Elezioni palestinesi: ritratti dei candidati, cronache e analisi con scorrettezze e difetti
su quattro quotidiani
Testata:
Data: 04/01/2005
Pagina: 15
Autore: Alessandra Coppola - Javier Espinosa - Eric Salerno - Francesca Fraccaroli - Michele Giorgio
Titolo: La terza via sogno del dottor Barghouti - L'Anp funziona come l'Unione Sovietica - Sharon tira la volata ad Abu Mazen - Abu Mazen prepara il dopo Arafat - Palestina, sinistra divisa alle presidenziali
Il CORRIERE DELLA SERA di martedì 4 gennaio 2004 pubblica a pagina 15 un articolo di Alessandra Coppola che traccia un ritratto di Mustafa Barghouti, principale rivale di Abu Mazen nelle elezioni palestinesi.
La prima parte dell'articolo, basata sulle testimonianze dei collaboratori di Barghouti, presenta un ritrattto acritico dell'uomo politico. Il richiamo ai suoi legami con Edward Said mette sull'avviso chi ricorda l'estremismo e l'irriducibile ostilità a Israele che sempre caratterizzarono quest'ultimo, e che però non sono menzionati nell'articolo della Coppola.
Le ipotesi di finanziamenti americani ed europei a Barghouti, volte a favorire un candidato "malleabile", cadono quando veniamo informati della svolta estremista della sua campagna elettorale.
Ad esse è stato comunque concesso un credito eccessivo.
Ecco l'articolo, "La terza via sogno del dottor Barghouti":

— Il « Dottore » non corre solo per partecipare. Alle presidenziali palestinesi del prossimo 9 gennaio Mustafa Barghouti è in lizza per dimostrare qualcosa.
Difficile che possa vincere, negli ultimi sondaggi il leader dell'Olp Abu Mazen lo stacca di 43 punti. Ma « il Dottore » ( solo una lontana parentela con l'altro Barghouti, Marwan, candidato- detenuto poi ritiratosi) può contare su un 20- 25 per cento di voti.
Che rappresentano un buon risultato e che gli permetteranno di tagliare comunque il suo personale traguardo.
Quale? Su questo punto non sono tutti d'accordo.
Chi gli sta vicino e partecipa con lui al tour de force di una campagna elettorale da sette appuntamenti al giorno ( ieri, per esempio, tutti nel Sud di Gaza) dice che l'obiettivo è « dare voce alla maggioranza silenziosa dei palestinesi » ; « dimostrare che esiste una terza via tra il fondamentalismo e la leadership al potere » ; sottrarre le elezioni « a chi vuole decidere per noi » ; e quindi dare al voto « piena dignità democratica » . A parlare così sono gli assistenti, i volontari della sua Ong, i familiari. Questi ultimi più defilati. La moglie, docente all'Università di Bir Zeit, lo sostiene e condivide i suoi obiettivi. Ma preferisce restare lontana dai riflettori. E tenere fuori dalla campagna anche la figlia, 14 anni, che vive con lei e con il marito a Ramallah.
I collaboratori che lo conoscono meglio lo descrivono come « qualcuno che sin da bambino aveva un forte senso dell' ingiustizia: per questo è diventato l'uomo che è oggi » , a 50 anni. Ne ha dato una testimonianza, in apertura di campagna elettorale, anche il suo vecchio professore di arabo al liceo: già allora, ha raccontato, Mustafa era un ragazzino serio e impegnato. L'evento decisivo nella vita di Barghouti dicono sia stata la Guerra dei Sei giorni e tutto quello che è venuto dopo. Era il 1967 e un Mustafa 13enne già cominciava le prime esperienze di assistenza alla popolazione in difficoltà. E' da lì che sarebbe nata — dopo 12 anni, una deludente militanza nel Partito del Popolo, una Laurea in Medicina a Mosca e un Master in Management a Stanford — la Palestinian Medical Relief Society, oggi una delle più grandi organizzazioni palestinesi.
Un'esperienza importante alla quale nel 2002 si è affiancata Al Mubadare , L'Iniziativa, sostenuta dall'amico più illustre del « Dottore » : quell'Edward Said, morto nel 2003 negli Stati Uniti, che per anni è stato il volto dell'intellettuale palestinese in Occidente.
L'idea dell'Iniziativa era quella che ora è alla base della campagna di Barghouti: rappresentare la società civile. Con quali soldi? « Donazioni private » , risponde lui. Ma su questo punto in particolare si accaniscono i suoi detrattori, che trovano sospetta una campagna elettorale a colpi di spot molto ben fatti su tutte le principali tv arabe, di pagine intere sui giornali ( una sola costa 1.400 dollari), di annunci alla radio ( 40 dollari al minuto), di manifesti che superano in quantità quelli dello stesso Abu Mazen.
Il politologo di Ramallah Adel Samara è molto duro al riguardo: « Barghouti è una creatura degli americani — dice -. Sono loro e gli europei a garantirgli i fondi » . Nell ' a n a l i s i di Samara « Washington ha l'interesse a creare un gruppo di intellettuali palestinesi le cui politiche siano in linea con gli orientamenti americani » . Non manca chi gli attribuisce legami con la Cia. E chi mette in risalto le motivazioni personali, e il desiderio di affermarsi come leader della sinistra dopo il fallimento nel Partito del Popolo.
Una posizione che in parte condivide anche Danny Rubinstein, il principale esperto israeliano di cose palestinesi.
Che, però, di questa campagna critica soprattutto i contenuti. Lui che lo conosce molto bene e da tempo, lo considera « un uomo intelligente e dotato, sinceramente attivo nella lotta per i diritti umani » . Ma ha anche notato negli ultimi anni, in particolare nel corso delle due Intifada, una radicalizzazione. « Mustafa è diventato più duro ed estremista, è cambiato.
In alcuni documenti, per esempio in quello da poco firmato con l'Fplp ( Fronte popolare di liberazione della Palestina) è arrivato a rinnegare gli accordi di Oslo. Secondo alcune voci, Hamas segretamente potrebbe appoggiarlo » . Una delle ragioni, continua Rubinstein, è che « le dichiarazioni pacifiche e moderate di Abu Mazen hanno lasciato spazio a chi è su posizioni opposte, radicali » . E gran parte di questo spazio potrebbe ora essere occupato dal « Dottore » .
Il CORRIERE pubblica anche un'intervista di Javier Espinosa a Barghouti ripresa dal quotidiano spagnolo EL MUNDO, interessante per la denuncia del funzionamento "sovietico" dell'Anp.
Circa le accuse a Israele riguardo agli ostacoli che sarebbero stati posti alla campagna elettorale dei rivali di Abu Mazen, occorre ricordare che esistono regole uguali per i diversi candidati, che non sono però rispettate da tutti. E' questa la causa degli incidenti riferiti da Barghouti.
Ecco l'articolo, "L'Anp funziona come l'Unione Sovietica":

