Cronache (con omissioni e distorsioni) dell'ingresso di Peres nel governo israeliano e degli scontri a Gaza
confronto tra quotidiani
Testata:
Data: 31/12/2004
Pagina: 1
Autore: Paola Caridi - Alberto Stabile
Titolo: Un buon 2005 per Israele. Peres sarà il vice di Sharon - Israele, Sharon aggira gli ostacoli, via libera al governo con i laburisti
IL RIFORMISTA di venerdì 31 dicembre 2004 pubblica in prima pagina un articolo di Paola Caridi "Un buon 2005 per Israele. Peres sarà il vice di Sharon".
Si tratta di un articolo complessivamente corretto, con un passaggio, però, che si presta a una critica piuttosto rilevante.
La Caridi scrive dell'intervista rilasciata dal vicepremier israeliano Ehud Olmert al Jerusalem Post del 30-12-04, nella quale viene prefigurato un disimpegno unilaterale anche riguardo alla Cisgiordania, che eviti a Israele "di dover andar via da tutti i territori occupati come parte di un piano di pace sostenuto dalla comunità internazionale".
La giornalista commenta così queste dichiarazioni: "Olmert, per chi non l'avesse ancora compreso sino in fondo, spiega stavolta con chiarezza l'obiettivo dell'unilateralismo: «Dà a Israele una maggiore libertà ed è più comodo riguardo agli interessi del paese»".
Vengono però omesse alcune circostanze cruciali per comprendere il senso e la reale portata delle dichiarazioni del politico israeliano: anzitutto la loro contestualizzazione nell'ambito della diatriba con Peres sull'asegnazione dei poteri di vice-premier.
Come scrive Graziano Motta su AVVENIRE ("Peres vice di Sharon. Sangue nei Territori", pag 18 31-12-04) "Olmert continuerà ad esercitare «le prerogative stabilite per legge del vice premier ad interim». Solo che per metterle in mostra si è spinto, in un'intervista al Jerusalem Post, al di là delle posizioni e intenzioni di Ariel Sharon".
Il quale infatti ha smentito il suo vice.
Per il governo israeliano, in sostanza, dopo il ritiro da Gaza dovrà riprendere il cammino negoziale indicato dalla Road Map, il cui primo passo, ricordiamolo, è la lotta al terrorismo da parte dell'Anp.
Nell'intervista al Jerusalem Post, d'altro canto, come scrive Aldo Baquis su LA STAMPA ( "Israele, Peres numero due del governo", pag. 14, 31-12-04)"Olmert ha anche espresso scetticismo circa la possibilità di raggiungere un'intesa con il prevedibile successore di Yasser Arafat, il pragmatico Abu Mazen".
E' dunque anche lo scetticismo riguardo all'effettivo "pragmatismo" di Abu Mazen a far ritenere necessario ad Olmert mantenere la politica dei ritiri unilaterali.
In quanto alla volontà di Israele di mantenere il controllo di parte della Cisgiordania occorre ricordare che tutte le ipotesi di accordo, compresa la "pace virtuale" di Ginevra, firmata da palestinesi privi di reale potere esponenti dell'estrema sinistra pacifista israeliana, ipotizzano scambi di territori tra Israele e il futuro Stato palestinese.
Il mantenimento della sovranità israeliana sui più popolosi insediamenti della Cisgiordania è dunque compatibile con un accordo negoziato.
Ecco l'articolo:

Gerusalemme. Dovrebbe essere, forse, la volta buona. Shimon Peres numero due del governo di unità nazionale che lunedì, sempre secondo le previsioni, dovrebbe presentarsi di fronte alla Knesset. Peres numero due di Sharon, reiterando - in fondo - quello che successe ormai parecchi anni fa, quando l'allora ministro degli esteri ricoprì la funzione di vice di Ytzhak Rabin. Stavolta, però, il numero due non è il vicario. Il numero due non può sostituire, in caso di impedimento, il premier Sharon. Come successe, peraltro, nel 1995 dopo l'assassinio di Rabin. Il ruolo di vicario, invece, rimane al braccio destro di Arik, Ehud Olmert. Così si è deciso per superare le diatribe legali degli ultimi giorni sulla modifica costituzionale per poter avere due vicepremier nel governo. La modifica della legge fondamentale non si farà, Peres sarà il più importante ministro del governo, Olmert conserverà le sue funzioni.
Peres numero due, stavolta, è colui che serve a negoziare. Con i palestinesi e, quando serve, con la comunità internazionale, se il ministro degli esteri Silvan Shalom gli lascerà spazio. Peres sarà colui che dovrà servire a trasformare una parte dell'unilateralismo tipico dello Sharon-pensiero nell'approccio negoziale di cui la comunità internazionale ha bisogno. Per fare del 2005 l'anno storico per il Medio Oriente. Meglio, per il processo di pace tra israeliani e palestinesi. Il disimpegno da Gaza, insomma, non basta per fare la pace. Forse non basta neanche quello che Olmert, in una intervista-bomba al Jerusalem Post di ieri, ha prefigurato per l'anno che sta per iniziare: un «disimpegno bis», questa volta da una parte della Cisgiordania, per evitare - dice - di dover andar via da tutti i territori occupati come parte di un piano di pace sostenuto dalla comunità internazionale. Olmert, per chi non l'avesse ancora compreso sino in fondo, spiega stavolta con chiarezza l'obiettivo dell'unilateralismo: «Dà a Israele una maggiore libertà ed è più comodo riguardo agli interessi del paese».
