Governo congiunto Likud- Labour in Israele
per attuare il piano di ritiro da Gaza
Testata:
Data: 18/12/2004
Pagina: 10
Autore: Aldo Baquis - Alessandra Coppola
Titolo: In Israele la grande alleanza - Accordo Sharon-Peres Ai laburisti 8 ministri
LA STAMPA di sabato 18-12-04 publica un articolo di Aldo Baquis sull'accordo politico tra Likud e Labour,con molte informazioni sull'ampio consenso di cui gode in Israele il premier Ariel Sharon.
Ecco l'articolo, "In Israele la grande alleanza" :

TEL AVIV Il Likud di Ariel Sharon e i laburisti di Shimon Peres hanno deciso ieri di costituire un governo congiunto, di emergenza, nell'intento di portare a termine entro l’estate del 2005 un complesso ritiro da Gaza (che prevede lo sgombero di migliaia di coloni) e di realizzare un ambizioso piano di riforme economiche necessarie per rilanciare l’economia israeliana dopo anni di recessione.
Sharon spera che questo governo - che per ora disporrà alla Knesset di soli 61 seggi su 120 - sia sufficientemente stabile per consentirgli di giungere al termine della legislatura, ossia al novembe 2006. «Il 2005 sarà per noi un anno di occasioni storiche» ha previsto giovedì Sharon alludendo fra l'altro agli sviluppi in corso nella leadership palestinese. L'accordo con i laburisti, almeno sulla carta, lo mette dunque al riparo dal rischio di elezioni anticipate nel 2005: una prospettiva che lo avrebbe costretto a rinviare di mesi preziosi il ritiro da Gaza. E gli ultimi sondaggi di opinione sembrano dare ragione a Sharon. Il quotidiano Maariv ha rilevato che nelle ultime settimane la sua popolarietà è in ascesa. Il 56 per cento degli israeliani sono soddisfatti di lui: in periodi di crisi, alcuni mesi fa, era precipitato al 34 per cento.
Quanti israeliani approvano poi la sua politica di disimpegno dai palestinesi e di ritiro da Gaza? Il 65 per cento, ha rilevato il sondaggio. E due israeliani su tre ammettono di sentirsi ormai ragionevolmente sicuri e di non temere in modo particolare gli attentati palestinesi. Una conseguenza della costruzione della barriera di separazione in Cisgiordania e della massiccia repressione militare dei gruppi armati nei Territori.
Ieri a Khan Yunes, a Sud di Gaza, si è combattuto a lungo fra miliziani locali e truppe israeliane impegnate ad annientare le cellule dell'Intifada specializzate nel lancio di colpi di mortaio contro le colonie vicine. Otto palestinesi, quasi tutti armati, sono rimasti uccisi sul terreno, decine i feriti. Alcuni condomini dai quali - secondo Israele - erano partiti attacchi di mortai sono stati rasi al suolo. E Rafah, al confine con l'Egitto, altri cinque palestinesi sono rimasti soffocati sotto le macerie di un tunnel che stavano scavando al confine nell'intento di trafugare armi. Tre dei loro compagni sono dispersi.
In un messaggio alla Nazione pronunciato giovedì, Sharon ha cercato di infondere agli israeliani nuovo ottimismo. La conferma di Bush nella Casa Bianca e la scomparsa del presidente palestinese Yasser Arafat sono due sviluppi che, secondo il premier, lasciano ben sperare. «Si aprono nuove opportunità, non dobbiamo lasciarcele sfuggire» ha esclamato e ha subito portato a conclusione la trattativa con i laburisti che nel suo governo riceveranno otto incarichi ministeriali.
Fosse dipeso dai due grandi vecchi della politica israeliana, Peres sarebbe stato nominato vicepremier e ministro degli Esteri. Ma le resistenze nel Likud sono state formidabili. Il ministro degli Esteri Silvan Shalom ha detto senza mezzi termini che non avrebbe mai e poi mai abdicato ad alcuna delle sue prerogative e ha minacciato che in caso contrario scatenerebbe una guerra nel Likud. Anche il vice-premier Ehud Olmert ha chiarito a Sharon che non avrebbe accettato al suo fianco un altro vice-premier.
A questo punto sono entrati in campio alcuni dei più creativi avvocati di Israele che hanno confezionato su misura per Peres incarichi finora sconosciuti in Israele. Il leader laburista sarà dunque «vice all'interno dell'ufficio del primo ministro»: ossia un gradino sotto al livello di Olmert. Peres sarà anche «ministro per i negoziati di pace»: un nome altisonante per un ministero ancora tutto da scoprire.
Nel nuovo governo il Likud (che ha 40 seggi, rispetto ai 21 dei laburisti) manterrà i ministeri chiave, i laburisti dovranno accontentarsi di dicasteri modesti.
Il CORRIERE DELLA SERA pubblica sullo stesso argomento un articolo di Alessandra Coppola, "Accordo Sharon-Peres Ai laburisti 8 ministri" che sottolinea anche le modifiche della legge finanziariaottenute dai laburisti.
Eccolo:

GERUSALEMME — Otto ministri, due sottosegretari: affare fatto. Il nuovo governo di unità nazionale in Israele è in dirittura d'arrivo. Ieri, dopo giorni di scontri, offese e prese di posizione, i negoziatori del Likud (destra) e del Labour (centrosinistra) sono arrivati a una prima intesa. I laburisti sono riusciti a strappare un ulteriore ministero (la trattativa si era fermata a quota sette), il partito del premier l'ha concesso ma senza portafoglio. Il compromesso ha sbloccato l'impasse: domani, al più tardi, il nuovo esecutivo sarà pronto per essere presentato al Parlamento.
Non ci saranno i religiosi dello Shas, che si sono impuntati sul no al ritiro da Gaza. La porta per loro, però, resta socchiusa. Dentro, invece, gli ultraortodossi della Torah Unita, allettati dalla poltrona di viceministro dell'ufficio del premier incaricato degli Affari Religiosi. Salvo rotture dell'ultima ora, le elezioni anticipate sono scongiurate e il nuovo governo potrà portare in Parlamento la legge di bilancio (causa della crisi e del licenziamento da parte di Sharon dei ministri laici dello Shinui) con una maggioranza blindata.
Il Labour ha ottenuto parte delle modifiche alla finanziaria che aveva chiesto (abolizione degli aumenti delle rette universitarie; rinuncia ai tagli alle pensioni). Ed esce bene dai negoziati.
Resta da decidere chi occuperà le 10 poltrone e si insedierà nei 5 ministeri vacanti: Interni, Comunicazioni, Turismo, Alloggi, Infrastrutture. L'unica certezza è il ruolo di primo piano del leader Shimon Peres, al quale andrà un posto ad hoc di vicepremier e una responsabilità speciale su ritiro da Gaza e ripresa del dialogo con i palestinesi.
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