Pio XII: l'intervento dello storico Daniel J. Goldhagen
e la non convincente replica di Lucetta Scaraffia
Testata: Corriere della Sera
Data: 04/01/2004
Pagina: 33
Autore: Daniel Jonah Goldhagen - Lucetta Scaraffia
Titolo: Goldhagen: papa Pacelli, perché non è santo - Ma Pio XII non è mai stato antisemita
A pagina 33 il CORRIERE DELLA SERA di martedì 4 gennaio 2004 pubblica un articolo dello storico americano Daniel Jonah Goldhagen, "Goldhagen: papa Pacelli, perché non è santo" che di seguito riportiamo:
Immaginiamo che una persona salvi un bambino da una macchina in fiamme in una zona rurale, esponendosi a un certo rischio. I genitori sono morti. Lo definiremmo un eroe. Ma poi decide di tenere il bambino e di educarlo secondo il suo credo. Non informa le autorità. Quando i parenti del bambino, che lo cercano disperati, vengono a bussare alla sua porta, nega di sapere dove si trovi. La buona azione iniziale si trasforma in un crimine e questa persona in un rapitore.
Ora è stato pubblicato sul Corriere della Sera un documento proveniente dagli archivi della Chiesa cattolica francese che mostra che papa Pio XII si comportò in maniera simile quando parenti e genitori ebrei, cercando affannosamente i loro figli, vennero a bussare alla sua porta.
Nel 1946 il Vaticano inviò un documento al nunzio apostolico in Francia, Angelo Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII, noto per la sua compassione verso gli ebrei e per la dedizione mostrata nel cercare di riunire i bambini ebrei, nascosti in istituti cattolici durante l'Olocausto, ai loro genitori, parenti o alle istituzioni ebraiche.
Il documento ordinava a Roncalli di trattenere quei bambini: « I bambini che sono stati battezzati non possono essere affidati a istituzioni che non assicurerebbero loro un'educazione cristiana » .
La ferma intenzione del Papa di non riconsegnare i figli ai loro genitori è inequivocabile: « Se i bambini sono stati affidati ( alla Chiesa) dai genitori ed essi li rivogliono, possono essere loro restituiti, purché non siano stati battezzati. Si fa presente che questa decisione della Congregazione del Sant'Uffizio è stata approvata dal Santo Padre » . Poiché la decisione di non restituire i bambini ebrei battezzati venne annunciata come una linea di condotta pontificia di carattere generale, ci sono buone ragioni per credere che fosse divulgata e applicata in tutt'Europa. I documenti su questo argomento restano celati negli archivi del Vaticano ( come la copia dell'ordine a Roncalli) e di altre chiese nazionali.
Durante l'Olocausto migliaia di bambini ebrei trovarono rifugio in monasteri, conventi e scuole cattoliche, anche se per opera di Roncalli, non per ordine di quel papa antisemita. Furono messi in salvo da preti e suore eroici, che a volte battezzarono i bambini di cui si dovevano occupare.
È noto che gli ebrei sopravvissuti o i loro parenti ed eredi ebbero spesso ( anche se non sempre) difficoltà a riprendersi i figli. Si sospettava che la Chiesa si proponesse di rapire quei bambini ebrei in nome di Gesù. Una sopravvissuta ad Auschwitz, perseguitata perché ebrea, secondo Pio XII non doveva riavere il proprio figlio proprio perché ebrea.
Ora abbiamo la prova evidente: questo documento. Esso dimostra che era intenzione del Papa e della Chiesa portar via sistematicamente i bambini ebrei. E mostra quanto Pio XII fosse insensibile alle sofferenze degli ebrei. Venne così reiterata la persecuzione che avevano subito, privando i sopravvissuti all'inferno nazista, offesi fisicamente e spiritualmente, dei loro figli.
Il documento non sorprenderà chi conosce l'antisemitismo della Chiesa in quel periodo o lo sciagurato precedente di papa Pio IX, il rapimento nel 1858 di Edgardo Mortara, un bambino ebreo di sei anni, che produsse un moto di ripulsa e di protesta nei confronti della Chiesa in tutt'Europa. Ma questo documento rimuove il beneficio di cui Pio XII ha finora goduto: la possibilità, che per sessant'anni lui e la sua Chiesa hanno cercato di conservare, di negare plausibilmente molti crimini compiuti contro gli ebrei durante l'Olocausto da Pio XII, vescovi e sacerdoti.
