Quando il male ha la capacità di annullare il bene
a proposito dell'ordine di sottrarre alle famiglie i bambini ebrei battezzati e di Pio XII. Un articolo di Federico Steinhaus
Testata:
Data: 30/12/2004
Pagina: 1
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: Quando il male ha la capacità di annullare il bene
L’ argomento di questa analisi non è strettamente di nostra pertinenza, se non per il fatto che il Corriere della Sera ha dato una grande rilevanza alla notizia, e che la notizia riguarda un problema – quello dell’ antisemitismo – del quale ci siamo occupati in più di una occasione.
Il Corriere della Sera del 28 e 29 dicembre pubblica, sia nel suo sito web sia nella versione cartacea, un articolo di Alberto Melloni ed una pagina di reazioni e commenti.
L’ articolo di Melloni, molto ben scritto e documentato, rievoca il periodo dell’ immediato dopoguerra, i cruciali anni 1945 e 1946, nella Francia libera ma dilaniata ancora dalle conseguenze della frattura dolorosa di Vichy; il ruolo di protagonisti spetta, in questa rievocazione, a papa Pacelli (Pio XII) ed a mons. Roncalli (il futuro Giovanni XXIII) suo nunzio a Parigi.Lo sfondo è quello della Shoah.
Sorvoliamo sui rapporti di mons. Roncalli con esponenti ed istituzioni dell’ ebraismo, e diamo per scontato che tutti sappiano che,ovunque egli andò in quei tragici anni, fu sua premura aiutare incondizionatamente gli ebrei in cerca di salvezza.
Diamo ugualmente per scontato il fatto che tutti riconoscano che la Chiesa, per mezzo delle sue istituzioni locali, aiutò moltissimi ebrei a trovare rifugio nelle chiese e nei conventi, e che in tal modo essi poterono sfuggire alle deportazioni.
Ma, ecco la domanda che insinua un dubbio atroce, quanti di questi sacerdoti, frati,suore agirono spontaneamente ed in modo assolutamente disinteressato, e quanti invece lo fecero allo scopo di "impadronirsi delle anime" di questi miscredenti maledetti da Dio? Già, perché in quel tempo era questa l’immagine che dell’ebreo veniva trasmessa nelle scuole e nelle chiese, ed ancora oggi, quarant’ anni dopo che Papa Giovanni XXIII ne pretese l’ abolizione, vi è chi ne è convinto.
Dobbiamo anche ricordare che, con Pio XII, la Chiesa si oppose frontalmente al sionismo ed all’ipotesi della rinascita di uno stato ebraico in Palestina; e dobbiamo ricordare che subito dopo la caduta del fascismo Pio XII inviò padre Tacchi Venturi da Badoglio per chiedergli di non abrogare le leggi razziali volute da Mussolini nel 1938. Nessuna ambiguità, dunque: Pio XII aveva affermato che si dovessero aiutare gli ebrei a salvarsi in quanto individui, senza per questo riconoscere le loro aspirazioni come popolo.
Questo è il punto di contatto fra l’ oggetto della scoperta storiografica di cui riferisce il Corriere della Sera, con le sue implicazioni di antigiudaismo teologico, e l’antisionismo che fu la linea politica ufficiale della Santa Sede con Pio XII, ma anche, in maniera meno drammatica, dei suoi successori, che rifiutarono per decenni di riconoscere l’ esistenza dello Stato d’ Israele e di ammettere un qualche diritto d’ Israele a far rientrare nei propri confini e nella propria sfera di sovranità i Luoghi Santi.
Ma cosa successe in quel 1946 di faticosa ricostruzione di un’Europa stremata, affamata, dolente? Successe che, riferendosi ai molti bambini ebrei accolti caritatevolmente nei conventi ed in altri luoghi protetti della Chiesa di Francia, il 20 ottobre 1946 Pio XII impartì precise disposizioni attraverso il Sant’Uffizio:

* Non si risponda per iscritto alle Comunità israelitiche che chiedono la restituzione dei minori, si prenda tempo

* I bambini ebrei battezzati "non potranno essere affidati a istituzioni che non ne sappiano assicurare l'educazione cristiana", e quelli non battezzati non dovranno essere affidati "a persone che non hanno alcun diritto su di loro"; potranno essere restituiti ai genitori solo qualora "non abbiano ricevuto il battesimo".

Queste poche, ma chiarissime, direttive emanate un anno e mezzo dopo la fine della guerra, quando l' enormità della tragedia abbattutasi sul popolo ebraico era già nota, costituiscono la prova inconfutabile di un atteggiamento medievale della Chiesa nei confronti degli ebrei.
La singolarità delle argomentazioni firmate da illustri pensatori cattolici, portate a fondamento degli scritti in difesa delle decisioni assunte dal papa - il battesimo non è reversibile e dà alla Chiesa il potere assoluto sul battezzato, chiunque egli sia - non sono che una aggravante di questa empietà commessa contro le leggi dell' umanità, i diritti della famiglia, contro Dio stesso se vogliamo considerarlo unico per tutto il genere umano.
Ma, se vogliamo rimanere sul piano politico dei giudizi che a noi è più congeniale, in questa situazione emersa in maniera così imprevedibile la vera discriminante è la Shoah.
La Shoah costituisce uno spartiacque storico nel quale la morale e la politica confluiscono per determinare un "prima" ed un "dopo".
Prima della Shoah un atteggiamento antigiudaico basato su argomentazioni teologiche costituiva, nella Chiesa cattolica, la regola: eredità di 1900 anni di discriminazioni, emarginazioni, massacri ed anche semplici ingiurie assurte ad insegnamento ufficiale, esso non destava stupore né scandalo, faceva parte insomma del corso naturale della storia umana.
Ma dopo Auschwitz esso divenne insostenibile ed intollerabile indipendentemente da ogni altra considerazione che lo potesse spiegare: per il solo fatto dello sterminio commesso in un continente intriso proprio di quella cultura antigiudaica che aveva consentito anche ad un regime dichiaratosi ateo di far germogliare la malapianta dell' odio antiebraico, che portò i frutti noti come campi di sterminio, l' antigiudaismo cattolico era stato svuotato di ogni sua presunta motivazione.
Ma così non fu, evidentemente, se il papa stesso potè basarsi su una visione oscurantista del battesimo, della scelta consapevole cioè di una religione, per farne uno strumento imposto con la implicita violenza del mondo esterno e con la esplicita posizione di inferiorità dei battezzandi: bambini incosapevoli, soli, trovatisi alla mercè di persone che, sole, potevano salvare loro la vita.
Lo abbiamo definito un furto di anime, ma fu anche di peggio, fu la separazione violenta delle famiglie, fu la dispersione di una identità storica emozionale e culturale, fu un colpo di spada che recise legami millenari.
Fu un crimine contro l'umanità, e chi oggi lo difende e giustifica se ne dovrebbe invece vergognare, ricusandolo con orrore.