La risposta di Sharon all'attentato a Karni
omissioni e scorrettezze in 4 quotidiani
Testata:
Data: 17/01/2005
Pagina: 11
Autore: Alessandra Coppola - Aldo Baquis - Alberto Stabile - Umberto De Giovannangeli
Titolo: L'Olp: «Fermate gli attacchi a Israele» - Abu Mazen agli ultrà:«Fermate le violenze» - Colpite i militanti palestinesi - L'Olp: basta con gli attacchi a Israele
Sul CORRIERE DELLA SERA di lunedì 17-01-05, a pagina 11, l'articolo di Alessandra Coppola "L'Olp: «Fermate gli attacchi a Israele»", ha un titolo che non rende conto della crisi in atto, concentrandosi su dichiarazioni la cui efficacia andrà valutata e non contiene riferimenti a fatti la cui conoscenza è essenziale per capire i motivi della sospensione dei contatti con l'Anp decisa da Ariel Sharon dopo l'attentato al valico di Karni: il fatto uno dei gruppi che lo hanno rivendicato, le Brigate dei martiri di al Aqsa, sia parte di al Fatah, il partito di Abu Mazan e, ancor più importante, il fatto che i terroristi siano stati lasciati avvicinare al valico dalle forze di sicurezza palestinesi.
Riportiamo l'articolo nella versione abbreviata disponibile su inernet:

— Fermatevi compagni: « Stop a tutte le azioni militari che danneggiano i nostri obiettivi nazionali e offrono a Israele il pretesto per ostacolare la stabilità palestinese » . Al secondo giorno di presidenza di Abu Mazen e all'ennesimo lancio di razzi Kassam sullo Stato ebraico dalla Striscia di Gaza entra in scena il Comitato esecutivo dell'Olp, l'Organizzazione per la liberazione della Palestina. L'organo più autorevole del sistema politico dei Territori. Più delle istituzioni dell'Anp, concepita dalla sua nascita come un'Autorità transitoria e dal mandato ristretto.
E' l'Olp a rappresentare il popolo palestinese ( il neoleader Abu Mazen pare voler rivitalizzare questo ruolo) e a raccogliere sotto il suo ombrello tutte le formazioni. Con due eccezioni: Hamas e Jihad islamica. Riuscirà l'appello del Comitato esecutivo a raggiungere anche loro? Abu Mazen ci conta. Con il tempo che scorre e la sua posizione che si fa più debole, il nuovo presidente di Autorità nazionale palestinese e Olp cerca di restare attaccato alla sua strategia ( malgrado gli inviti Usa a « passi aggressivi » ) , nel timore di una guerra civile: convincere con il negoziato i gruppi estremisti a lasciare le armi. Per farlo, gli è utile anche il comunicato del Comitato esecutivo dell'Olp.
Il testo chiede la fine delle operazioni militari e stabilisce l'avvio immediato del « dialogo nazionale » per far « cessare il caos nella sicurezza, che offre al governo israeliano pretesti per continuare la sua aggressione e la chiusura dei territori palestinesi » . Inoltre: « L'Olp conferma il suo impegno nell'opzione della pace e nell'adempiere a tutti gli obblighi assegnati alla parte palestinese dalla Road Map » . Infine, un appello a Israele perché risponda ai suoi doveri tracciati dalla « mappa » per la pace « r eciprocamente e allo stesso tempo » . Solo parole, è la risposta dello Stato ebraico al documento dell'Olp: servono i fatti. Che per il momento non arrivano.
Un incontro tra Abu Mazen e rappresentanti di Hamas dovrebbe avvenire tra mercoledì e giovedì. Intanto le dichiarazioni continuano su tono ambivalente: « La resistenza andrà avanti finché andrà avanti l'aggressione israeliana — dice il portavoce di Hamas, Abu Zuhri — ma se ogni forma di aggressione finisce, prenderemo in considerazione un cessate il fuoco » . Una porta socchiusa per le speranze di trattativa del presidente. Destinate, però, a restare frustrate sul campo: razzi e colpi di mortaio continuano. E si contano morti palestinesi: ieri una donna e suo figlio uccisi a sud della Striscia. Il premier israeliano Sharon ha ordinato all'esercito di intensificare le operazioni militari per « fermare il terrorismo » : « Continuer anno a farlo senza restrizioni — ha detto — finché i palestinesi non muoveranno un dito » .
