna (tregua, ndr.) ma investono tutti i nodi che riguardano il futuro del popolo palestinese».
Il presidente dell’Anp si è detto ottimista sulla possibilità di giungere ad una intesa con le varie fazioni palestinesi. Condivide questa ottimistica valutazione?
«Siamo indubbiamente sulla buona strada. Abu Mazen ha compreso l’importanza di mantenere l’unità del fronte palestinese e ha dato una impronta costruttiva al dialogo nazionale».
La prima richiesta avanzata da Abu Mazen è quella di un cessate il fuoco.
«Altre volte in passato tregue unilaterali sono servite a Israele per colpire dirigenti e attivisti dell’Intifada. Il cessate il fuoco non può significare la resa al nemico. Comprendiamo però le ragioni di Abu Mazen e abbiamo dato la nostra disponibilità a negoziare una hudna (tregua) se, come richiesto dallo stesso Abu Mazen, Israele si impegnerà a fare altrettanto...».
Cosa significa in termini concreti?
«Significa che Israele deve porre fine al terrorismo di stato contro i militanti palestinesi e cessare le operazioni militari nei Territori. Su queste basi un cessate il fuoco temporaneo è negoziabile. Se Israele si impegna a porre fine agli assassini politici e a fermare gli attacchi contro i nostri civili, lo faremo anche noi».
Tra le questioni al centro dei colloqui tra Hamas e Abu Mazen c’è anche la questione dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane.
«La liberazione dei 9mila combattenti palestinesi incarcerati da Israele è per noi una delle questioni fondamentali ed è importante che Abu Mazen si sia mostrato particolarmente attento al problema».
I negoziati in corso non riguardano solo un cessate il fuoco ma investono, ha ripetuto Abu Mazen, anche la possibilità di un ingresso di Hamas nell’Anp.
«Questo è da escludere. L’Anp, per come si è configurata, rappresenta l’espressione di quegli accordi di Oslo che Hamas ha sempre contestato. Altra cosa è aprire il confronto per l’instaurazione di un’alta autorità palestinese...».
Questa autorità può essere l’Olp?
«È una ipotesi su cui lavorare...».
In questo caso Hamas sarebbe disposto a farne parte?
«È una possibilità che stiamo prendendo in seria considerazione. D’altro canto, Hamas intende far pesare il consenso acquisito in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza in ogni ambito della vita politica palestinese e delle istituzioni che intendono rappresentare tutte le forze della resistenza all’occupazione sionista».
Abu Mazen ha più volte affermato che la pace per cui si batte è una pace fondata su due Stati. Hamas è pronto a riconoscere il diritto all’esistenza di Israele facendo del cessate il fuoco un «Nuovo inizio»?
«Hamas difende i diritti di un popolo a cui è negato il diritto di esistere in quanto popolo. Se Israele accetta di riconoscere il diritto dei palestinesi a vivere in uno Stato indipendente con capitale Gerusalemme est e sui territori occupati nel ‘67, allora sarà possibile aprire una fase nuova...».
Una fase senza più lotta armata?
«La lotta armata è al servizio di un disegno politico, è uno strumento e non un fine. Il fine è la nascita dello Stato di Palestina; quando lo raggiungeremo, saremo i primi a deporre le armi».
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de L'Unità. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.
lettere@unita.it