Anche la verità spiana la via verso la pace: demolizione di una leggenda infamante
ma per eliminare gli effetti di anni di propaganda non basta una diminuzione dell'incitamento: occorre che cessi del tutto
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Data: 27/12/2004
Pagina: 1
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: Anche la verità spiana la via verso la pace: demolizione di una leggenda infamante
In questi giorni, anche in considerazione delle festività di fine anno che costituiscono un motivo di speranza e di buoni auspici, l’ ottimismo sembra pervadere ogni analisi che si occupi delle sorti del conflitto israelo-palestinese. L’imminenza delle elezioni politiche, ed il fatto che dopo trent’anni i palestinesi di Cisgiordania abbiano nuovamente potuto esercitare un loro diritto di scelta nelle elezioni comunali di questi giorni, rafforzano ulteriormente questa visione rosea del futuro.

Noi non vogliamo turbare questa atmosfera con alcune note di scetticismo, ma limitarci a richiamare gli osservatori ad un maggiore realismo. Per farlo, dobbiamo invitare i nostri lettori a ripercorrere con noi la leggenda di una icona della malvagità israeliana e del martirio inflitto al popolo palestinese, quella di Mohammed al-Doura, ricordando che (come attesta il Rapporto Mitchell del 2001) proprio la vicenda di questo bambino ebbe il potere di scatenare ed acuire la violenza della seconda Intifada.

30 settembre 2000: nella striscia di Gaza, nel corso di uno scontro fra esercito israeliano e "militanti" palestinesi, un cineoperatore riprende la scena di un bambino palestinese di 12 anni, accucciato dietro a suo padre: entrambi cercano di nascondersi, di sfuggire ai proiettili,ma il bambino viene ucciso.

Così inizia la leggenda.

Le immagini vengono pubblicate dai media di tutto il mondo, entrano nei libri scolastici arabi e palestinesi, ricevono premi giornalistici, diventano indimenticabili, impresse nella memoria visiva e nelle emozioni.L' Autorità Palestinese accusa gli israeliani di aver colpito quel bambino, che diviene il simbolo di tutti gli altri bambini "martiri" dell' Intifada.

Il cineoperatore che ha ripreso la scena è il palestinese Talal Abu Rahma, che lavora per France 2 e la CNN.Fra tutti quelli che avevano assistito allo scontro lui è l'unico ad aver ripreso la scena, ed afferma di aver filmato per 27 minuti, ma di non poter mostrare altro che quei pochi secondi perché le altre scene sono troppo cruente per poter essere diffuse.Nessuna ingiunzione di tribunale, nessuna pressione politica o dei media internazionali potranno indurlo a mostrare quei 27 minuti, neppure in una visione privata per esperti richiesta da media di tutto il mondo.

Solamente molto tempo dopo i fatti, accurate indagini, affidate ad esperti balistici civili, hanno dimostrato che quel bambino, in quella posizione, non poteva essere stato colpito da proiettili israeliani in considerazione delle varie angolazioni di tiro.Questi risultati sono stati pubblicati, come definitivi e risolutori, perfino al sito no-global Indymedia, che si è sempre schierato contro Israele e spesso anche su posizioni apertamente antisemite.

Il primo fatto accertato riguardo alla morte di Mohammed è dunque che il ragazzo non è stato ucciso dagli israeliani, bensì da quello che in guerra viene eufemisticamente chiamato "fuoco amico" - cioè palestinese.Ma questa verità scientificamente verificata rimane sempre sullo sfondo, conosciuta da pochi ed ignorata da moltissimi.Essa non ha la capacità di scalfire il mito, e di scagionare (almeno in questo episodio) gli israeliani.

Ma la demolizione della leggenda non finisce qui, anche se il resto della storia, pubblicata dal Wall Street Journal Europe del 26 novembre 2004, rimane ancora avvolta in una nube di mistero.

E' un fatto che Charles Enderlin, corrispondente di France 2 da Gerusalemme, ha sostenuto che la sparatoria fatale ebbe luogo alle 3 del pomeriggio; ed è un fatto che i due medici dell'ospedale di Gaza - Joumaa Saka e Muhamad El-Tawil,nel quale fu portato il corpo senza vita di Mohammed, affermarono che ciò avvenne prima dell'una di pomeriggio: due ore prima della sparatoria.

