Intervista ad Abu Mazen
sulla possibile ripresa del dialogo con Israele
Testata: Corriere della Sera
Data: 10/01/2005
Pagina: 3
Autore: Antonio Ferrari
Titolo: « Tratterò per la pace, con durezza »
Intervista ad Abu Mazen, nuovo presidente dell'Anp, di Antonio Ferrari, sul CORRIERE DELLA SERA del 10 gennaio 2005.
Ecco il testo:

Il vincitore delle elezioni palestinesi Mahmoud Abbas, detto Abu Mazen, l'uomo che vuole fare la pace con Israele per arrivare alla fine dell'occupazione, si sbilancia senza tradire la sua notoria prudenza: « Sappiamo che non è facile, ma non è impossibile » . E' pronto a incontrare il premier israeliano Ariel Sharon « in qualsiasi momento » , e si riconosce « nei principi espressi apertamente e chiaramente dal presidente George W. Bush nella sua visione di pace nel Medio Oriente » . Ha già in mente i primi passi che intende compiere: « Non possiamo risolvere il conflitto senza parlare e negoziare » . L'infelice riferimento al « nemico sionista » , pronunciato a caldo dopo l'uccisione di sette palestinesi, è rimasto un moto di rabbia; al massimo — scrivono molti editorialisti israeliani — , si è trattato di una sparata pre- elettorale. Ma da oggi cambia tutto. Al neo- presidente non si perdonerà più nulla.
Ieri mattina, Abu Mazen si è presentato, in un elegante abito scuro con cravatta bordeaux, nel seggio elettorale della Mukata di Ramallah per votare se stesso. Ha mostrato ai fotografi, sorridendo, la fasciatura del dito della mano destra, schiacciato per disattenzione dalla portiera dell'auto blindata, prima di uno degli ultimi comizi a Gaza. Le notizie di code ai seggi alimentano l'ottimismo del leader: « Queste elezioni provano che il popolo palestinese sta marciando verso la democrazia. E la volontà democratica è più forte di tutti gli ostacoli » . Concetto che ha sicuramente ripetuto ai delegati americani, ricevuti verso le 11 nel suo vecchio e spartano ufficio di stratega dell'Olp, sulle alture della città. Freddo pungente nel garage della palazzina, dove le guardie del corpo statunitensi familiarizzano con quelle del successore di Arafat. Proprio l'orgoglio di Abu Mazen di ritenersi motore della democrazia palestinese e alfiere del cambiamento affiora in tutta l'intervista al Corriere della sera .
Signor presidente, quali saranno le sue prime decisioni?
« La piattaforma, che è stata la base della mia campagna elettorale, è chiara. Contiene 14 differenti punti programmatici, che abbracciano ogni aspetto della vita politica, sociale, della sicurezza, dell'economia palestinese. Non è possibile che io mi concentri su un punto a spese degli altri. Il nostro popolo, per esempio, ha bisogno di vedere riforme che vengano introdotte e realizzate rapidamente, e che sono tanto importanti quanto la volontà di vedere la fine dell' occupazione israeliana. Lavoreremo quindi su molti piani paralleli per soddisfare le aspettative e le necessità dei palestinesi. Sappiamo che non è facile. Ma non è impossibile » .
Lei è sempre stato contrario alle violenze della seconda intifada, definita un « suicidio politico » . Ora, le condizioni di vita dei palestinesi sembrano peggiori di quelle di 4 anni fa. Continuerà la resistenza all'occupazione?
« Ogni nazione, la cui terra è occupata, ha il diritto di resistere all'occupazione. E' un diritto universalmente riconosciuto e sostenuto. In tutti gli incontri che ho avuto con i rappresentanti delle varie fazioni palestinesi, ho ricevuto sostegno alla mia linea politica, e alla necessità di offrire una chance a negoziati che consentano la fine dell' occupazione » . Come giudica la calda accoglienza che le hanno riservato i giovani del Fatah, e persino le Brigate dei martiri di Al Aqsa, a Gaza? Un segnale di buona volontà?
« Credo che non si tratti soltanto di un gesto di buona volontà. E' stato un messaggio di speranza e, insieme, un segnale di unità. Come la leadership del Fatah ha sostenuto la mia candidatura per le elezioni presidenziali dell' Anp, così quei giovani del Fatah hanno voluto esprimere la speranza che domani sarà molto migliore di ieri. Spero di soddisfare le loro aspettative » .
Pensa che verrà presto il momento di ricominciare il dialogo con il governo di Israele?
« Ho detto un'infinità di volte che sarò pronto ad incontrare il primo ministro israeliano in qualsiasi momento, dopo le elezioni. E' nostro dovere trovare una soluzione a questo conflitto. Ma non possiamo trovarla senza parlarci e senza impegnarci in negoziati che sicuramente saranno duri. Ma che dovranno, alla fine, condurre ad un accordo » .
A proposito di duri. Lei, che è contrario alla lotta armata, è però ritenuto un negoziatore molto duro. Quali sono le sue linee rosse? Insomma, quando potrà dire sì e quando no?
« La nostra linea politica è chiara e ben conosciuta. E quella ratificata dal Consiglio nazionale palestinese nel 1988. Non possiamo accettare un accordo che ci dia meno di uno Stato palestinese sovrano entro i confini del 1967 e con capitale Gerusalemme- est. Non possiamo accettare un accordo che non offra una giusta e concordata soluzione del problema dei rifugiati palestinesi. Questi principi sono stati espressi apertamente e chiaramente dal presidente degli Stati Uniti George W. Bush quando spiegò la sua visione di pace nel Medio Oriente » .
Qual è l'eredità lasciata dal defunto presidente Yasser Arafat?
« L'eredità che Arafat ha lasciato a tutti è di essere negoziatori duri da una parte, pragmatici e moderati dall'altra. Dare una chance alla pace e utilizzare ogni sforzo per giungere alla fine di questo conflitto » .
Lei, a 69 anni, è un uomo della prima generazione della lotta palestinese per l'indipendenza. Come si considera oggi? Un ponte verso una leadership più giovane? Vede qualche nome per il futuro?
« Con le nostre elezioni, siamo entrati in una nuova era, dove è soltanto il popolo a decidere chi sono i suoi leader. E' così oggi, lo sarà nel futuro. Presente e futuro dipendono unicamente dalla volontà della nostra gente e dalle nostre istituzioni democratiche. Per quanto mi riguarda, sono un palestinese che intende servire il popolo, e questo è quanto ci si aspetta da me » . A questo punto, crede ancora nella Road Map?
« La Road Map esiste ancora, nonostante sia stata spinta in un angolo dalla decisione del disimpegno unilaterale da Gaza. La leadership palestinese ha accettato la Road Map ed è sempre impegnata a realizzarla. Vogliamo che Israele faccia altrettanto » . Però questo è l'anno del ritiro da Gaza. Quando pensa che i palestinesi saranno in grado di assumerne il controllo? « Siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità su ogni centimetro quadrato di terra immediatamente dopo il ritiro di Israele. Detto questo, abbiamo bisogno che la comunità internazionale ci stia accanto, offrendo l'assistenza essenziale per fare sì che il ritiro da Gaza sia parte di un processo che porti al ritiro dalla Cisgiordania sulla linea del 28 settembre 2000 ( quando esplose la seconda intifada, ndr ). Questi ritiri creeranno il clima necessario per aprire i negoziati sullo status finale » .
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