Una maggiore libertà, questa, che ovviamente non piace ai palestinesi. Non piace alle fazioni estremiste. Ma non piace neanche al moderato Abu Mazen, che ieri a Jenin ha gestito il suo tour elettorale assieme all'uomo forte della città cisgiordana, il numero uno delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa, Zakaria Zubeidi. L'esercito israeliano, dopo la fine delle manifestazioni, ha arrestato il fratello Jibril. Abu Mazen, in predicato di essere il futuro presidente palestinese con un risultato di tutto rispetto, vuole essere eletto anche con i voti di chi ha combattuto la prima e la seconda intifada: dei giovani dei campi profughi e di quelli che, a migliaia, sono detenuti dagli israeliani. Il loro sostegno non può prescindere, per esempio, dalla difesa della Cisgiordania senza insediamenti ebraici, e dal ritorno alla frontiera del 1967, che con la dichiarazione di aprile il presidente americano George Bush jr. ha invece considerato per la prima volta flessibile.
Abbas dice di voler raggiungere i suoi risultati senza l'intifada armata. E chi lo conosce sa che questo può avvenire, perché Abu Mazen è stato uno dei negoziatori più abili e più fermi di Oslo. Un osso duro, insomma. Tanto duro che per trattare con lui ci vuole qualcuno che lo conosce. Come Peres, appunto. Non è detto, dunque, che il 2005 sarà un anno facile, per il Medio Oriente. Sarà, certo, l'anno in cui i nodi verranno al pettine. Chissà che il 2005 non porti anche, nella figura dello schivo e grigio Mahmoud Abbas, un possibile Sadat palestinese.
A pagina 21 di LA REPUBBLICA appare un articolo di Alberto Stabile, "Israele, Sharon aggira gli ostacoli, via libera al governo con i laburisti", che riportiamo:
GERUSALEMME - Potere della semantica. Grazie alla modifica del nome di una carica, Ariel Sharon raggiunge un accordo con il partito laburista e può presentarsi davanti alla Knesset per varare il suo governo di unità nazionale. Da sei mesi senza una solida maggioranza, il premier si allea con Shimon Peres, 81 anni, leader laburista, che nel nuovo gabinetto coprirà l´incarico di «vice del premier», affiancando il numero due del governo ed esponente del Likud, il «vice premier» Ehud Olmert e ministro del Commercio. Potrà sembrare una questione di lana caprina. Ma la legge fondamentale dello Stato ebraico prevede una sola carica di vice primo ministro. Così, quando Sharon si è rivolto ai laburisti offrendogli di entrare a far parte della coalizione di governo per colmare il vuoto creato dall´uscita di 11 deputati del Likud, Peres ha posto come contropartita delle chiare condizioni. Chiedeva l´incarico di vice primo ministro. Sharon era d´accordo. Ma la carica era già ricoperta da Olmert, numero due del partito. E´ iniziata una lunga trattativa. Impaziente, Sharon ha deciso allora di tirare dritto e ha puntato ad una modifica della legge fondamentale. Ha sondato pareri e umori di giuristi e deputati. Ma anche qui ha raccolto consensi molto freddi. Da fine politico ha annusato la trappola che gli avevano teso all´interno del suo stesso partito e ha evitato di andare in Parlamento con una proposta di modifica costituzionale. Ha ripreso i contatti con Peres e insieme hanno elaborato una soluzione: Shimon Peres sarà il «vice del primo ministro». Olmert conserva la sua carica di «vice primo ministro»; ma sarà il leader laburista, per motivi di anzianità, a svolgere il ruolo di capo del governo in assenza di Sharon. Secondo indiscrezioni, Peres dovrebbe ricoprire anche la carica di ministro per il Disimpegno dai Territori. Il nuovo governo potrà contare su una maggioranza di 62 seggi.
Ehud Olmert non ha comunque digerito bene la soluzione. Ha rilasciato un´intervista al Jerusalem Post nella quale annuncia un secondo, importante ritiro di Isarele dalla Cisgiordania dopo il disimpegno da Gaza. «Non staremo certo con le mani in mano», ha detto il numero due del Likud, «dobbiamo fare ciò che è nell´interesse di Israele». Olmert non ha svelato i dettagli del nuovo ritiro. Ma la notizia ha avuto l´effetto di una bomba. Sharon è dovuto intervenire personalmente. Con toni duri e irritati, ha definito le dichiarazioni del suo vice «prive di fondamento». E ha aggiunto: «Non c´è e non ci sarà un piano politico ad eccezione della road map». Intanto a 10 giorni dalle elezioni presidenziali, resta tesa la situazione a Gaza: cinque palestinesi sono stati uccisi durante le incursioni dell´esercito israeliano deciso a bloccare il lancio dei missili Qassam.
I cinque palestinesi uccisi, insieme ad altri quattro, erano, scrive Umberto De Giovannangeli su L'UNITA' ("Israele, il premier laburista Peres sarà premier vicario" 31-12-2004 pag.11) "miliziani", termine impreciso per indicare i terroristi, migliore comunque del semplice "palestinesi".
Secondo Graziano Motta su AVVENIRE (articolo citato) soltanto tre dei morti nel primo episodio erano "guerriglieri" (terroristi) di Hamas, gli altri due erano "giovani di 17 anni "spettatori" (uno affetto da sindrome di Down)", dunque accidentalmente coinvolti negli scontri.
Gli altri quattro erano invece anche secondo Motta tutti "miliziani".
Il giornalista del quotidiano cattolico è anche l'unico a riportare le notizie del ferimento di due soldati israeliani e di undici "palestinesi" nel corso degli scontri, dell'esplosione di una mina posta dai terroristi presso Netsarim, e del disinnesco di un'altra al confine con l'Egitto.

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