Selezione delle opinioni e dei fatti per dimostrare un pregiudizio: è Israele l'ostacolo alla pace
sul quotidiano diretto da Ezio Mauro
Testata: La Repubblica
Data: 12/01/2005
Pagina: 13
Autore: Wof Blitzer - Fabio Scuto
Titolo: Fermare il terrorismo? Ora si può - Sharon telefona ad Abu Mazen torna il dialogo dopo anni di gelo
A pagina 13 LA REPUBBLICA di mercoledì 12 gennaio pubblica un'intervista a Jimmy Carter di Wolf Blitzer della CNN, "Fermare il terrorismo? Ora si può".
L'ex presidente americano afferma che le elezioni palestinesi sono state corrette, "considerata l'occupazione militare israeliana". In realtà Israele non ha ostacolato le elezioni, per cui la riserva di Carter appare infondata.
Carter afferma poi di non avere dubbi riguardo al fatto che Abu Mazen sia "un partner reale, in grado di firmare la pace", mentre per quanto riguarda Sharon "si vedrà".
Un'asimmetria speculare a quella riscontrabile nella realtà: i passi concreti di Sharon verso la pace sono noti, come pure il prezzo politico che per essi sta pagando.
Al contrario Abu Mazen ha moltiplicato durante la campagna elettorale le ambiguità, le parole di delegittimazione verso Israele e quasi di legittimazione dei terroristi, le rivendicazioni.
Dovrebbe essere ovvio che spetti ora a lui, e non a Sharon, dimostrare di essere seriamente intenzionato a combattere il terrorismo e a giungere a un compromesso con Israele.
Carter infine attribuisce al confinamento di Arafat alla Muqata il mancato blocco degli attentati e terroristici da parte delle forze di sicurezza palestinesi.
Una tesi insostenibile, innanzitutto perché prima dell'assedio alla Muqata le forze di sicurezza palestinesi hanno omesso di combattere il terrorismo per due anni, poi perché Arafat ha finanziato il terrorismo, ne è stato responsabile politico, almeno come leader di Al Fatah e dunque delle Brigate di Al Aqsa, lo ha approvato e incoraggiato e, infine, non ha mai cessato di avere il controllo delle forze di sicurezza, bloccando ogni tentativo di riforma e unificazione.
L'intervistatore della CNN, pur non ribattendo nulla alle false tesi di Carter, conduce l'intervista in modo abbastanza equilibrato, affrontando in breve tutti i temi pertinenti.
Non equilibrata appare invece la selettività con la quale Repubblica sceglie dai media internazionali soltanto quelle voci che contribuiscono a fornire una visione scorretta del conflitto israelo-palestinese.
Ecco l'articolo:

Presidente Carter, le elezioni si sono svolte onestamente e con trasparenza?
«Per quanto riguarda i palestinesi, le loro elezioni sono state assolutamente libere e oneste, aperte e fortunatamente senza episodi violenti di nessun genere. Occorre ricordare, tuttavia, che i palestinesi in Cisgiordania, nella striscia di Gaza e a Gerusalemme Est vivono sotto il controllo politico e militare israeliano. In simili circostanze hanno avuto qualche difficoltà, per quanto concerne la libertà di spostamento prima e dopo le elezioni. Inoltre, sotto il dominio israeliano, pochissime persone di Gerusalemme Est sono state libere di votare nei pressi delle loro abitazioni. Per esempio, su 150.000 elettori qualificati di Gerusalemme Est, soltanto 6.000 hanno ottenuto dagli israeliani il permesso di registrarsi e di votare a Gerusalemme Est. Gli altri hanno dovuto uscire da Gerusalemme per poter esprimere il loro voto. Pertanto considerato il contesto di occupazione in cui vive questo popolo, penso che le elezioni si siano svolte egregiamente».
In uno dei suoi comizi Abu Mazen è stato portato in spalla dalla leadership della Brigata dei Martiri di al-Aqsa e in un´altra occasione ha parlato di Israele come del nemico sionista. Lo stesso Colin Powell ha espresso le sue preoccupazioni. Lei pensa che sarà un partner reale, in grado di firmare la pace?
«Non ho dubbi al riguardo. Quando sono arrivato a Gerusalemme, alcuni giorni fa, ho parlato con Sharon dopo che Abu Mazen aveva fatto quella dichiarazione e mi ha assicurato che se Abu Mazen fosse stato eletto sarebbe stato disposto a incontrarlo nell´immediato futuro. Si deve comunque tenere presente che lo stesso Abu Mazen ha giustificato quella sua espressione con il clima di rabbia e disperazione creatosi quando sette palestinesi sono stati uccisi in un campo nei pressi di Gaza».
Lei crede davvero che il primo ministro Sharon sia pronto a fare quel genere di difficili concessioni territoriali e politiche necessarie alla firma di un accordo di pace con i palestinesi?
«Si vedrà. Se ne riparlerà quando avranno inizio i negoziati diretti. Ovviamente gli Stati Uniti rivestiranno un ruolo primario. Il presidente Bush ha dato il suo pieno appoggio alla Road map nella sua interezza, come del resto i leader delle altre tre nazioni. Abu Mazen e Abu Ala, primo ministro palestinese, mi hanno detto che accettano nella sua integrità il piano della road map di George Bush. Le uniche eccezioni e modifiche sono state chieste dal primo ministro israeliano Sharon».