Mustafa Barghouti, com'è fare campagna elettorale tra i colpi dei mortai e delle mitragliatrici?
« Può apparire surreale, queste dovrebbero essere in assoluto le prime elezioni sotto un regime di piena occupazione militare. Ma credo siano anche una forma pacifica di resistenza civile. Nel corso della campagna mi hanno già arrestato sei volte: a Jenin, Hebron, Gerusalemme.. »
Alcuni candidati si sono ritirati dichiarando che non sussistono le condizioni..
« Certo non è giusto che un candidato, Abu Mazen, possa spostarsi liberamente sulla sua Mercedes e che io debba invece fermarmi ai posti di blocco. Ma non mi dispiace che i palestinesi mi vedano fermo ai controlli insieme a loro, mentre lui se ne va in giro sulla sua auto fiammante » .
Pensa che Abu Mazen stia godendo di favoritismi da parte di Israele?
« Non solo da parte di Israele, ma di tutti i mezzi di comunicazione arabi, dei Paesi occidentali e degli Stati Uniti » .
Cosa pensa dell'Intifada armata?
« Credo che i palestinesi abbiano il diritto di resistere all'occupazione israeliana nel rispetto delle leggi internazionali, ma senza violare l'integrità morale della nostra lotta. Dobbiamo evitare gli attacchi ai civili. Questo è un conflitto risolvibile solo attraverso il dialogo politico » . E il ritiro da Gaza voluto da Sharon?
« È una gigantesca trappola. Inoltre, non credo negli accordi parziali. Abbiamo perso dieci anni per colpa di un accordo parziale ( Oslo, ndr ) » .
Crde che Abu Mazen faccia parte della vecchia guardia palestinese, più volte accusata di corruzione?
« Assolutamente. Non dico che Abu Mazen sia corrotto, ma che faccia parte del vecchio sistema, tutto fondato su nepotismo e favoritismi, sì. Se non sei militante del Fatah non hai diritto a un lavoro dignitoso nell'Autorità nazionale palestinese.
Qualsiasi promozione dipende dal livello di fedeltà al partito. In realtà l'Anp funziona come la vecchia Unione Sovietica. Abu Mazen è stato primo ministro e non ha fatto nulla per cambiare la situazione. Parlano di riforme, ma non fanno sul serio »
IL MESSAGGERO pubblica a pagina 7 un articolo di Eric Salerno, "Sharon tira la volata ad Abu Mazen".
Salerno scrive del ritorno, dopo un breve periodo di speranza, a un clima di tensione tra israeliani e palestinesi:

Gli scontri, armati e verbali, tra i due popoli sono ripresi più violenti

Dietro l'indistinta denominazione di "scontri" si cela la realtà delle aggressioni terroristiche palestinesi e delle risposte militari israeliane.

mentre Israele appare sempre più spaccata di fronte alla prospettiva di un ritiro, seppure parziale e ambiguo...

Perché ambiguo? Salerno prosegue poi affermando che

Sharon continua a lanciare segnali di disponibilità e facilita in tutti i modi la vittoria, scontata, di Abu Mazen (l'attuale capo dell'Olp) alle elezioni di domenica.
Il leader palestinese è stato autorizzato a fare campagna elettorale a Gerusalemme est, la parte araba della città occupata da Israele nel 1967.
Cosa significa che Sharon sta favorendo Abu Mazen "in tutti i modi"? In quali precisamente? Permettendogli di fare campagna elettorale a Gerusalemme est? Ma ciò è possibile anche per altri due candidati (vedi "L'ambigua campagna elettorale di Abu Mazen", Informazione Corretta 04-01-05). Occorre poi ricordare che Gerusalemme non è stata "occupata" dagli israeliani nel 1967, data della riunificazione della città, la cui parte occidentale è stata israeliana fin dal 1948.
Ci auguriamo che Salerno sia stato solo involontariamente ambiguo, e che intendesse scrivere che Gerusalemme est è stata "occupata" nel 67.
Senza ambiguità, purtroppo, è invece il seguente passaggio:

...né Abu Mazen né altri candidati potranno salire sulla Spianata delle Moschee, luogo santo dell'Islam che sovrasta il muro del Pianto, luogo santo degli ebrei, per chiedere il voto dei palestinesi e ripetere la loro rivendicazione: Gerusalemme Est, capitale dello Stato palestinese.

La Spianata delle Moschee è anche il Monte del Tempio, luogo santo degli ebrei, un fatto che incredibilmente Salerno sceglie di ignorare.
Appare evidente, poi, come sia tutt'altro che imparziale verso le "rivendicazioni" dei palestinesi, che poche righe dopo definisce inequivocabilmente "diritti".
Abu Mazen, scrive infatti,

Sui diritti dei palestinesi non cederà più di quanto avrebbe potuto cedere Arafat

Infine Salerno scrive dello smantellamento di un insediamento illegale in Cisgiordania e commenta

ma altrove le opere di ampliamento degli insediamenti vanno avanti senza interruzione emolti nalisti si chiedono ancora quanto sono sinceri il piano di Sharon e i suoi discorsi sulla pace possibile con i palestinesi

Quali analisti? Perché Salerno non ne cita nemmeno uno? In quali insediamenti i lavori di apliamento procedono "senza interruzione"? Perché non viene spiegata la differenza tra costruzione di nuovi insediamenti e ampliamento di quelli esistenti per far fronte al naturale incremento demografico e alla necessità di nuovi servizi? Perché si vuole far credere che gli insediamenti costituiscono un insormontabile ostacolo alla pace quando tutte le ipotesi di accordo fin qui avanzate prevedono scambi di territori che lascino quelli più popolosi sotto la sovranità israeliana?

In conclusione: un articolo incompleto e impreciso nell'informazione e palesemente fazioso.

AVVENIRE pubblica a pagina 16 un articolo di Francesca Fraccaroli "Abu Mazen prepara il dopo Arafat". I gruppi terroristici palestinesi vi sono definiti "gruppi armati" e il terrorismo stesso ricade sotto l'ingannecvole definizione di "Intifada".
Queste scorrettezze terminologiche si riflettono nell'assoluta incomprensione della posta in gioco nelle elezioni palestinesi: il pericoloso sostegno accordato dai gruppi terroristici ad Abu Mazen, che riuscirà a riaprire costruttivamente il dialogo con Israele solo se romperà la contiguità tra Anp e terrore dell'era Arafat, non viene compreso nella sua reale portata di minaccia per la pace dalla Fraccaroli, che si limita a lodare l'abilità politica del leader dell'Olp, per essere riuscito ad ampliare la base del suo consenso.
Ecco l'articolo:

A cinque giorni dal voto per il presidente palestinese i giochi sembrano già fatti. Sarà Mahmud Abbas, Abu Mazen, leader dell'Olp e candidato prescelto da al-Fatah, a rivestire l'incarico che fu di Yasser Arafat e a dover a cercare di traghettare il suo popolo verso l'agognata indipendenza. Al di là dell'esito scontato della consultazione la campagna elettorale, che si chiuderà venerdì, ha evidenziato un fermento politico sconosciuto fino a qualche mese fa e senza dubbio inusuale per il mondo arabo. La partecipazione di massa ai comizi dei sette candidati, l'elevata registrazione nelle liste elettorali hanno confermato che sta nascendo una nuova democrazia nella regione. In questi ultimi giorni le strade di Cisgiordania e Gaza sono tappezzate di poster di Abu Mazen, del suo principale rivale, Mustafa Barghuti e degli altri pretendenti. Sulle prime pagine dei giornali appaiano i candidati, sorridenti, con alle spalle la cupola dorata della Moschea della Roccia di Gerusalemme, a voler sottolineare il loro attaccamento al principio che la zona Est della Città Santa diventi la capitale dello Stato palestinese. In una popolazione come quella palestinese che per il 50% ha meno di 25 anni, i giovani sono inevitabilmente i protagonisti della corsa elettorale. Ragazzi appena adolescenti che non esitano ad arrampicarsi su muri e tralicci per issare la bandiera del proprio movimento politico, altri con altoparlanti e manifesti che invitano ad intervenire ai dibattiti. Altri ancora che imbracciano il fucile, questa volta non come arma contro i carri armati israeliani, ma per garantire la sicurezza e l'ordine nelle apparizioni pubbliche dei candidati. «Per noi queste elezioni sono un momento storico, stiamo scegliendo il leader che costruirà il nostro futuro. Spetta a noi giovani dare il nostro contributo alla nascita dello stato di Palestina», spiega Tamer Abu Shamala, studente all'Al-Azhar University di Gaza City. L'indubbia abilità politica di Abu Mazen è stata proprio quell a di conquistare i segmenti giovani della popolazione, che pure in questi ultimi anni sono stati i più esposti alla propaganda del movimento islamico Hamas e tra le vittime principali del conflitto con Israele. Il leader dell'Olp all'indomani della morte di Yasser Arafat figurava agli ultimi posti nella lista dei uomini politici graditi ai palestinesi. La sua fugace apparizione nel ruolo di primo ministro tra aprile e settembre 2003 non lo aveva reso popolare, anzi molti lo ritenevano uno strumento nelle armi di Israele e Stati Uniti. In poche settimane invece il dirigente palestinese, è riuscito a conquistare la fiducia dell'elettorato e da uomo senza carisma si è trasformato in un leader politico di primo piano capace di parlare ad una folla di decine di migliaia di persone, così come è accaduto a Jenin, in Cisgiordania, e Gaza. L'appoggio strategico di al-Fatah, il suo partito, gli è valso anche il sostegno dei gruppi armati di quell'Intifada che pure afferma di voler fermare. Abu Mazen ha infatti potuto contare sulla ben oliata macchina propagandistica del suo movimento, a differenza degli altri avversari. Allo stesso tempo il leader dell'Olp ha fatto da traino ad al-Fatah che, dopo anni di oblio in cui aveva toccato i minimi storici, ha visto risalire le sue quotazioni, grazie anche all'assenza dalla competizione elettorale del movimento islamico Hamas, che boicotta le presidenziali. Altro punto di forza del candidato è stato quello di proclamarsi l'erede politico dello scomparso Arafat - i poster elettorali lo ritraggono quasi sempre accanto al compianto rais - del quale afferma di voler continuare il cammino politico. Se durante gli ultimi anni di vita dell'ex presidente, i due erano apparsi in evidente contrasto, ora invece Abu Mazen sembra adottarne una parte dell'approccio politico per galvanizzare le masse e conquistare consensi.
Una consapevolezza ancora minore dell'esistenza di qualcosa come "il terrorismo" rivela l'articolo di Michele Giorgio pubblicato da IL MANIFESTO a pagina 9, "Palestina, sinistra divisa alle presidenziali".
La "sinistra palestinese" include formazioni terroriste e oltranziste come l'Fplp e il Fdlp.
Tali caratteristiche appaiono però del tutto irrilevanti: si richiamano al marxismo, dunque sono il naturale referente politico del quotidiano comunista.
A meno che non sia proprio il loro oltranzismo nazionalista a renderle particolarmente gradite.
Ecco l'articolo:

«Queste elezioni non sono il terreno per la battaglia politica della sinistra, non è questo il test sul quale le forze progressiste devono misurarsi», afferma con tono deciso Imad Abdel Aziz. Direttore di una scuola di Nablus, attivista sin da ragazzo del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), Imad ha trascorso tutta la sua vita a diffondere i principi del marxismo (sempre più diluiti con il passare del tempo) fondamento della sua organizzazione politica, la seconda per importanza dell'Olp anche se ampiamente minoritaria rispetto ad Al-Fatah. Anni passati ad evitare l'arresto da parte delle forze di occupazione israeliane e, in tempi più recenti, guai con i servizi di sicurezza dell'Anp dello scomparso Yasser Arafat. «Problemi seri ma non tanto gravi come il crollo verticale delle formazioni progressiste», ammette Abdel Aziz rinunciando alla difesa ad oltranza della sua parte politica. «A ciò si aggiunge il fatto che ancora una volta la sinistra non ha trovato un terreno politico comune e non è riuscita ad esprimere un candidato unico alle presidenziali del 9 gennaio». I sondaggi d'opinione non lasciano margini di ottimismo alla sinistra palestinese, schiacciata tra Al-Fatah e la crescente popolarità dei movimenti islamici Hamas e Jihad, protagonisti da alcuni anni della scena politica in Cisgiordania e Gaza. I motivi del crollo sono vari: vanno dalla ormai lontana disintegrazione dell'Urss, passano per la cattiva gestione politica della fase degli accordi di Oslo (1993-2000) e arrivano fino alla mancanza di un progetto politico alternativo a quelli di Al-Fatah e Hamas, in grado di coniugare in modo organico nazionalismo, lotta all'occupazione israeliana e giustizia sociale. In ogni caso tutti insieme hanno generato una crisi dalla quale la sinistra palestinese - dai più radicali Fplp e Fdlp (Fronte democratico) a forze più moderate come il Partito del popolo (ex comunista) e Fida - non ha saputo ancora risollevarsi. Solo Mubadara (Iniziativa) di Mustafa Barghuti ha saputo emergere grazie al suo impegno nella società civile ma rimane troppo legata alle sorti personali del suo leader. I colpi inferti dall'esercito israeliano inoltre si sono fatti sentire. Il più danneggiato è stato senza dubbio il Fplp che tra le forze di sinistra è stata l'unica a riguadagnare consensi grazie alla sua partecipazione all'Intifada. Tre anni fa un missile sparato da un elicottero Apache uccise a Ramallah il segretario generale Abu Ali Mustafa che aveva preso il posto dell'anziano leader George Habbash. Il suo successore, Ahmed Saadat è in prigione a Gerico dal 2002 sulla base di una intesa raggiunta da Anp e Israele (dietro le sbarre è anche suo vice, Abdel Rahim Malluh). Arresti ha subito anche il Fdlp. Fida e Partito del popolo hanno subito danni lievi ma hanno visto il loro ruolo, all'interno dell'esecutivo palestinese, diventare sempre più marginale. La debolezza comune avrebbe dovuto indurre le varie forze progressiste formare un fronte comune. Gli esiti invece sono stati ben diversi. Il Fplp non ha presentato un suo candidato alle elezioni presidenziali ma ha preferito appoggiare Mustafa Barghuti (un ex comunista), ossia l'avversario più credibile del leader dell'Olp e candidato favorito Abu Mazen. Il Partito del popolo ha deciso di affidarsi al suo segretario Bassam Salhi al quale i sondaggi non danno più di un 2-3%. Stessa la strada scelta dal Fdlp con la candidatura di un suo storico e stimato dirigente, Taisir Khaled. «Non credo che la mancata scelta di un candidato comune debba essere giudicata con severità» spiega Ghassan Khatib, uno dei leader del Partito del popolo e attuale ministro del lavoro «le formazioni di sinistra hanno posizioni articolate e diverse sui temi sociali e di politica generale. Certo ci unisce la lotta all'occupazione e per l'indipendenza ma non basta a ridurre i margini». Secco e contrario il giudizio di Saleh Rafat, del Fida. «I programmi in realtà sono gli stessi e le differenze ideologiche minime - afferma - purtroppo ancora una volta interessi personali e la lotta per il potere hanno impedito alla sinistra di presentarsi come un punto di riferimento per coloro che non accettano il sistema bipolare Al-Fatah-Hamas».
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2005-01-04

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