« Questa politica affonda il processo di pace — ha risposto da Ramallah il ministro degli Esteri Nabil Shaat — , faccio appello al popolo israeliano perché la respinga » . Battute che riportano ai periodi di stallo dell'ultima presidenza Arafat. Per provare a spezzare il meccanismo si è inserito l'Egitto.
Dal Cairo il presidente Hosni Mubarak ha invitato Sharon a non reagire agli attacchi degli estremisti palestinesi, chiedendo che sia dato tempo ad Abu Mazen per controllare i miliziani.
Corretto l'articolo di Aldo Baquis pubblicato a pagina 9 della STAMPA.
Il titolo confonde però i terroristi con gli "ultrà". Recita infatti:"Abu Mazen agli ultrà:«Fermate le violenze»",. L'uso della parola "ultrà" richiama il tifo sportivo, è quindi evidente l'intenzione di ammorbidire la violenza.
Ecco il testo:

Un severo appello a tutte le organizzazioni palestinesi affinché mettano fine «ad ogni operazione militare che contrasti con i supremi interessi nazionali» è stato lanciato ieri dal Comitato esecutivo dell'Olp al termine di una seduta presieduta a Ramallah da Abu Mazen. Mercoledì il presidente palestinese sarà a Gaza per incontrare faccia a faccia i principali dirigenti politici locali nel tentativo di persuaderli a sospendere le operazioni che «garantiscono ad Israele pretesti grazie ai quali continua a destabilizzare la situazione nei Territori palestinesi».
Un secondo appello è stato lanciato da Abu Mazen al premier Ariel Sharon, affinché «abbandoni la strada delle esecuzioni mirate, delle distruzioni, delle uccisioni e dell'ampliamento delle colonie» prediligendo piuttosto «un dialogo fra pari» con i dirigenti palestinesi. Ma il primo ministro israeliano deve cimentarsi a sua volta con una opinione pubblica interna infuriata per il ripetersi degli attacchi armati dell’intifada. Giovedì sei civili israeliani sono stati uccisi al valico di Karni (Gaza) in un attacco palestinese che - secondo Israele - poteva e doveva essere sventato dagli agenti palestinesi sul posto. Sabato la città israeliana di Sderot (Neghev) è stata colpita da razzi Qassam sparati dalla vicina Gaza: una esplosione ha ridotto una ragazza di 17 anni in fin di vita. E la popolazione (23 mila abitanti) adesso minaccia di lasciare in massa la città per protesta contro Sharon, la cui fattoria si trova nelle immediate vicinanze. Ieri, due donne palestinesi, madre e figlia (45 e 28 anni) sono stati uccise a Khan Yunes, nel sud della Striscia di Gaza, pare da un proiettile di carro armato israeliano.
Aprendo la riunione del consiglio dei ministri, Sharon ha avvertito i dirigenti dell'Anp che se non prenderanno subito in pugno la situazione a Gaza, sarà l'esercito israeliano ad intervenire direttamente, senza alcun limite. «Ho già impartito gli ordini necessari», ha precisato il premier, che venerdì ha sospeso fino a nuovo ordine qualsiasi contatto con la controparte palestinese. Più esplicito ancora il ministro Israel Katz (Likud), secondo cui presto o tardi i razzi Qassam potenziati potranno colpire da Gaza anche il ranch del Sicomoro di Sharon. «Se dobbiamo scegliere fra la fuga degli abitanti di Sderot verso Tel Aviv o la fuga degli abitanti di Gaza verso il Sinai, preferiamo la seconda strada». ha detto il ministro.
In attesa che Abu Mazen giunga a Gaza, i dirigenti dei gruppi massimalisti hanno affermato che in ogni caso i loro apparati militari non saranno smantellati perché sono riusciti in questi mesi ad assumere la iniziativa sul terreno e a costringere Israele a limitarsi ad operazioni di reazione. «All'origine della violenza c'è la occupazione militare - ha spiegato un leader politico di Hamas, lo sceicco Mahmud a-Zahar. - Non sarebbe morale dire ad una donna che venga violentata che deve cessare di opporre resistenza».
