Abu Mazen ce la farà ?
cronache del tentativo da 4 quotidiani
Testata:
Data: 18/01/2005
Pagina: 1
Autore: Alessandra Coppola - Alberto Stabile - Umberto De Giovannangeli- Michele Giorgio
Titolo: Abu Mazen di fronte al terrorismo
Abu Mazen sta affrontando il terrorismo palestinese. E' questo l'argomento cui dedicano spazio i quotidiani di oggi. L'articolo che riassume la questione è quello di Alessandra Coppola sul CORRIERE DELLA SERA che pubblichiamo integralmente.
L'UNITA' è sempre giustificazionista. Secondo il giornale dei DS "il presidente ordina maggiori controlli ai valichi", come se di controlli ce ne fossero già stati, mentre invece quello che c'è davvero è la connivenza più totale con i terroristi. La strage al valico di Karni insegna. Ma l'Unità, che chiama i terroristi "oltranzisti dell'intifada", crede ciecamente a tutto quanto arriva dall'ANP, attraverso la penna di Umberto De Giovannangeli, ovviamente. Il quale scrive "domani Abu Mazen si recherà a Gaza per incontrare i leader islamici". Leader islamici ? La parola giusta è "terroristi islamici", ma UDG si guarda bene dall'adoperarla.
Sul MANIFESTO, un titolo che sarebbe comico se non fosse tragicamente rivelatore della funzione propagandastica che ha il quotidiano comunista:
" Basta razzi.I combattenti entrino nella sicurezza", questo il titolo, come se si trattasse di un programma scolastico. Ragazzi, adesso basta con i razzi, vi siete divertiti abbastanza, su, entrate nella sicurezza, come dire su in casa a fare merenda. I lettori del MANIFESTO devono avere le facoltà intellettive molto appannate per non accorgersi di come il loro quotidiano descrive il terrorismo palestinese. Pardon, dovremmo dire resistenza. Anche l'inizio dell'articolo di Michele Giorgio è comico se non fosse tragico. "La pensione attende buona parte dei comandanti dei 12 servizi di sicurezza dell'ANP in attesa di riorganizzazione". Notare quanta delicatezza nella scelta dei termini.
Pensione, riorganizzazione,come se si trattasse di impiegati giunti alla fine del ciclo lavorativo. Naturalmente Giorgio non manca di concludere ricordando ai lettori del MANIFESTO che Sharon è sempre in agguato e che "potrebbe occupare in modo permanente, anche dopo il ritiro, porzioni di territorio della Striscia". Come dire, Sharon si ritira ma rioccupa. Che buontempone Michele Giorgio.
Anche Alberto Stabile su REPUBBLICA, una frecciata a Israele non manca di darla. "Israele ha reagito con freddezza", scrive a proposito della valutazione che il Governo Sharon ha dato delle dichiarazioni di Abu Mazen circa il suo impegno a fermazre il terrorismo. Cosa doveva mai fare Israele, brindare a champagne ? A che cosa poi, a delle intenzioni ? Stabile, come sempre chiude la sia corrispondenza lasciandio la parola a un "miliziano", "prima di prevenire attacchi contro Israele bisognerebbe fermare la deliberata e quotidiana uccisione di palestinesi", sono queste le parole che il lettore legge per ultimo, E sono quelle che gli resteranno nella mente. Ottima la tecnica, dottor Stabile ! In quanto a come fermare il terrorismo, così scrive Stabile: "Paradossalmente il compito di Abu Mazen nel tentare di ridurre a più miti consigli le organizzazioni integraliste può risultare più facile che debellare i molti centri di potere sorti all'interno dell'autorità palestinese". Capito ? i terroristi sono organizzazioni integraliste e la loro eliminazione sarà ridurli a più miti consigli. E' incredibile come Stabile, e con lui tanti altri suoi colleghi, attenuino il loro vocabolario quando devono definire la parte palestinese. E come facciano l'operazione opposta quando riferiscono quella israeliana. Già, chissà perchè lo fanno ?

