Abu Mazen saprà essere il Sadat palestinese? Ed evitare l'errore dell'alleanza con i fondamentalisti?
l'analisi di Magdi Allam
Testata: Corriere della Sera
Data: 06/01/2005
Pagina: 1
Autore: Magdi Allam
Titolo: L'occasione e le ambiguità di Abu Mazen
Il CORRIERE DELLA SERA di giovedì 6 gennaio 2005 pubblicca in prima pagina un'analisi di Magdi Allam sulla svolta che il 2005 potrebbe rappresentare per il Medio Oriente, a cominciare dal conflitto israelo-palestinese.
Ecco l'articolo:

Per il Medio Oriente il 2005 sarà l'anno del grande travaglio. La prospettiva di un accordo di pace israelo- palestinese e della democratizzazione dell'Iraq assumono il rilievo che ebbe il crollo del Muro di Berlino nel processo sfociato con la fine del blocco comunista e l'avvento della libertà nell'Europa orientale.
La posta in gioco è il futuro della realtà mitizzata, antiquata e screditata di un mondo arabo costretto a prendere atto dell'impossibilità di far coesistere dei regimi autocratici, corrotti, inefficienti, divisi su ciò che dovrebbe unire e uniti solo dal rifiuto di Israele e dall'odio all' America. Un'ideologia monolitica e manichea che sta trascinando alla deriva i figli degeneri dei regimi fratelli- nemici: l'integralismo islamico che ha trasformato le moschee nella propria roccaforte per la conquista del potere; il terrorismo islamico che si è privatizzato, globalizzato e ha individuato nel kamikaze la sua arma vincente; il panarabismo che si è illuso di poter conciliare la modernità con una cultura dello scontro e della morte.
« L'anno del fallimento arabo » , così il segretario della Lega Araba, Amr Moussa, ha qualificato il 2004 in un'intervista del 31 dicembre scorso ad Al Hayat , confessando che « oggi più che mai gli arabi non si sopportano più l'un l'altro » , ammettendo che « l'organizzazione araba è in serio pericolo » . Paradossalmente, anche grazie al boom petrolifero, che darà un po' di respiro ai regimi arabi, nel 2005 crescerà il peso dell'opinione pubblica. Nel momento in cui saranno gli stessi palestinesi a consacrare, tramite un accordo di pace, il diritto di Israele all'esistenza, quando saranno gli stessi iracheni ad affermare, grazie alla presenza americana, il loro diritto alla democrazia, non sarà più possibile per i regimi arabi perseverare nella strumentalizzazione a fini interni del rifiuto di Israele e dell'odio all'America.
La pace e la democrazia diventeranno legittime aspirazioni popolari.
D'altro canto sin d'ora i regimi arabi sono costretti a recedere dall'atteggiamento ambiguo assunto nei confronti del terrorismo islamico, per cui lo si considera « legittima resistenza » se le vittime sono ebrei o americani, mentre lo si condanna come « atto criminale » solo se le vittime sono arabi o musulmani. Perché ormai la gran parte delle vittime sono arabi o musulmani.
Certamente l'abbattimento del Muro del mondo arabo non sarà un processo automatico, rapido, indolore. Il terrorismo in Iraq non cesserà da un giorno all'altro anche se isolato e braccato. La pace in Medio Oriente, come evidenzia Fiamma Nirenstein sulla Stampa , dovrà fare i conti anche con l'atteggiamento ambiguo del probabile futuro presidente palestinese Abu Mazen che, in campagna elettorale, ha scioccato parlando di « conq u i s t a d i Gerusalemme » , « elogio dei martiri di Hamas » , « nemico sionista » . Parole deprecabili e inaccettabili, che fanno parte del repertorio ideologico di chi disconosce il diritto di Israele all'esistenza. E che stridono con la sua fama di artefice dei piani di pace di Oslo e di Camp David, nonché con la sua reiterata condanna del terrorismo e della violenza.
E' indubbio che Abu Mazen sia costretto a correre sul filo del rasoio. Affermarsi come il leader credibile per i palestinesi, dopo quasi mezzo secolo di demagogia rivoluzionaria inculcata da Arafat, e accreditarsi al tempo stesso come il negoziatore accettabile per Israele, non è un'equazione di facile soluzione. E' auspicabile che, una volta consolidato il suo potere, Abu Mazen proceda senza tentennamenti sulla via della pace con Israele in cui ha sempre creduto. Resta da vedere se il Sadat palestinese non commetterà l'errore del presidente egiziano che, alleandosi con gli integralisti islamici per ragioni tattiche interne, ha finito per essere assassinato proprio da uno di loro.
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