Papa Pio XII si è reso colpevole di un crimine non restituendo i bambini ai genitori, parenti o custodi legali o spirituali. E con lui tutti i vescovi, preti e suore che si sono prestati a portar via i bambini ebrei. Nessuno è al di sopra della legge.
Un leader religioso o un capo di governo che facesse una cosa simile oggi sarebbe messo in prigione ( l'inquisitore, un sacerdote che rapì Edgardo per ordine di Pio IX, fu arrestato e imprigionato dalle autorità italiane) In nome della religione, oggi e nel passato, si sono commessi molti delitti. Gli abiti religiosi non dovrebbero impedire che una persona venga chiamata con il suo nome. I recenti scandali su abusi sessuali commessi da preti ce l'hanno insegnato. Ci hanno anche insegnato che vi è necessità di trasparenza per questa Chiesa, tra le più reticenti, che ha abitualmente celato crimini e misfatti dei suoi esponenti. Se la Chiesa è l'istituzione morale che proclama di essere deve provvedere a rimediare ai suoi crimini.
Il Vaticano dovrebbe istituire una commissione di alto profilo, indipendente, composta da esperti internazionali indipendenti di storia, di questioni ecclesiastiche e giuridiche, guidata da una persona di grande statura internazionale, per stabilire quanti bambini ebrei siano stati rapiti dalla Chiesa in Europa. La commissione dovrebbe poter accedere a tutte le istituzioni ecclesiastiche, poter esaminare liberamente documenti e parlare con il personale ecclesiastico. Papa Giovanni Paolo II, che ha lavorato molto sotto vari aspetti per migliorare l'atteggiamento della Chiesa verso gli ebrei, dovrebbe ordinare pubblicamente a tutte le Chiese cattoliche europee di cooperare con i membri della commissione e compiere per proprio conto ricerche su ciò che è accaduto nelle loro parrocchie. Probabilmente la maggior parte dei documenti è facile da reperire. La Chiesa è un'istituzione che registra e conserva fedelmente soprattutto una cosa: il battesimo. Una volta identificate, le vittime ebree — o i loro parenti — dovrebbero essere ritrovate e ricevere una comunicazione ufficiale. La commissione dovrebbe anche pubblicare dei rapporti storici dettagliati sulla sua ricerca.
Se la Svizzera l'ha fatto, istituendo la Commissione Bergier per indagare sul furto dei beni de gli ebrei durante la guerra ( sono stati pubblicati ventisei volumi sull'argomento), e se l'Australia l'ha fatto per i bambini che il suo governo ha portato via agli aborigeni in quello stesso periodo, lo può fare anche la Chiesa cattolica per il furto dei bambini ebrei.
Il Vaticano dovrebbe por fine una volta per tutte a pretesti e reticenze che durano da decenni e aprire a studiosi e giornalisti gli archivi suoi e delle sue chiese nazionali relativi al periodo dell'Olocausto. Dovrebbe smettere di pretendere che l'unico suo errore sia stato non aver fatto di più per salvare gli ebrei e che il suo unico atto di pubblica contrizione possa consistere nel presentare deboli scuse. Sicuramente il documento che è venuto fuori non è la sola prova presente nei vasti archivi segreti della Chiesa. E non dovrebbe, a questo punto, la Chiesa impedire ai suoi seguaci di attaccare gli ebrei e altri che a buon diritto le chiedono di essere aperta e sincera sui suoi crimini passati e recenti? Infine, la Chiesa dovrebbe cessare di perseguire la canonizzazione Pio XII. Pio XII fu alla testa di una Chiesa che diffuse un feroce antisemitismo proprio quando gli ebrei venivano sterminati. Che usò i suoi documenti per aiutare il regime nazista a stabilire chi era ebreo in modo da poterlo perseguitare. Che legittimò e partecipò alla deportazione ad Auschwitz degli ebrei slovacchi. E che continuò per più di un decennio dopo l'Olocausto a proclamare ufficialmente che tutti gli ebrei di tutti i tempi saranno sempre colpevoli per la morte di Cristo. Pio XII, ordinando ai suoi subordinati di portar via i bambini ai loro genitori, è divenuto uno dei più grandi rapitori, o presunti rapitori, dei tempi moderni, senza contare che è stato una persona priva di qualsiasi empatia umana nei confronti dei poveri genitori ebrei in cerca dei loro figli, dopo anni di sofferenza.