Crede che Abu Mazen potrà realmente porre fine agli attentati terroristici contro i civili israeliani?
«Negli ultimi 3 anni e mezzo Arafat è rimasto confinato nel suo quartiere generale di Ramallah, in pratica agli arresti. Ovviamente rispetto a lui Abu Mazen godrà di maggior influenza e avrà maggiori possibilità di controllare la situazione della sicurezza. Inoltre in passato i palestinesi hanno avuto ben 19 forze di sicurezza diverse. Ora hanno deciso di procedere alla costituzione di sole tre forze e queste entità dipenderanno dai ministri che Abu Mazen sceglierà. E Hamas ha fatto sapere che prenderà parte alle elezioni dei membri del parlamento, un segnale incoraggiante».
(Copyright Cnn. Traduzione di Anna Bissanti)
Sempre a pagina 13 REPUBBLICA pubblica un articolo di Fabio Scuto, "Sharon telefona ad Abu Mazen torna il dialogo dopo anni di gelo".
Torna il dialogo tra israeliani e palestinesi, ma non l'informazione corretta sul conflitto.
Scuto scrive dei lanci di razzi qassam nella giornata di ieri, precisando che non hanno fatto vittime.
Non ci informa affatto, però, che un uomo è morto ieri, per ferite riportate giorni prima, a causa di un razzo.
Ecco l'articolo:

GERUSALEMME - Il dialogo diretto fra palestinesi e israeliani è ripartito. E´ stata una telefonata cordiale quella che ieri il premier israeliano Ariel Sharon ha fatto ad Abu Mazen, il nuovo presidente palestinese, per congratularsi della vittoria elettorale. Il colloquio telefonico, durato qualche minuto, è il primo contatto ufficiale fra il governo israeliano e quello palestinese dopo due anni di gelo. Sharon ha augurato a Mazen «ogni successo» e si è impegnato a riprendere il colloquio nei prossimi giorni, con la concreta possibilità che si possa arrivare ad un incontro diretto fra i due leader «entro le prossime due settimane». Anche il presidente israeliano Moshe Katzav ha telefonato al presidente palestinese, dicendogli che spera di vederlo subito dopo il suo incontro con Sharon. Secondo Katzav le divergenze adesso «sono minori che in passato» e Abu Mazen gli ha espresso la speranza «di poter presto voltare pagina nelle nostre relazioni».
La telefonata fra Sharon e il presidente palestinese è la prima risposta alle aperture che Abu Mazen aveva fatto lunedì sera, subito dopo la sua elezione, quando aveva annunciato di essere pronto al dialogo «per raggiungere presto una pace giusta», promettendo di frenare i gruppi armati palestinesi. Il nuovo governo Sharon, che ieri si è riunito per la prima volta dopo la fiducia risicata ottenuta alla Knesset, sarebbe pronto a cedere alla polizia palestinese il controllo di parte dei Territori occupati, sospendere i raid e smantellare i check-point se Abu Mazen dimostrerà di essere «impegnato al 100 per cento». Ma «se Abu Mazen non porrà fine alle salve di razzi e mortaio», ha fatto sapere ieri il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, «l´esercito dovrà intervenire per spazzare via i miliziani e questo creerà una spirale di violenza che metterà a rischio la stabilizzazione del dopo-Arafat».
Ieri intanto il Consiglio di Sicurezza palestinese ha completato la bozza di riforma dei servizi di sicurezza, che verranno ridotti da undici a tre. Il provvedimento verrà presentato in Parlamento nei prossimi giorni. La riforma della sicurezza è una delle principali richieste avanzate dalla comunità internazionale e attorno ad essa erano cresciute tensioni fra Yasser Arafat e i suoi due successivi premier, Abu Mazen prima e poi Abu Ala. In attesa che la riforma di tutti gli apparati di sicurezza venga votata il generale Jibril Rajub, Consigliere per la sicurezza nazionale e "arafattiano doc", ha rimesso il suo incarico. Le dimissioni di Rajub sono le prime di quello che si annuncia come un ampio rimpasto del governo palestinese, con l´uscita di scena di molti uomini della "vecchia guardia".
In quella che sembra una sfida alla leadership di Abu Mazen e alla sua "linea morbida", ieri mattina, un razzo Qassam, è stato lanciato nel nord di Gaza, provocando solo danni nella cittadina israeliana di Sderot; colpi di mortaio sono sparati anche contro gli insediamenti del sud della striscia di Gaza, a Gush Katif, e contro una base militare, causando danni, ma nessuna vittima tra i coloni o i soldati. Abu Mazen ha duramente criticato le operazioni della guerriglia palestinese, che ha definito «inutili e un errore storico». Considerata la dura reazione dell´esercito israeliano, sostiene Abu Mazen, questi attacchi non giovano ai palestinesi né ai loro interessi politici.
Anche il governo Sharon affronta oggi una difficile prova. La Knesset voterà la legge finanziaria con una modesta maggioranza, ottenuta dopo che 13 deputati del Likud, il partito di maggioritario della coalizione formata con i laburisti di Shimon Peres, avevano votato contro. Sharon rischia nuovamente di trovarsi in minoranza, oppure di essere salvato da una sconfitta grazie ad una manovra di corridoio dell´ultimo minuto.
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