E' un fatto che nel breve filmato esibito da France 2, l'unico disponibile, non si vede alcuna traccia dei tre proiettili che avrebbero ucciso il bambino e dei 9 che avrebbero ferito il padre, né si vedono sangue o militari israeliani in atto di sparare.

E' un fatto che l'operatore palestinese Talal Abu Rahma in una deposizione giurata dinanzi all' avvocato Raji Surani di Gaza affermò di aver girato 27 minuti di filmati di quell' episodio, della durata complessiva di 45 minuti (vedasi il sito del Centro Palestinese per i Diritti Umani www.pchrgaza.org/special/tv2.htm).

E' un fatto che France 2, proprietaria del filmato, non ha mai consentito a far visionare l'intera ripresa; solamente il 22 ottobre 2004 fu dato accesso al filmato a tre prestigiosi giornalisti di Le Monde, dell' Express e della stessa emittente France 2. Ma una volta arrivati nella saletta, essi si sentirono dire da un consigliere del presidente di France 2 che Talal Abu Rahma aveva ritrattato tutte le sue dichiarazioni riguardo al filmato che aveva giurato di aver realizzato ed alle accuse formulate: non era vero nulla.E quei famosi 27 minuti così orribili e crudeli stando alla dichiarazione dell' operatore palestinese e dei dirigenti di France 2 non contenevano in realtà nulla che potesse aggiungere alcunché a quanto già si era visto.

Erano trascorsi 4 anni esatti, anni di menzogne e di accuse infamanti prive di qualsiasi fondamento: il male era stato fatto, ed era oramai irreparabile.

Questi sono fatti documentati. Ma dobbiamo aggiungere anche una illazione, che potrebbe completare questo squallido quadro.

Nel 2001 Nahum Shahaf, che aveva dimostrato con metodi scientifici l' impossibilità che Mohammed al-Doura fosse stato ucciso da proiettili provenienti dalle postazioni israeliane, ha affermato in una intervista rilasciata al Wall Street Journal di aver visionato con estrema attenzione alla moviola quel filmato, e di aver verificato che i proiettili che avrebbero ucciso il bambino provenissero quasi certamente da dietro il cineoperatore, e che ad un certo punto il cineoperatore stesso facesse un segno "due" con le dita, come quando si chiede di ripetere una scena non riuscita.

Se sommiamo queste dichiarazioni ai falsi accertati ed elencati in precedenza non appare infondato il sospetto che Mohammed al-Doura in realtà sia ancora vivo.

Come sappiamo, questo colossale falso costruito ad arte e divulgato con grande successo in ambienti che non desideravano altro che poter mettere Israele sul banco degli imputati si viene a sommare ad una operazione molto più vasta e complessa di sistematica diffamazione antiebraica e deligittimazione di Israele.Ne ripercorriamo alcuni aspetti, brevemente, per definire la coerenza dell' intero quadro d'insieme.

In questi giorni la televisione iraniana Sahar 1 sta trasmettendo un serial a cadenza settimanale, la cui prima puntata è stata messa in onda lo scorso 13 dicembre e la seconda il 20, che si intitola "Per te,Palestina – Gli occhi azzurri di Zahra". L'autore e regista è un ex funzionario del Ministero dell’ Educazione iraniano, Ali Derakhshni.

La storia è semplice: un politico israeliano che si accinge a divenire primo ministro, Yitzhak Cohen, con alle spalle una carriera militare che lo ha visto al comando delle truppe in Cisgiordania, ne è il protagonista.

Le scene iniziali mostrano un intervento chirurgico con il quale sono stati tolti gli occhi ad una ragazzina palestinese.Cohen si presenta ad una conferenza medica e riferisce sui progressi compiuti dalla scienza medica israeliana nel campo dei trapianti d’ organo.Medici israeliani, travestiti da impiegati delle Nazioni Unite, selezionano nelle scuole palestinesi i bambini ai quali espiantare gli occhi.