Il titolo del famoso libro di memorie di Primo Levi, che è anche una riflessione sulla natura umana, è Se questo è un uomo . Come possiamo non chiederci: « Se questo è un santo » e anche che genere di Chiesa è questa?
Il "controcanto" a Golddhagen è affidato a Lucetta Scaraffia, che nell'articolo "Ma Pio XII non è mai stato antisemita" fonda la sua difesa del pontefice, che giunge fino al punto di negare a Goldhagen, autore di importanti saggi storici e direttore di un istituto di ricerca all'Università di Harward, la qualifica di storico, sulla distinzione tra antigiudaismo religioso cristiano e antisemitismo razziale nazista.
Si tratta di una distinzione scientificamente corretta, urtilizzata però in questo contesto in modo chiaramente apolegetico.
Perché non dice nulla sui problemi morali sollevati da Goldhagen, che riguardano comportamenti antiebraici che, per quanto non assimilabili né nella loro gravità né nella loro origine ideologica a quelli nazisti, non possono comunque essere scusati.
E', a ben vedere, questo rifiuto di giustificare fatti noti e non contestabili che procura a Goldhagen l'accusa di non scientificità.
Ma la sua "arringa" non ha che fare con l'accertamento dei fatti, ma con il giudizio che su di essi deve essere pronunciato.
Si dirà che compito dello storico non è quello di giudicare, ma soltanto quello di accertare la verità.
Ma anche Lucetta Scaraffia pronuncia un giudizio, soltanto, un giudizio di assoluzione e non di condanna.
Un giudizio, a nostro avviso, assai meno fondato e difendibile di quello avanzato da Goldhagen.
Ecco l'articolo:

Se questo è un uomo, si domanda Goldhagen a proposito di Pio XII. Se questo è uno storico, ci si può piuttosto domandare di fronte alla sua invettiva. Goldhagen mette da parte infatti ricostruzioni storiche e documenti per manipolare i fatti. Per esempio, è un falso grossolano — e segno di ignoranza della struttura e del funzionamento della Chiesa cattolica — sostenere che gli istituti religiosi abbiano salvato gli ebrei contro la volontà del papa. Goldhagen attribuisce poi alla Chiesa di Pio XII un « feroce antisemitismo » , senza dire su quali prove sia basata un'affermazione di tale gravità. Come è noto, non esistono prove di alcun tipo che il tradizionale antigiudaismo cristiano sia sfociato in un consenso e in un appoggio all'antisemitismo dei nazisti. Ma è invece proprio sulla base di questo pregiudizio che egli pretende di ricostruire e giudicare le vicende storiche di questo periodo e i loro protagonisti, rivelando in questo modo solo il suo anticattolicesimo.
Nel suo furore, Goldhagen va anche contro il senso comune: se davvero la Chiesa avesse sottratto tanti bambini ebrei alle loro famiglie, come mai in tutti questi anni nessuno ha protestato? Sarebbero forse i figli meno importanti del denaro depositato presso le banche svizzere e per riottenere il quale sono state avviate tante cause e istruttorie internazionali? Goldhagen riprende la polemica diffamatoria orchestrata contro Pio XII a partire dagli anni Sessanta per cui sul Pontefice pesa la diffusa tendenza a giudicare senza tenere conto del contesto storico in cui operava.
Questo non era certo antisemita — la Chiesa poi antisemita non lo è mai stata, semmai antigiudaica, cosa molto diversa che Goldhagen sembra ignorare — ma non aveva nei confronti degli ebrei la nostra stessa sensibilità. Ci siamo infatti resi conto solo lentamente, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, della mostruosità e dell'entità del crimine perpetrato dai nazisti contro gli ebrei. Subito dopo il conflitto gli ebrei non erano considerati vittime speciali — come avviene oggi — ma vittime tra le altre degli orrori della guerra. Pio XII ha agito di conseguenza, forse frenato anche dal temperamento personale e dalla sua formazione che lo portavano a preferire le tradizionali vie diplomatiche.
Insomma, la spaventosa tragedia della Shoah e il modo — tardivo, ma talvolta esasperato — con cui ne abbiamo preso coscienza ci rendono difficile esprimere giudizi equilibrati e scevri da passioni. Tanto più sarebbe opportuno non cadere nella tentazione dello scoop anticipando brani di documenti che avrebbero bisogno di essere approfonditamente studiati.
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