Nuovo corso tra i palestinesi, vecchie scorrettezze sui media italiani
sfogliando quotidiani e settimanali
Testata:
Data: 06/01/2005
Pagina: 14
Autore: Alessandra Coppola - Guido Olimpio -Vittorio Zincone - Davide Silvera - Pino Buongiorno - Francesca Fraccaroli - Umberto De Giovannangeli
Titolo: Abu Mazen cerca voti in un clima di guerra - L'ultima chance dei palestinesi - Cantiere Palestina - Abu Mazen a Gerusalemme Est. Sharon salva il governo - Kalandia, tra i palestinesi al voto senza illusioni
A pagina 14 il CORRIERE DELLA SERA di giovedì 6 gennaio 2004 pubblica l'articolo di Alessandra Coppola "Abu Mazen cerca voti in un clima di guerra". Vi si legge che il "diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi" è un "argomento sul quale Israele non accetta neanche di discutere".
In realtà Israele accetta di discutere il problema dei rifugiati ( e dei loro discendenti), del loro inserimento nei paesi che li ospitano o nel futuro Stato palestinese, di una loro compensazione economica e di ogni altra proposta ragionevole.
Non accetta di dovere riconoscere loro il diritto di diventare suoi cittadini, alterandone gli equlibri demografici.
Vale a dire: non accetta la soluzione "massimalista" del problema dei profughi, mentre accetta di parlarne.
O, se si preferisce, non acetta di discutere della propria distruzione.
Dovrebbe farlo, secondo Alessandra Coppola?
Perché questa giornalista non ha scritto che Israele vuole dare una sistemazione al problema dei profughi, ma i palestinesi oltranzisti "non accettano neanche di discuterne"?
Sul piano logico, questa formulazione vale quanto la sua, sul piano politico e storico è decisamente più sensata, dato che nel problema dei profughi è in gioco la sopravvivenza stessa di Israele.
Il CORRIERE DELLA SERA MAGAZINE allegato al quotidiano pubblica a pagina 8 un articolo di Guido Olimpio su Abu Mazen: "L'ultima chance dei palestinesi".
Vi si legge che il probabile nuovo leader palestinese «Nell'82 si specializza all'Istituto orientale di Mosca e scrive una tesi che analizza i rapporti tra sionismo e nazismo. E' una macchia nera nel suo passato perché Abu Mazen arriva a scrivere che le vittime dell'Olocausto "sono state poche centinaia"».
I rapporti tra sionismo e nazismo "studiati" da Abu Mazen sono un'invenzione della propaganda antisemita sovietica, e Olimpio avrebbe dovuto prendere le distanze da queste aberrazioni, così come fa a proposito di quelle negazioniste.
L'articolo è corredato da due schede informative su Abu Mazen e Marwan Barghouti.
Carenti le informazioni sui legami dei due uomini con il terrorismo. Del primo non viene ricordato il probabile coinvolgimento nella strage degli atleti israeliani a Monaco nel 1972, del secondo viene riferito che nel 2002 "arrestato per terrorismo, viene in seguito condannato a cinque ergastoli", ma non che questi riguardano l'organizzazione di stragi.
Vittorio Zincone, nell'articolo "Abu Mazen non ha certo il carisma di Arafat, però può arrivare alla pace" raccoglie l'opinione di Giulio Andreotti.
Il senatore a vita "grande amico di Yasser", come recita l'occhiello, teorizza l'"equivicinanza" a "palestinesi" e "israeliani", posizione decisamente indifendibile sul piano morale se la causa palestinese viene perseguita attraverso il terrorismo. E poi Andreotti, insieme al suo sodale Craxi, è l'ultimo a poter parlare di equivicinanza: essendo sempre stati i due sostenitori di una politica filo-araba.
Un passaggio della conversazione tra Zincone e Andreotti è però particolarmente interessante:

Anche Arafat ha vissuto momenti favorevoli, però arrivò a snobbare persino le proposte fatte a Camp David che, tra l'altro, attribuivano ai palestinesi il controllo di mezza Gerusalemme.
"Arafat", dice Andreotti, "diede una sua versione del perché rispose "no" all'offerta di Ehud Barak: lui mi disse che non aveva sottoscritto l'accordo perché temeva che gli israeliani avessero promesso qualcosa che non potevano mantenere.
Una spiegazione evidentemente assurda, ma che ha il merito di fare piazza pulita delle menzogne della propaganda palestinese sull'insufficienza delle offerte di Barak.
Nell'articolo "Non ce l'ha fatta, ma questa è l'intifada delle donne" Davide Silvera riporta una dichiarazione del professor Keidar dell'Università Bar Ilan a Tel Aviv: "Per le giovani musulmane che si candidano nelle file di Hamas la politica non è solo un modo di appoggiare la causa palestinese. E' un occasione di portare avanti una propria intifada personale, quella dell'emancipazione"
E' un'idea avanzata più volte da islamisti (nel senso di studiosi dell'Islam) occidentali: nei movimenti fondamentalisti, in teoria ostili alla libertà femminile, le donne, attraverso l'attività politica troverebbero una via all'emancipazione.
Si tratta di una tragica illusione che, in Iran come in Algeria, è stata pagata a caro prezzo proprio dalle donne musulmane, il cui impegno politico è stato usato dai fondamentalisti solo per porre le basi di una loro più feroce oppressione.