Abu Mazen, ha spiegato il suo ministro degli esteri Nabil Shaath, punta a concordare una «hudna» (cessate il fuoco) israelo-palestinese della durata di un anno: un lasso di tempo in cui sarebbe possibile rimettere in moto i negoziati. Hamas e Jihad islamica dicono che potrebbero «prendere in considerazione» la «hudna» solo dopo che Israele avesse di fatto cessato tutte le ostilità sul terreno. Gli islamici sanno del resto che oltre le argomentazioni, Abu Mazen non ha nei loro confronti un credibile potere di coercizione. Sulla carta ha oltre 30 mila agenti armati a Gaza, suddivisi però in una dozzina di diversi apparati di sicurezza spesso rivali fra di loro. Ancora ieri un agente dell'intelligence è caduto in un'imboscata a Gaza tesagli - secondo fonti islamiche - da una organizzazione segreta (Le Squadre della Morte) che sarebbe manovrata dalla sicurezza preventiva.
Secondo Mohammed Dahlan (uomo di fiducia del Raiss a Gaza) l'obiettivo prioritario di Abu Mazen è appunto quello di eliminare la violenza privata fra i palestinesi della Striscia, secondo il principio: «Una sola autorità, una sola arma». Nel suo mirino ci sono gli spacciatori di droga, i contrabbandieri, la criminalità organizzata, ha precisato Dahlan, e non i gruppi armati dell’intifada.
Grave la scorrettezza del titolo dell'articolo di Alberto Stabile a pagina 14 di REPUBBLICA, "Colpite i militanti palestinesi": la decisione di Sharon di rispondere militarmente al terrorismo diventa un inesistente mandato a "colpire" ed eliminare palestinesi politicamante attivi, indipendentemente dal loro coinvolgimento nella violenza, l'autodifesa diventa spietata repressione politica.
Non si potrebbe affermare, comunque, che il titolo tradisca il contenuto dell'articolo, incentrato su una serie di supposizioni e opinioni personali e privo di elemnti di conoscenza indispensabili. "A nulla è valso" scrive Stabile "l´appello ai militanti lanciato dal Comitato esecutivo dell´Olp, di cessare tutte le azioni militari «che danneggiano i nostri interessi nazionali e forniscono il pretesto ad Israele per ostruire la nostra stabilità»". In quell'"a nulla è valso" è evidente l'espressione di un rammarico: l'appello avrebbe dovuto essere ascoltato dall'ostinato Sharon.
Si pensi, argomenta Stabile, che "mai, al tempo di Arafat, il vertice politico aveva osato avanzare una richiesta simile"!
Un'affermazione che Stabile non aveva mai fatto al tempo di Arafat, peccato!
In realtà ambigue condanne in inglese del terrorismo non erano manacte neanche all'epoca di Arafat, erano isuoi discorsi in arabo, i suoi segnali di incoraggiamento, l'immunità e i finanziamenti che garantiva agli organizzatori delle stragi che rendevano quei proclami ipocriti e irrilevanti.
In ogni caso, ora la richiesta di Abu Mazen ha una portata assai limitata. Anche Stabile infatti deve ammettere che: "nulla dice che le organizzazioni intransigenti l´accoglieranno".
Nessun cenno, ovviamente al coinvolgimento di Al Fatah nell'attentato e alla colpevole inerzia delle forzed i sicurezza palestinesi.
Così l'articolo può chiudersi con l'ammonimento di Mubarak secondo cui "il dialogo non progredisce se ci si aspetta che cessino tutti gli atti di terrorismo". Ma Israele non si aspetta che cessino tutti gli atti di terrorismo, solo che la sua controparte faccia qualcosa per fermarli.
Ecco l'articolo:

Gerusalemme - Così come erano improvvisamente fiorite, le speranze di dialogo tra israeliani e palestinesi sono rapidamente appassite alle prime difficoltà. Dopo aver ordinato di congelare ogni contatto con la nuova leadership guidata da Abu Mazen, ieri, alla riunione del Consiglio dei ministri, Ariel Sharon ha dato mano libera all´esercito per colpire il terrorismo «senza alcuna limitazione» e fintanto che l´Autorità palestinese continuerà «a non alzare un dito».
