A pagina 3 IL FOGLIO di giovedì 6 gennaio 2004 pubblica un'analisi degli sforzi diplomatici di Abu Mazen verso il mondo arabo e delle strategie di Egitto e Siria nel dopo-Arafat
Ecco l'articolo.Ramallah. Abu Mazen ha ricevuto la benedizione
di tutti i paesi della regione. Cinque
settimane fa, assieme all’attuale premier
Abu Ala, il leader dell’Olp ha fatto un
giro di visite ufficiali ai rais del mondo arabo,
presentandosi come l’inevitabile vincitore
delle elezioni palestinesi. I tre obiettivi
fondamentali del suo viaggio per il medio
oriente erano: ricucire i rapporti con gli
Stati dell’area, ottenere il loro appoggio e
guadagnare maggior credibilità tra la popolazione
del mondo arabo, cercando di togliersi
di dosso l’immagine dell’uomo favorito
dagli Stati Uniti e da Israele.
L’Egitto non ha dubbi. Il mese scorso, Hosni
Mubarak è stato ripreso da tutte le tv
arabe mentre affermava che il vincitore
delle elezioni del 9 gennaio sarebbe stato
Abu Mazen. La dichiarazione, forse troppo
esplicita, ha suscitato accuse di favoritismo
da parte degli altri candidati e tra i membri
della commissione elettorale. L’Egitto però
vede in Abu Mazen l’unico candidato che può, assieme a Israele, sbloccare la road
map. L’incontro di fine novembre con il presidente
egiziano è stato un chiaro segnale di
rinnovo del sostegno di Mubarak al leader
dell’Olp. Il Cairo crede, infatti, che Abu Mazen
possa riportare la stabilità nella regione,
contenendo la violenza dei gruppi islamisti,
problema di cui soffre lo stesso Egitto,
e cooperando per lo sgombero da Gaza.
Abu Mazen ha anche rimesso piede in
Kuwait, dopo quattordici anni di rottura
delle relazioni diplomatiche. Il premier
kuwaitiano, Sabah al Ahmed al Sabah, ha
ricevuto il candidato di al Fatah chiamandolo
"nostro fratello", facendo così capire
che con la morte di Arafat, i rapporti diplomatici
potevano essere riaperti. Sabah ha
voluto aggiungere che le scuse per l’appoggio
palestinese all’invasione del Kuwait da
parte del dittatore Saddam Hussein, non
erano necessarie. Abu Mazen, però, ha voluto
stupire e accattivarsi l’appoggio del ricco
Stato del Golfo, che prima della guerra del 1991, era tra i principali finanziatori dell’Olp.
"Chiediamo scusa al Kuwait e alla sua
popolazione per quello che abbiamo fatto",
ha detto Abu Mazen, appena sceso all’aeroporto.
La spaccatura diplomatica tra i due
popoli quindi, come ha detto lo stesso premier
kuwaitiano, "è da considerarsi finalmente
chiusa". Le scuse di Abu Mazen hanno
anche rimarginato le ferite tra l’Olp e la
casa reale saudita iniziate con la guerra del
Golfo. La visita di Abu Mazen in Siria aveva
lo scopo di ricucire i rapporti perduti con
Damasco. Le relazioni tra i due popoli si
erano rovinate quando Arafat firmò il primo
accordo di Oslo nel 1993. Nel 2001, mentre
il rais stava mettendo piede nell’aereo
che lo avrebbe portato a Damasco, il governo
siriano cancellò la visita, facendo capire
di non essere interessato a riconsolidare le
relazioni. Il leader dell’Olp, però, questa
volta è stato accolto calorosamente da Bashar
el Assad. Il rapporto dell’Anp con la
Siria rimane comunque controverso. Abu Mazen sperava con la sua visita di convincere
Damasco ad aiutare l’Anp a contenere
la minaccia dei gruppi islamisti. Assad però
non sembra voler prendere misure drastiche
né con Hamas, che ha un centro di commando
nella capitale siriana, né con gli
Hezbollah, sempre più presenti nella West
Bank e nella striscia di Gaza, per non perdere
la propria influenza sulla scena israelo-
palestinese. Beirut ha invece interesse
che Abu Mazen mantenga la linea dura sulla
questione dei rifugiati, temendo una richiesta
da parte dei profughi palestinesi
della cittadinanza libanese. La Giordania,
anch’essa popolata da un ingente numero di
rifugiati palestinesi, vede nel leader dell’Olp
l’uomo della stabilità, che non intralcerà
i progetti del Quartetto per la road
map. Abu Mazen ha pertanto con sé l’appoggio
di tutto il medio oriente, rendendo
con ciò ancora più evidente che i giochi per
la successione di Yasser Arafat sono considerati
già fatti.
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