Ecco l'articolo di Alessandra Coppola dal CORRIERE DELLA SERA di oggi, a pag.14: « Agenti, fermate chi attacca Israele »

Abu Mazen ordina alla polizia di intervenire contro i gruppi armati palestinesi Il portavoce degli estremisti: « Non cederemo le armi, un errore dissolvere l'ala militare della resistenza » . Lo Stato ebraico: « Non daremo alla nuova leadership cento giorni di grazia »
DAL NOSTRO INVIATO GERUSALEMME — Qualcosa si muove a Ramallah. Da poco più di 48 ore alla guida dell'Autorità nazionale palestinese, il nuovo presidente Abu Mazen ha preso la prima decisione per mettere in pratica il suo programma: ha ordinato ai capi dei servizi di sicurezza di adoperarsi per prevenire gli attacchi dei gruppi armati contro lo Stato ebraico e di intensificare i controlli ai confini di Gaza. In più, ha stabilito l'integrazione delle Brigate martiri di Al Aqsa nelle forze e nell'amministrazione dell'Anp.
Solo « un piccolo passo » , secondo Israele, che aspetta i fatti ( come ha ripetuto un portavoce del governo). Una decisione rilevante, invece, dal punto di vista palestinese: l'indicazione che la leadership ha scelto di accompagnare le trattative e i tentativi di persuasione con metodi più duri, affrontando anche il rischio di uno scontro interno.
Chi violerà queste disposizioni, ha detto il premier Abu Ala, « sarà punito » .
Il capo della sicurezza preventiva a Gaza, Rashid Abu Shbakh, si è detto pronto ad adottare « misure concrete sul campo » . Ma ha anche fatto capire che la strategia è continuare a discutere con Hamas e Jihad islamica per un cessate il fuoco: « I colloqui andranno avanti per qualche giorno, se non si assumeranno le proprie responsabilità, ci troveremo obbligati a prendere provvedimenti contro di loro » . Un'ipotesi potrebbe essere quella di chiedere la consegna delle armi. Bisognerà poi vedere con quale risposta. Hamas e Jihad hanno già respinto l'invito del Comitato esecutivo dell'Olp ad abbandonare la violenza, ma al tempo stesso non sono chiuse al dialogo. Tra oggi e domani, Abu Mazen dovrebbe recarsi personalmente a Gaza per portare avanti i colloqui. Quanto alle Brigate martiri di Al Aqsa, gruppi ribelli nati all'interno del Fatah ( il partito del presidente) all'inizio della seconda Intifada, i dirigenti dell'Anp contano su una reazione nel complesso positiva. Pur sapendo che le realtà locali sono molto diverse e che alcuni piccoli gruppi che si muovono sotto l'etichetta Al Aqsa non sono interessati a diventare « legali » : trovano più conveniente il caos. Gli altri tratteranno. Lo ha spiegato uno dei portavoce, Nasser Jumaa: « Abu Mazen deve discutere a lungo con noi, l'occupazione continua e noi riteniamo inopportuno dissolvere l'ala militare della resistenza » . « Non possiamo cedere le armi — dice Jumaa — , ma se Israele si ritira da Gaza e dalle città, e se ci sono progressi politici, considereremo questa misura come necessaria per mettere ordine nella casa palestinese » .
Il portavoce indica anche che le Brigate sostengono gli sforzi di Abu Mazen per riunificate i servizi di sicurezza: « Non c'è bisogno di organizzazioni in stile mafioso come le guardie presidenziali e Forza 17 » , conclude Jumaa. Gli stessi dirigenti dei corpi che saranno soppressi, spiegano gli analisti locali, sarebbero ormai rassegnati alla riforma: saranno ridotti da undici ( eredità di Arafat, che divideva per governare) a tre. Molti dei capi starebbero già facendo le valigie per lasciare i Territori.
Dalla riunione di governo palestinese è venuta ieri anche la decisione di aprire un'inchiesta sull'attentato a Karni, giovedì scorso, in cui sono stati uccisi sei israeliani. Un passo in più che potrebbe ora convincere lo Stato ebraico a scongelare i rapporti con l'Anp, bloccati dal premier Ariel Sharon proprio dopo Karni. Ieri c'è stato un colloquio tra Abu Mazen e l'esponente della sinistra israeliana Yossi Beilin ( grazie al cui appoggio esterno è passato il nuovo governo Sharon). Nonostante le dichiarazioni dure dei giorni scorsi, sembrerebbe che Israele sia disposto a dare un po' di tempo al presidente palestinese.
« Non avrà 100 giorni di grazia » , ha detto ieri il vice ministro della Difesa Zeev Boim. Ma forse dieci sì.
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