La rivolta non-violenta dei coloni e la risposta di Sharon
un articolo di Fiamma Nirenstein
Testata: La Stampa
Data: 21/12/2004
Pagina: 8
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: Dobbiamo imitare l'Ucraina, non obbediremo al governo
A pagina 8 LA STAMPA pubblica un articolo di Fiamma Nirenstein sulla rivolta nonviolenta contro il piano di ritiro da Gaza, lanciata dal consiglio degli insediamenti e sulla risposta del governo Sharon.
Ecco l'articolo:

«Violate le leggi, ribellatevi»: i coloni degli insediamenti che devono essere sgomberati sono in rivolta aperta, contro tutto e tutti, contro lo stato d’Israele stesso, contro Sharon che odiano in particolare, e annunciano la disobbedienza civile, fino al carcere. Al profilarsi all’orizzonte, sia pure fra mille difficoltà, di un governo di coalizione che porterà a termine il progetto di sgombero, i residenti degli insediamenti della striscia di Gaza e della West Bank, si sono spaventati davvero, e sono entrati in guerra aperta. E da ieri, l’intero consiglio di «Yesha», l’organizzazione che unisce i coloni nelle due parti dei Territori occupati, ha deciso una presa di posizione senza precedenti che sostiene la scelta preannunciata sabato da uno dei leader più importanti, Pinkas Wallerstein, capo del Consiglio regionale della zona di Byniamin: «Il consiglio di Yesha - ha annunciato Benzi Liebermann , il presidente - ritiene che l’idea di espellere il popolo ebraico dalle sue case sia immorale e che colpisca i diritti umani. E quindi noi useremo nuove tecniche di resistenza, quelle di Martin Luther King e del Mahatma Ghandi, ovvero la disobbedienza civile. Non promuoveremo la violenza, ma non abbiamo paura di andare in carcere per violazioni eventuali di legge».
L’invito alla rivolta è molto diretto e carico di oscure promesse, e allarmante per Israele che ha già conosciuto l’assassinio politico in condizioni analoghe: la società israeliana tiene faticosamente insieme le sue profonde differenze ideologiche ed è tenuta insieme soprattutto da un forte senso della rinascita della nazione ebraica, dall’orgoglio per la sua democrazia unica in Medio Oriente, e anche dalla guerra che ne ha insanguinato le strade per quattro anni. La dichiarazione di Wallerstein è molto pesante, e mette di fatto i «settler» al di sopra della legge, della politica del governo, delle decisioni della camera dei deputati, in una parola della democrazia di un Paese che ne ha sempre fatto la sua bandiera. In base alla promessa di Wallerstein, possono essere messi in moto una quantità di azioni di destabilizzazione, prima di tutto il rifiuto a sgomberare, blocchi stradali, manifestazioni, scioperi, scontri con la polizia e l’esercito, l’esibizione di una stella gialla sugli abiti come era d’obbligo nella Germania nazista, esaltazione della richiesta del rabbino Shapira e di alcuni altri leader estremisti che insieme a lui chiedono ai soldati di disobbedire agli ordini.
Gia da ieri fuori dalla sede dell’associazione dei giornalisti, il Beit Agron di Tel Aviv dove si è tenuta la conferenza stampa che ha annunciato la linea di «Yesha», manifestazioni di segno diverso consentivano di avvertire nell’aria una profonda eccitazione, un’atmosfera di scontro che può arrivare ovunque. Certo se questa settimana nascerà il governo Sharon-Peres la rabia è destinata a crescere. Il tipo di espressioni usate dai sostenitori della nuova linea («C’è una sola violenza criminale, è quella di Sharon che vuole sradicarci dalle nostre case») fanno prevedere momenti durissimi, le «Donne in Verde» indicano come esempio da seguire quello dell’Ucraina dove la folla ha vinto con la resistenza a oltranza; dall’altra parte ci sono le richieste di «Pace Adesso» e di altre organizzazioni di sinistra che chiedono di inquisire penalmente chi incita a violare la legge.
Il procuratore della Repubblica Meni Mazus che ha ricevuto da più parti la richiesta di verificare se si configurino reati tali da giustificare l’arresto di Wallerstein, per ora ha dichiarato solo che intende indagare sul reato di istigazione alla violenza. Si dice che preferisca tentare «la strada Shapira»: il rabbino che non è stato incriminato benchè abbia suggerito ai soldati di disobbedire, e che probabilmente proprio per questo non è stato esaltato e visto come un martire. Ariel Sharon ha risposto alle minacce politiche di Yasha nel suo stile, mostrando molta comprensione verso i coloni, ribadendo di essere molto sensibile alla sofferenza dello sradicamento, ma anche molto deciso a proseguire sulla sua strada: «Anche per me questi sviluppi politici sono penosi - ha detto - ma sono anche necessari. Sono certo che compiremo tutti i passi perchè la legge sia rispettata. Lo sgombero sarà realizzato secondo il programma deciso dal governo e che la Knesset ha approvato a larga maggioranza».
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