Successivamente, il serial mostra un presidente israeliano che viene tenuto in vita solamente grazie a trapianti di organi rubati ai bambini palestinesi.

In particolare, nel primo episodio Cohen parla ad una folla osannante e dice fra l’ altro che "noi crediamo che Dio ci abbia dato queste capacità (di trapiantare e clonare organi umani) che ci consentiranno di mettere a disposizione di chiunque ne abbia bisogno nel mondo intero le conquiste del nostro popolo così dotato…" e successivamente aggiunge "Noi siamo la razza migliore nel mondo. La nostra terra si deve estendere dall’ Eufrate al Nilo. Il petrolio si trova fra l’ Eufrate ed il Nilo…tutto il mondo sarà sconvolto dalla penuria di petrolio…".

Per chi voglia visionare scene e dialoghi: http://www.memritv.org/Search.asp?ACT=S9&P1=420:.

Ma se questo, insieme alle analoghe programmazioni televisive siriane e di Al-Manar, è il contesto del più ampio versante islamico, il direttore dell’ accreditato Palestinian Media Watch Itamar Marcus ha analizzato per il Jerusalem Post e l’ International Herald Tribune la situazione in Palestina, smentendo almeno in parte chi proclama (Sharon fra questi!) che dopo la morte di Arafat sarebbe diminuita sensibilmente la demonizzazione di Israele e degli ebrei in Palestina.

Un esempio citato da Marcus è il primo premio assegnato dal Ministero dell’ Educazione palestinese in un concorso scolastico; è stata premiata la lettera di una bambina che scrive: "Sono Lara di Lod, sono una bambina di 11 anni che vive a Ramallah. Avevo oramai accettato che Ramallah è una sostituzione di Lod, e che il grande mare (Mediterraneo) è stato scambiato con una piccola piscina…ma tu Israele non meriti Lod,e da oggi in poi non accetterò più la piccola piscina. Sognerò il mare di Jaffa ed il sole che splende a Lod". E’ significativo che come vincitore di un concorso nazionale sia stato scelto un messaggio che delegittima Israele ed incita alla sua sparizione.

Un messaggio di analogo contenuto è stato trasmesso pochi giorni or sono, per l’ undicesima volta, dalla televisione palestinese: Jaffa, Akko, Haifa sono parte della Palestina rubata ai profughi, e si vede un bambino che fa voto di tornare a Gerusalemme anche a costo del proprio sangue. Un’ altra trasmissione più volte ripetuta mostra uno storico palestinese, Issam Sissalem, che afferma come Israele sia "un parassita" simile a quelli che in mare si impossessano dei gusci di molluschi, e conclude: Non consentiremo a nessuno di vivere nel nostro guscio!

Anche i più recenti libri di testo, in particolare quelli che spiegano il Corano,sono carichi di odio antiebraico e sottolineano le più volte espresse condanne degli ebrei e l’invito ad ucciderli. Israele viene delegittimato in molti testi scolastici, e le città dello stato ebraico entro i confini del 1948 vi sono definite come palestinesi; le carte geografiche confermano questa tesi mostrando l’ intera Palestina storica come un territorio unico, nel quale Israele non esiste.

Non stiamo discutendo sulla volontà di pace del popolo palestinese, né sulla disponibilità alla pacifica convivenza a fianco di Israele che la vecchia-nuova classe dirigente potrà dimostrare di voler fare propria. Stiamo semplicemente esprimendo un giudizio culturale più che politico: una riduzione temporanea dei messaggi che da dieci anni l’ Autorità Palestinese inculca nelle menti dei giovani - Israele non ha diritto ad esistere, gli ebrei sono malvagi ed usurpatori – non risolverà il problema dell’ incitamento all’ odio e dell’ educazione attiva fin dai tempi della prima infanzia a considerare inesistente Israele. Solamente una cessazione totale delle programmazioni televisive di tale natura, una riscrittura dei libri di testo scolastici, un cambiamento nel linguaggio dei politici e degli intellettuali potranno, in tempi che temiamo non saranno brevi, gettare le fondamenta di una vera convivenza pacifica.