A nulla è valso l´appello ai militanti lanciato dal Comitato esecutivo dell´Olp, di cessare tutte le azioni militari «che danneggiano i nostri interessi nazionali e forniscono il pretesto ad Israele per ostruire la nostra stabilità». Mai, al tempo di Arafat, il vertice politico aveva osato avanzare una richiesta simile. E tuttavia nulla dice che le organizzazioni intransigenti l´accoglieranno.
Al contrario, due missili Kassam sono piovuti anche ieri nel Neghev occidentale, senza provocare né vittime, né danni, ma accrescendo il timore diffuso tra la popolazione. Sul fronte opposto, gli elicotteri israeliani hanno distrutto tre basi di lancio di missili artigianali, mentre una colonna corazzata è entrata a Zeitun, sobborgo di Gaza, in un´operazione che sembra ripetere lo schema già varie volte inutilmente sperimentato egli ultimi quattro o cinque mesi.
Sharon, dunque, ha scelto l´opzione militare. Il linguaggio è improvvisamente tornato pieno di asprezze, come ai tempi di Arafat: «Nonostante il cambio nella leadership palestinese, non abbiamo ancora visto prendere nessuna iniziativa contro il terrore», ha detto il premier ai suoi ministri. «Così non si può andare avanti». Qualche editorialista israeliano timidamente si chiede se questo repentino ricorso alla forza da parte del primo ministro sia il modo più appropriato per rafforzare Abu Mazen o non sia, invece, la ricetta sicura per bruciare le possibilità del nuovo presidente palestinese di mettere sotto controllo i gruppi armati.
Abu Mazen piaccia o non piaccia al premier israeliano, ha una sua strategia. Non intende usare la violenza contro le fazioni intransigenti ma punta invece sul «dialogo nazionale» per convincerle a una tregua. Un metodo che non può risolversi in tempi brevi. Ed è questo andar per le lunghe che Sharon ha mostrato di non tollerare.
Che Abu Mazen riesca a riportare le fazioni intransigenti a più miti consigli non è garantito. Ieri, ad esempio, il leader politico di Hamas, Mussa Abu Marzuk, dal suo rifugio siriano ha detto che l´organizzazione integralista al momento non intende accettare una tregua. Hamas vuole che Israele «cessi ogni tipo di aggressione», prima.
La scelta del pugno di ferro adottata da Sharon ha trovato nel leader egiziano Hosni Mubarak un critico rispettoso ma fermo. Con il suo linguaggio essenziale, ha ricordato cioè che l´esperienza insegna: E cioè che il dialogo non progredisce se ci si aspetta che cessino tutti gli atti di terrorismo.
L'articolo Di Umberto De Giovannageli a pagina 12 dell'UNITA', descrive la situazione di crisi creata dal terrorismo, ma ha un titolo del tutto fuorviante: "L'Olp: basta con gli attacchi a Israele".
La notizia diventa una dichiarazione di Abu Mazen la cui efficacia nel fermare gli attacchi è ancora tutta da verificare, mettendo in secondo piano l'offensiva terroristica e la crisi della strategia del nuovo raìs palestinese, consistente nel cercare un accordo con i gruppi oltranzisti per ottenere un cessate il fuoco.
L'episodio di Khan Yunes riportato alla fine dell'articolo è separato dal conteso della lotta al terrorismo, e in particolare lanci di Qassam e ai tiri di mortaio, compiuti dall'abitato delle cittadine palestinesi di Gaza, e scorrettamante appare come un atto di violenza gratuita mirato ai civili.
Ecco l'articolo:

Rilanciare la lotta al terrorismo. «Senza alcuna limitazione né di tempi né di mezzi». È l'ordine impartito da Ariel Sharon alle forze armate israeliane. Ad annunciarlo è lo stesso Sharon all'apertura della seduta settimanale del Consiglio dei ministri. «Sfortunatamente, malgrado l'avvicendamento ai vertici dell'Autorità nazionale palestinese, noi vediamo che finora i responsabili palestinesi non hanno saputo adottare alcuna misura per prevenire il terrorismo», rileva il premier israeliano. «I quadri operativi delle nostre forze armate sono stati di conseguenza istruiti a fare tutto il necessario per fermare il terrorismo», sottolinea Sharon. Queste direttive, conclude il primo ministro, rimarranno in vigore «fino a quando la nuova dirigenza palestinese non muoverà un dito» per fermare i gruppi armati.
