La sinistra riconosca che Sharon è impegnato sulla via della pace
lucido e coraggioso appello di Peppino Caldarola
Testata:
Data: 16/12/2004
Pagina: 2
Autore: Peppino Caldarola
Titolo: Fate cadere il muro contro Sharon
Giovedì 16-12-04 IL RIFORMISTA pubblica a pagina 2 un articolo di Peppino Caldarola: ispirato dalla lettura dell'intervista a Peres su LA REPUBBLICA del 15-12-04 (vedi:"Un'intervista a Shimon Peres il leader laburista che vuole arrivare alla pace insieme a Sharon", Informazione Corretta, 15-12-04), è un lucido e coraggioso appello alla sinistra affinché lasci cadere i suoi pregiudizi sul premier israeliano Ariel Sharon e diventi realmente amica dei palestinesi favorendo l'emergere tra di essi di una leadership democratica e non terrorista.
Ecco l'articolo:

Shimon Peres, nell'intervista a Repubblica di ieri, spiega le ragioni dell'accordo con Sharon e definisce l'obiettivo comune: la pace. Per chi ha seguito senza pregiudizi l'evoluzione della politica israeliana, l'intervista del vecchio leader laburista non è una sorpresa. Continuo a ritenere che la sinistra italiana ed europea debbano fare a questo punto un passo avanti. Può valere per la sinistra europea e italiana il pregiudizio anti-Sharon quando il suo principale avversario in Israele dichiara che con Sharon si può impostare una strategia di pace? Ripeto il mio appello ai leader della sinistra italiana. Fate un passo, dite anche voi che Sharon è sulla strada giusta e incoraggiatelo.
E' una presa di posizione che ritengo fondamentale per una nuova sinistra. Non solo così si riafferma una capacità di lettura dei fatti del mondo legata al concreto svolgersi della storia e non a pregiudiziali calcificate nel tempo. L'incoraggiamento a Peres e Sharon è anche la presa d'atto di due fatti. Il primo riguarda la vicenda palestinese. Tutti coloro che consideravano Arafat l'uomo che aveva in mano le chiavi della pace in Medio-Oriente sono stati smentiti. La morte di Arafat non ha portato, almeno finora, ad una recrudescenza della situazione, ha viceversa offerto ai palestinesi una doppia possibilità. Da un lato quella di una leadership eletta democraticamente, dall'altro di una leadership realistica che dichiara di cercare la pace. In secondo luogo la svolta israeliana conferma, anche in questo caso, una doppia verità. Israele è una vera democrazia che funziona come una vera democrazia. Le forze politiche, malgrado il dissenso dei settori più oltranzisti, trovano il coraggio di cimentarsi ancora una volta, dopo Rabin, con un difficile percorso di pace e sono pronte anche a chiedere il consenso degli elettori. Sharon su questo punto ha sfidato coraggiosamente i suoi avversari interni. Ancora. Peres spiega assai bene come la "mission" di Israele sia la pace, la convivenza con i palestinesi, non l'occupazione militare. C'è una sinistra che ancora oggi vive nel pregiudizio degli anni della guerra fredda e continua a ritenere Israele un avamposto dell'imperialismo americano. E' una cretinata, se non fosse una tragedia culturale. Si può dissentire da come, in tempi e modi diversi, i leader israeliani hanno condotto la vicenda mediorientale, ma solo chi vive di pregiudizi non capisce che Israele è stata indotta ad una estrema battaglia di autodifesa.
La situazione attuale offre alla sinistra italiana una vera possibilità. Berlusconi e Fini hanno agito nella vicenda mediorientale con clamoroso unilateralismo. Non va sottovalutato il valore di civilizzazione che c'è stato dietro la scelta di Fini di andare a Gerusalemme e di pronunciare laggiù parole impegnative. Tuttavia in questi tre anni la Destra al governo è sembrata muoversi più sul terreno della propria legittimazione occidentalizzante che sorretta da una visione ampia del ruolo dell'Italia. Si legge ora che anche Fini apre il dialogo con i palestinesi. E' un fatto positivo. La sinistra ha alle sua spalle una tradizione di dialogo con le leadership palestinesi. E' una tradizione priva di spunti critici, che ha portato la sinistra italiana a prendere il progetto Arafat "chiavi in mano", compresa una tiepidezza, diciamo con un eufemismo, nel chiedergli la rottura con i gruppi terroristici. La sinistra italiana dopo la scomparsa di Rabin e la fine del processo di Oslo ha chiuso gli occhi di fronte ai drammi di Israele. Non ha capito, né si è chiesta, perché tanta parte della società israeliana, che pure aveva sostenuto Rabin, vivesse con rinnovata angoscia, ma anche con grande forza d'animo, il più violento attacco terroristico sul proprio territorio che uno stato sovrano abbia subito. Di qui l'incomprensione della lenta evoluzione che ora sta portando Sharon, e Peres con lui, verso scelte impegnative. Voltiamo pagine. Sharon non è più di destra di quanto non sia Chirac. Se si parla con l'uno si parla con l'altro. Se perdiamo questa occasione per una riappacificazione fra la sinistra italiana e l'opinione pubblica israeliana abbiano fatto un danno alla pace. Ci sono tanti amici dei palestinesi in Italia che non li hanno mai aiutati veramente. E aiutarli oggi significa spingerli versi una leadership democratica che deponga le armi e cancelli decenni di terrore.
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