Su PANORAMA datato 13 gennaio 2005,con la nuova direzione di Pietro Calabrese e l'inserimento di Rita Pinci come vice-direttore (entrambi non dimenticati quali responsabili della direzione del Messaggero super filo-palestinese) nell'articolo "Cantiere Palestina", a pagina 88, Pino Buongiorno scrive, da Ramallah:

Ha riaperto anche lo storico City Inn, all'entrata nord di questa città che è a soli 30 minuti da Gerusalemme. L'hotel, a poche centinaia di metri dall'accampamento Beit El di Tsahal (l'esercito israeliano)in Cisgiordania, è stato al centro degli scontri durante la lunga intifada armata, scatenata il 28 settembre 2000 da Arafat.
Dalle finestre sparavano i cecchini israeliani. Dalle case di fronte rispondevano i tanzim, i guerriglieri affiliati ad Al Fatah, il partito semibulgaro che domina l'Olp.
I "cecchini israeliani" sparavano, i tanzim, "guerriglieri" semibulgari "rispondevano".
L'esatto contrario di ciò che realmente accadeva durante la "seconda intifada".
L'articolo, per il resto sostanzialmente corretto si chiude con un importante anticipazione:

Il piano segreto che l'amministrazione americana e alcuni governi europei fanno circolare è davvero allettante. "Panorama" ne ha ottenuto una copia. Eccolo nei dettagli, con tanto di obiettivi e scadenze.
Da qui all'estate 2005 ci saranno prima le elezioni, poi l'evacuazione, concordata con Israele, dell'esercito da Gaza. Poi sarà indetta una nuova conferenza di pace mediorientale, con la partecipazione anche di Siria e Libano in perfetta sincronia con il governo egiziano, che sta cercando di organizzarla. L'Italia è fra i paesi favoriti con la suggestiva sede di Erice, già offerta da Silvio Berlusconi a tutte le parti in causa. subito dopo sarà proclamato un Stato palestinese provvisorio. A quel punto inizierà il negoziato più delicato sullo statuto finale. Le questioni sono caldissime: Gerusalemme est come capitale, i confini definitivi e il possibile ritorno dei profughi. Tutto dovrebbe concludersi entro il 2007, in modo da proclamare la nascita dello stato palestinese definitivo nel 2008. Utopia?
IL MATTINO,a pagina nove pubblica un articolo sostanzialmente corretto, il cui titolo "Abu Mazen il moderato ora irrita Israele" e il cui occhiello "Il candidato che piace all'Occidente cambia toni e fa comizi infuocati a Gaza, Hebron e Jenin" è vago ed ambiguo, non riferendole gravi parole di Abu Mazen sul "nemico sionista"

Francesca Fraccaroli su AVVENIRE, firma a pagina 17 l'articolo "Abu Mazen a Gerusalemme Est. Sharon salva il governo". Vi si legge che:

Il jihad islamico e le Brigate dei Martiri di al- Aqsa hanno rivendicato l'attacco di ieri al valico di Erez in cui sono rimasti uccisi due palestinesi che, secondo fonti militari, avevano sparato contro le truppe israeliane.
I gruppi terroristici palestinesi rivendicano l'attentato in cui due loro membri rimangono uccisi.
Ciò nonstante l'affermazione dell'esercito israeliano, ovviamente vera in questo caso, che i "palestinesi" avevano sparato alle truppe è preceduta da un dubitativo "secondo fonti militari", del tutto ingiustificato.

Umberto De Giovannangeli a pagina 11 de L'UNITA'scrive nell'articolo "Kalandia, tra i palestinesi al voto senza illusioni "Vincerà Abu Mazen" " che la barriera antiterrorismo

sta spezzando la Cisgiordania in undici enclaves, trasformando città e villaggi in enormi prigioni a cielo aperto circondate da una fitta rete di sbarramento, fossati, siepi di filo spinato, sensori elettrici, postazioni con torrette.
Basta guardare una qualsiasi cartina del tracciato delle barriera per capire che non "sta spezzando la Cisgiordania in undici enclaves", né "trasformando città e villaggi in enormi prigioni a cielo aperto", dato che non esistono prigioni con una sola parete e tre lati liberi.
Per lo stesso motivo le città palestinesi non sono "circondate", tanto meno da "siepi di filo spinato".
I sensori sono "elettronici", non semplicemente "elettrici". A scanso di equivoci: chi tentasse di attraversare clandestinamente la barriera sarebbe individuato dai sensori e raggiunto da una pattuglia dell'esercito, e non folgorato dall'elettricità.

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