Il «Nuovo inizio» rischia dunque di sfiorire ai suoi albori, tra attacchi suicidi, sanguinose rappresaglie e lanci di razzi contro colonie e città israeliane. Due razzi Qassam sono stati sparati ieri mattina dal nord della Striscia contro la vicina città israeliana di Sderot. «I palestinesi sono soliti sparare i loro razzi fra le sette e le otto di mattina per creare il panico nelle scolaresche che a quell'ora sono dirette ai loro istituti scolastici», rileva il vice sindaco Ghay Ben Yaish. Ieri mattina in molte scuole e asili nido di Sderot si sono viste classi semideserte. La città, e con essa l'intero Israele, trepida per la sorte dell'«eroina di Sderot», Ela Abucassis, 17 anni, che l'altro ieri è ha fatto scudo con il proprio corpo a Tamir, il fratellino di 10 anni, per impedire che fosse ucciso dalle schegge di un Qassam. Ela è in fin di vita, e i 23mila abitanti di Sderot minacciano di abbandonare in massa la città accusando Sharon di averli traditi, lasciandoli esposti, inermi, senza reagire all'incessante bombardamento di Hamas. Esasperati, domani hanno previsto di «marciare» su Beit Hanoun, la cittadina palestinese situata dall'altra parte del confine.
Di fronte al precipitare della situazione, il neo-presidente dell'Anp cerca di correre ai ripari e mercoledì si recherà a Gaza per discutere con i rappresentanti di tutte le fazioni palestinesi la necessità di mettere a punto un cessate il fuoco reciproco con Israele; un obiettivo che Abu Mazen intende perseguire, sottolineano i suoi più stretti collaboratori, attraverso il dialogo e la persuasione, evitando uno scontro militare. I palestinesi, dichiara il responsabile per le questioni estere dell'Anp Nabil Shaath, sono interessati ad una «hudna» (cessate il fuoco) con Israele della durata di almeno un anno, ma, aggiunge Shaath, «con le continue operazioni militari, Israele rende più difficile il raggiungimento di un accordo» tra l'Anp e le fazioni palestinesi. Da Ramallah, il Comitato esecutivo dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) ha lanciato un appello a tutti i gruppi militanti dell'Intifada a cessare «tutte le operazioni militari che ledono l'interesse nazionale e che offrono pretesti a Israele, che vuole ostacolare la stabilità palestinese». È il più forte appello rivolto ai gruppi armati palestinesi, proveniente dal più alto foro dell'Olp. Nel comunicato non si specifica tuttavia quali iniziative verranno eventualmente assunte nei confronti di chi non si uniformasse all'appello. La risposta di Hamas giunge da Damasco. «La nostra posizione attuale è contro una tregua. La situazione in cui ci troviamo non ci permette di accettare una tregua in questo momento», afferma Musa Abu Marzuk, uno dei capi politici del movimento integralista.
Nella giornata degli appelli non manca quello della Casa Bianca. Il consigliere di George W.Bush, Dan Bartlett, si rivolge ad Abu Mazen chiedendogli di fare «passi aggressivi per porre fine alla violenza. È difficile - avverte Bartlett - negoziare i termini di una pace in cui civili innocenti vengono uccisi»; al tempo stesso, il consigliere del presidente Usa si dice convinto che la decisione di Sharon di congelare le relazioni con la nuova leadership palestinese sia «temporanea» e che «nelle prossime settimane e nei prossimi mesi le due parti saranno in grado di parlarsi direttamente sul tema della sicurezza». A Sharon si rivolge invece il presidente egiziano Hosni Mubarak pregandolo di «continuare il processo di pace, perché i negoziati non procederanno da soli e il popolo palestinese ha una di sofferenze notevoli». Per il presidente egiziano «bisogna aspettarsi qualche atto di violenza, ma in questo caso se il popolo ha la possibilità di vivere, sarà egli stesso a dire no alla violenza, a dire "fermatevi, noi vogliamo vivere e la vita ha cominciato a migliorare"». Gli appelli al dialogo non fermano però la violenza. In serata, due palestinesi vengono uccisi a Khan Yunes, nel sud della Striscia di Gaza: un proiettile sparato da un tank israeliano colpisce l'abitazione della famiglia Aram, provocando la morte di Abdallah Aram, 28 anni, e della madre Fada, 45 anni.
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